Il grande sogno di Maya (Garasu
no kamen), Maya, Masumi e tutti gli altri personaggi sono
proprietà di Suzue Miuchi, Hakusensha Inc. Tokyo, Tohan
Corporation, Orion e quanti aventi diritto alla divulgazione e
pubblicazione del Manga medesimo. Questa fanfiction è stata
creata senza fini di lucro, per il puro piacere di farlo e per quanti
vorranno leggerla. Nessuna violazione del copyright si ritiene,
pertanto, intesa….
C'è un tempo per ogni cosa
By Aresian
Capitolo 7
Erano
trascorse due settimane e tutto procedeva, all'apparenza, nell'assoluta
normalità ma sotto la cenere del quotidiano ciascuno di loro
trovava lentamente la propria via. I fili dei loro destini si
intrecciavano e dipanavano come se le antiche parche greche realmente
stessero tessendo la loro vita ma inconsciamente tutti loro erano
protesi a cambiare il destino, a non cedere ad esso ma di piegarlo ai
propri desideri.
Anche se la Rappresentazione
di Prova era stata rinviata i due cast non avevano smesso un solo
istante di provare, anzi avevano attinto nuova energia per rendere
ancora migliore l'affiatamento e la resa dello spettacolo. Con la scusa
della necessità di prove in mezzo alla natura, lontano da
sguardi indiscreti, Utako Himekawa aveva condotto la figlia in una
clinica privata dove era stata sottoposta all'intervento ed ora
attendeva impaziente il decorso della convalescenza per poter tornare a
recitare con il resto del cast e completare la conoscenza di Akoya e
della sua Dea Scarlatta. Si sentiva forte Ayumi, forte di quanto la
temporanea cecità le aveva permesso di scoprire in se stessa, la
conoscenza dell'animo della Dea da unire all'apparenza di una
recitazione che altrimenti, pur se perfetta, sarebbe stata sterile. Ora
doveva, appena ripresasi completamente, trovare l'affiatamento con
Akame per dare vita ad uno spettacolo indimenticabile.
Se Ayumi era sempre più
vicina a comprendere l'animo della Dea, Maya aveva maturato la
consapevolezza del "cuore" della Dea, la sua "forma" perché la
Dea era già dentro di lei, quello che doveva fare era l'ultimo
passo, il più difficile. Quello che gli avrebbe consentito di
rendere "viva" e "immortale" la scena climax della rappresentazione. La
sentiva in sé ma non era ancora in grado di renderla visibile
all'esterno. Il suo limite era stato sempre quello dell'apparenza, non
dell'intensità. Doveva abbattere quell'ultima barriera e la
"sua" Dea Scarlatta sarebbe diventata "reale".
Non solo le due ragazze
avanzavano nel loro percorso. Sakurakoji era stato dimesso
dall'ospedale con l'ordine categorico di non affaticarsi troppo ma
questo non gli aveva impedito di riprendere in mano il copione e di
calarsi in uno studio più meditativo, dinamico proprio con
quella gamba rotta non gli riusciva, del proprio personaggio. Sapeva
che Kuronuma stava mettendo alla frusta tutti gli altri, in sala prove.
Per aiutare Maya a focalizzare le scene in cui avrebbe dovuto essere
presente Isshin si era sostituito a lui, non senza far ridere mezzo
cast sotto i baffi. Difficile immaginare Kuronuma scendere dallo
scranno del regista per interpretare l'innamorato di Akoya eppure
pareva bastare la sua presenza, copione alla mano, a consentire alla
giovane di recitare. Chissà, forse le riusciva perché al
posto del regista immaginava ci fosse il Sig. Hayami. Ogni volta che
pensava questo Yu sentiva una fitta al petto e senza quasi rendersene
conto penetrava sempre più a fondo la conoscenza del cuore di
Isshin, del suo modo di amare Akoya, la sua anima gemella. Un amore
pieno di tristezza, dolore, senso di vuoto, una ricerca senza tregua
dell'altra parte di sé. L'amare oltre la morte perché non
solo il corpo di Akoya era oggetto del suo amore, no lui andava oltre
amava la sua anima. Akame forse era più esperto di lui ma non
aveva ferite lacere nell'animo così recenti come le sue. Se il
suo avversario aveva una vita come attore e come uomo come esperienza a
cui attingere lui aveva il suo cuore, un cuore che ora conosceva il
tormento di Isshin. Forse la sua interpretazione non sarebbe stata
stilisticamente impeccabile ma avrebbe dato vita ad un "nuovo" Isshin,
quello giusto per l'Akoya di Maya.
