Il grande sogno
di Maya (Garasu no kamen), Maya, Masumi e tutti gli altri
personaggi sono proprietà di Suzue Miuchi, Hakusensha Inc.
Tokyo, Tohan Corporation, Orion e quanti aventi diritto alla
divulgazione e pubblicazione del Manga medesimo. Questa fanfiction è
stata creata senza fini di lucro, per il puro piacere di farlo e per
quanti vorranno leggerla.
Nessuna violazione del copyright si
ritiene, pertanto, intesa….
La
macchina divorava velocemente il lucido asfalto, allontanandolo
ancora una volta da lei. L’ennesimo distacco. L’ennesima
barriera tra di loro. Le luci dei lampioni danzavano rapide innanzi
ai suoi occhi. Faceva freddo, dannatamente freddo. O era
semplicemente il vuoto che provava, in fondo al cuore, a farlo
sentire così? Era stato uno sbaglio. Solo uno stupido sbaglio.
A trent’anni passati non aveva capito ancora niente della vita,
se non riusciva a scendere a patti nemmeno con se stesso. Cosa gli
aveva fatto credere che una giornata trascorsa insieme, a non parlare
di teatro, avrebbe potuto cambiare le cose? Maya lo odiava, questo
era un dato di fatto. Lui, al contrario, l’amava di un amore
assoluto e dannatamente sbagliato, altro innegabile dato di fatto.
Gli era stato insegnato a misurare tutto in relazione alla
“convenienza” sia economica che delle apparenze. La
logica era chiaramente contro quella sua stupida infatuazione, ma la
logica faceva costantemente a pugni con la sue emozioni. Forse per
questo aveva aspettato, aspettato anni per vederla crescere,
maturare. Forse con l’intima speranza che a quel punto, gli
avrebbe concesso una chance. Invece aveva commesso un errore dietro
l’altro. Il più grave in assoluto, che continuava a
tormentare la sua coscienza, essere responsabile della morte di sua
madre. Come avrebbe potuto Maya dimenticare quello che aveva fatto?
Come avrebbe potuto mai perdonarlo? Senza contare che con lei si era
sempre, e solo, comportato con irriverente strafottenza, forte della
sua posizione di Presidente della Daito Art Production. Maledizione,
che se ne faceva adesso della Presidenza della Daito se non riusciva
ad avere ciò che il suo cuore di più bramava? Era stato
abilissimo a farsi odiare, questo sì, ma ad amare…?
Eppure, in qualche modo ci aveva provato. Non ultimo il tentativo
messo in atto quel giorno. Aveva pianificato tutto, dimenticando però
che non si possono pianificare i sentimenti. La verità era che
era un illuso. Aveva trascorso talmente tanto tempo a dimenticare i
sentimenti, a tramutarsi in una “macchina” per gli affari
cinico, ambizioso e opportunista, per riuscire a recuperare scampoli
di un’umanità infrantasi innanzi all’indifferenza
di un padre che tale mai era stato…
Lo stridulo e
esasperato suono di un clacson a riportarlo al presente. Accidenti
era passato con il rosso senza nemmeno rendersene conto.
“Ma
che sto facendo?” si domandò, dando voce allo sconcerto
che improvviso lo colse a tradimento. Accostando la macchina al
marciapiede, tentò di orientarsi. Gli occorse qualche istante
per rendersi conto di essere in prossimità della Torre
Televisiva, che con le sue mille luci illuminava il cielo notturno
della città. Agendo d’impulso portò la macchina
nel parcheggio al lato opposto della vasta piazza, per poi scendere
ed avviarsi verso la grande costruzione in metallo. Non aveva voglia
di tornare alla villa, non ancora. Così si unì ad un
chiassoso gruppo di turisti, attendendo pazientemente che il grande
ascensore lo portasse alla Terrazza Panoramica.
Una ragazza del
gruppo si soffermò a guardarlo con attenzione. La cosa non gli
dette fastidio, del resto c’era abituato. Quello che lo
sorprese fu quello che gli chiese.
“Mi scusi. Non si sente
bene?” domandò infatti la giovane con un giapponese
piuttosto approssimativo, che denunciava la sua provenienza
anglosassone.
Suo malgrado si soffermò a studiare il volto
della sua interlocutrice. Capelli neri come il manto della notte e
occhi verdi da gatta, ma la luce che brillava nelle sue iridi era
priva di qual forma di malizia.
Si ritrovò a sorriderle
debolmente, prima di rispondere nel suo impeccabile inglese, da
College privato.
“Cosa glielo fa credere?”.
La
giovane arrossì lievemente innanzi alla sua affermazione.
“Mi
dispiace. Non volevo essere indiscreta, ma i suoi occhi azzurri erano
velati di tristezza” spiegò semplicemente la giovane,
questa volta usando la madre lingua.