In quelle due settimane Masumi
aveva presenziato a sei cocktail di presentazione per altrettante
produzioni, tre cene di lavoro e un meeting, il tutto con sempre al
fianco Shiori, perfetta come un'orchidea, una decorazione all'occhiello
della Daito da esibire nelle serate importanti. Con tristezza si rese
conto che c'era stato un tempo in qui quell'idea l'aveva anche trovata
sensata. Dopo la rigida e formale conversazione avvenuta nel suo
ufficio aveva cercato di non alimentare, in alcun modo, la gelosia di
Shori. Si era tenuto ben lontano dal Kid's Studio e le aveva dedicato
un po' del suo tempo, rubandolo qua a là agli intrighi che nel
frattempo tesseva per mettere in scacco sia lei che il padre. A tratti
si detestava, non amava l'idea di farla soffrire e di strumentalizzarla
in quel modo ma d'altro canto non poteva perdonarle il male recato a
Maya. In cuor suo sperava, giunto il momento di giocare a carte
scoperte, di riuscire a troncare senza che nessuno dovesse soffrirne
più del necessario.
- Masumi, qualcosa non va? - fu riportato al presente dalla sua voce delicata.
- Eh? No. Perdonami, sono solo stanco - si schermì senza sottrarsi al suo sguardo preoccupato..
^Masumi cos'è
quell'ombra che ogni tanto sorprendo nel tuo sguardo? E' per lei vero?
Dimenticala, non fa per te, come puoi non capirlo?^ pensò la
donna, provando una fitta di gelosia. E' vero in quel periodo Masumi
era stato più presente ma lo sentiva ugualmente distante. Cosa
doveva fare per togliere quella ragazzina dal suo cuore, cosa? Non
poteva più attaccare lei direttamente perché si sarebbe
esposta troppo, era con lui che doveva cambiare atteggiamento. Doveva
essergli più vicina e conciliante, cercando di ricoprire al
meglio il ruolo di sua compagna nelle occasioni ufficiali e cercare di
"avvicinarlo" nel privato.
- Posso fare qualcosa per te? - chiese dolcemente, nascondendo dietro uno sguardo carico di sollecitudine le intime insicurezze.
^Lasciarmi libero^ pensò amaramente l'uomo ma non poteva ancora palesare quella richiesta.
Non ne poteva più di
stare in mezzo a quella gente. Un ricevimento voluto dai Takamyia al
quale era stato, di fatto, costretto ad andare. In quel momento avrebbe
voluto essere a decine di chilometri di distanza ad ascoltare la
risacca sul bagnasciuga, respirare l'umida aria salmastra e poter
abbassare la maschera, per qualche minuto, per essere solo se stesso.
Come era solito fare da giorni, cercò di creare un'altra crepa
nel muro ostinato delle convinzioni della fidanzata sfruttando la
situazione, di reale insofferenza, a suo vantaggio.
- Sai, in questo momento
pagherei oro per poter tornare a casa e stendermi sul letto per una
lunga e rigenerante dormita. Sono giorni che sono sotto pressione - il
tono era stanco e quasi strascicato.
Shiori lo guardò
sorpresa per un attimo. Doveva essere sua cura aiutarlo in quel
frangente, se lo era appena ripromesso. Rifletté per un istante
sul da farsi....ma certo, avrebbero potuto allontanarsi, suo nonno non
se la sarebbe presa. Gli avrebbe parlato e spiegato la situazione.
- Aspettami qui, vado ad
avvertire mio nonno - disse con convinzione e stava già per
allontanarsi quando lui la fermò prendendole delicatamente un
braccio. La donna gli rivolse uno sguardo interrogativo.
Masumi scosse lievemente il capo mentre gli occhi azzurri si riaccendevano di fredda determinazione.
- Questa non è una
festa Shiori, anche se ai tuoi occhi può sembrarlo. Non sono
venuto per divertirmi e non mi hanno invitato con questo scopo. Sono
qui per ragioni di lavoro, non posso andarmene. Guardati bene intorno,
mi stanno presentando ai potenziali futuri soci o clienti. Gli affari
per gli Hayami e i Takamyia vengono prima di tutto, non dimenticarlo
mai - le spiegò poi in tono asciutto mentre si stampava sul viso
un sorriso cortese notando l'attenzione, loro rivolta, da uno degli
invitati e si metteva a discorrere affabilmente con il medesimo. Shiori
rimase in silenzio ad osservarlo per qualche minuto. Che cosa aveva
voluto lasciarle intendere con quella frase? Che era gentile con lei
perché gli era stato chiesto? Perché era un lavoro? Non
era la prima volta in quei giorni che faceva simili allusioni, che in
un primo tempo aveva visto come una piccola "lezione" impartitela a
seguito del famigerato assegno e delle implicite conseguenze che
avrebbe potuto avere, ma adesso era stato decisamente più
esplicito. ^Guardarmi attorno, Masumi?^ pensò disorientata,
seguendo suo malgrado quel suggerimento. All'improvviso vide le persone
presenti nella sala non più come conoscenti o ospiti, studiando
con maggior attenzione suo nonno si rese conto che Masumi aveva
ragione. Lo stavano mettendo in vetrina, il nuovo acquisto dell'Impero
Takatsu. Era per questo che non riusciva ad amarla? Perché si
sentiva usato? Tremando a quella consapevolezza lo raggiunse e si
aggrappò al suo braccio prima di sussurrargli, non appena
rimasero un attimo soli - Mi spiace tanto, Masumi... - mentre perlacee
lacrime inumidivano il suo sguardo.
L'uomo le sfiorò la
mano con delicatezza. Un altro piccolo passo era stato fatto. Ora
doveva procedere con molta attenzione. Doveva fare in modo che lei si
rendesse conto di essersi innamorata di un'illusione, di quanto
entrambi fossero pedine in una partita a scacchi ben più grande,
era difficile ma non impossibile se giocava bene le sue carte. Aveva
ancora alcune settimane per portare avanti il suo piano, che era anche
l'unico che gli avrebbe permesso di tenere Maya fuori dai giochi.
Quando quella sera, circa tre
ore dopo, riuscì a ritirarsi nella sua stanza alla Villa, Masumi
riaccese il cellulare e controllò i messaggi nella segreteria.
Uno era di Hijiri.
- Sig. Masumi, buone notizie.
Il Sig. Ishikawa ha detto che accetta la proposta. Sarà di
ritorno tra un paio di giorni, il tempo di sistemare le pratiche
necessarie in sede. La terrò informata sull'ora del suo arrivo -.
Masumi ispirò
profondamente sdraiandosi sul letto, con un braccio a schermare gli
occhi abbagliati dalle troppe luci del costoso lampadario d'epoca.
^Grazie, Ken^ pensò con sincerità.
Iniziava a fare fresco di
sera. Maya si avvolse meglio nel giubbotto arancione rabbrividendo,
mentre lasciava la stazione e si avviava lungo il marciapiede verso
casa. Si era sforzata, in quei giorni di silenzio da parte del Sig.
Hayami, di non lasciarsi prendere dalla gelosia o dai dubbi, ogni volta
che vedeva sui quotidiani e sui giornali di gossip le immagini di lui
con la fidanzata al seguito, ma un discorso era pensare di non essere
gelosi l'altro era ... riuscirci. Lui le mancava, anche una semplice
parola sarebbe bastata, l'intravvederlo da qualche parte, il sentire la
sua voce invece erano trascorse più di tre settimane dall'ultima
volta che lo aveva visto, per pochi istanti, all'ospedale. Che avesse
frainteso tutto? No, lui l'aveva invitata a Izu e le aveva predetto che
non si sarebbero potuti vedere per un po' di tempo, era solo la sua
impazienza a farle provare quello struggimento. Le venne da sorridere
quando le sovvenne il ricordo della recita in "Cime Tempestose". "La
sua Cathrine è stata molto passionale ma non dava il sapore di
un amore vero, sembrava un bambino che fa i capricci per un giocattolo".