Masumi la fissò per un
attimo disorientato. Possibile che si fosse ridotto a tal punto che,
una emerita sconosciuta, riuscisse a leggere, nei suoi occhi, il
tormento che lo divorava? Perplesso, si soffermò ad osservare
la sua interlocutrice. Doveva avere all’incirca l’èta
di Maya, si ritrovò a considerare. Un lieve sorriso ironico
increspò, a quel punto, le sue labbra. Anche adesso continuava
a pensare a lei… Non fu costretto comunque a rispondere
all’affermazione della giovane, infatti quest’ultima si
volse verso un giovanotto dai capelli rossi, che aveva attirato la
sua attenzione.
“Ehi, Kathy. Non vieni?” aveva detto
il ragazzo, gratificando il giapponese di uno sguardo sospettoso che
lo fese sorridere. Aveva l’aria protettiva il ragazzino. Le
porte dell’ascensore si erano aperte.
Lanciando un’occhiata
nervosa in direzione di Masumi, la ragazza si lasciò prendere
per mano dall’amico, prima di soggiungere un educato “Buona
serata”.
A quel punto , anche lui abbandonò
l’ascensore, incamminandosi, con indolenza, vero la balaustra.
Il panorama era mozza fiato ma lui non lo vedeva neanche. Le mille
luci di Tokyo, che brulicava di vita ed eccitazione, non parevano
avere alcun effetto su di lui. Se aveva sperato di trovare lassù
un po’ di quiete per il suo animo tormentato, bhè , si
era sbagliato di grosso. I biondi capelli mossi dal vento, che gelido
come il suo animo, gli sferzava impietoso il viso.
“Maya…”
quel nome perennemente nei suoi pensieri e sulle sue labbra.
Sollevando il viso, verso il cielo, stellato si concesse ai ricordi.
Quando, esattamente, si era innamorato di lei? Non certo quando, poco
più che bambina, l’aveva vista recitare il ruolo di Beth
in “Piccole Donne”. Neanche quando aveva visto la sua
appassionata interpretazione di Cathrine in “Cime Tempestose”.
No, sapeva bene quando. Il momento esatto in cui aveva iniziato a
capitolare. Quel giorno alla villa, quando avevo stretto tra le sue
braccia il suo corpo di ragazzina. Con quale innocente e
incondizionata fiducia si era gettata tra le sue braccia, quel
giorno. Già, lo credeva il Donatore di Rose, il suo “grande
amico” come amava definirlo lei. Se solo avesse saputo….
* I suoi occhi azzurri erano velati di tristezza * aveva detto la
giovane inglese. Cosa avrebbe visto in essi, invece, Maya? Quando
l’aveva condotta con sé al Planetario, aveva agito
d’impulso, è vero, ma era deciso a farla finita. A
dirle, una volta per tutte, che il Donatore di Rose era lui, Masumi
Hayami della Daito Art Production. Lo avrebbe fatto. Sì. Se
solo non fosse arrivata quella maledetta telefonata… Maya
aveva passato l’intera giornata con lui, è vero, ma solo
perché gli aveva estorto quella dannata promessa. Mai di sua
iniziativa si sarebbe permessa di frequentarlo, neanche per assitere
insieme ad uno spettacolo teatrale. No. Il cinico e calcolatore
Presidente della Daito, per una volta aveva fallito l’obbiettivo.
Lui che si vantava di non avere mai perso un affare, un affare che
contasse, aveva appena perso la battaglia per il suo cuore. Strinse,
quasi con rabbia, il freddo metallo del parapetto. Era gelido, come
il suo cuore. Maya non sarebbe mai stata sua. Mai… C’era
solo una cosa che gli rimaneva da fare, per lei. Non aveva saputo
conquistare il suo amore, almeno gli avrebbe permesso di ottenere il
suo “sogno”. Avrebbe soffocato il suo amore per lei, e
fatto tutto quanto in suo potere, per donare a Maya la Dea Scarlatta,
e dannazione, almeno questa volta non avrebbe fallito.
Con quella
risoluzione nel cuore rientrò nell’ascensore. Se la
giovane inglese lo avesse visto ora, avrebbe letto nei suoi occhi
azzurri solo una ferrea determinazione.
Il
rosso cremisi del tramonto avvolgeva la stanza. Riconobbe la sua
presenza ancora prima che parlasse. Era giunto il momento…
“Allora,
Masumi. Hai preso una decisione riguardo l’Incontro
Matrimoniale?” chiese in tono basso e autoritario Eisuke
Hayami.
Voltandosi a guardarlo, Masumi ebbe piena coscienza che
con quella risposta avrebbe segnato il suo futuro, più di
quanto suo padre potesse immaginare.
“Sì”
rispose in tono neutro.
“Sarebbe?”.
“Accetto”.
Non
appena espressa quella semplice parola, avvertì un sordo
dolore al petto. Aveva appena rinunciato ad amare.
- FINE -
N.d.A.: Questa è la mia prima fanfiction dedicata a “Garasu no Kamen”, Vi chiedo di essere clementi. Come avrete inteso, se state leggendo il manga, in questa ff ho riportato quellli che per me, potevano essere i pensieri di Masumi, quando ha deciso di accettare il “Matrimonio Combinato”.
Spero Vi sia piaciuta.