A quel tempo si era risentita per quell'affermazione ma con il senno di
poi si rese conto che aveva ragione. L'amore, quello vero con la A
maiuscola non era un capriccio era qualcosa che andava al di là
di tutto, delle sue stesse paure e insicurezze, lui era una parte di
lei e lo sarebbe sempre stato. All'improvviso una macchina grigia
accostò al marciapiede, di fianco a lei. Aveva i vetri oscurati,
per un attimo fu presa dalla paura. A quell'ora la strada era semi
deserta. Indecisa sul da farsi fece per tornare indietro, verso la
stazione, quando il vetro del sedile del passeggero si abbassò.
- Non avere paura, Maya. Sono io. Per favore sali -.
Il timore lasciò
immediatamente il posto alla gioia. Era Masumi, quella voce l'avrebbe
riconosciuta ovunque. Chinandosi a dare un'occhiata all'interno
dell'abitacolo lo intravvide. Senza pensarci su due volte salì
in macchina notando come fosse serio in volto e controllasse con
insistenza lo specchietto retrovisore prima di ingranare la marcia e
ripartire.
- Scusami, non volevo
spaventarti - le disse poi in tono gentile mentre svoltava a sinistra
immettendosi in una strada piuttosto trafficata.
Maya non sapeva bene cosa dire
o fare. Improvvisamente la timidezza l'aveva assalita. La sua vicinanza
la inebriava e la imbarazzava al tempo stesso.
- No... - bisbigliò confusa.
Masumi registrò quel timido monosillabo provando un impeto di tenerezza.
- Prima di riaccompagnarti a
casa facciamo un giro in macchina, ti va? Ho bisogno di parlare con te
- le spiegò poi voltandosi a guardarla, mentre la macchina
sostava in fila ad un semaforo.
- Sì, Sig. Hayami -
rispose prontamente la giovane, gli occhi scuri che scintillavano
emozionati. Aveva voglia anche lei di parlare con lui, di tante cose,
anche se non sapeva bene da dove cominciare.
Masumi si lasciò
sfuggire un breve sorriso. Prima della crociera non sarebbe mai salita
in macchina con lui e tanto meno avrebbe accettato di fare un giro come
se niente fosse.
- La mia domanda potrebbe
apparirti strana ma, ti prego, rispondimi sinceramente. Avevi
già visto prima mio padre? - chiese poi in tono serio, guardando
fisso davanti a sé.
Maya rimase un po' sorpresa ma si affrettò a rispondere.
- Sì, tre volte solo
che non sapevo che si trattasse del Sig. Eiuske Hayami, non mi ha mai
detto il suo nome. E' stato molto scorretto da parte sua - concluse
ancora risentita. Masumi scoppio a ridere, una risata priva d'allegria,
lasciandola ancor più sconcertata.
- Nel vocabolario di mio padre
la parola "correttezza" non esiste. Con quale pretesto ti ha convinto
ad accettare di recarti in visita da lui? - chiese poi in tono pacato.
Maya aveva immaginato che
avrebbero parlato d'altro, non che l'argomento di conversazione sarebbe
stato Eisuke Hayami, anche se un po' delusa si limitò a
rispondere.
- Mi era stato detto che erano
state invitate le due candidate alla Dea Scarlatta. Pensavo che ci
fosse anche Ayumi, altrimenti non ci sarei andata -.
Masumi serrò con
maggior forza il volante. Subdolo come al solito Eisuke. Senza
preavviso svoltò sulla destra infilandosi in un parcheggio,
spegnendo le luci e voltandosi a guardarla. Gli occhi azzurri che si
intravvedevano a mala pena nella penombra creata dai lampioni del
piazzale.
- Se ti chiedessi di venire ad
Izu con me, adesso, cosa mi risponderesti? - le chiese poi a
bruciapelo, in tono gentile e pacato, disorientandola completamente.
Maya lo fissò ad occhi
sgranati. Come ad Izu? Adesso, quella sera? Aveva paura e al contempo
era attratta dall'idea. Cosa rispondergli? Il suo viso si
imporporò di imbarazzo. Masumi sapeva di averla presa in
contropiede, probabilmente con quella richiesta l'aveva anche
spaventata ma aveva bisogno di conoscere la sua risposta, era
importante per lui.
- Non sei obbligata, Maya.
Puoi tranquillamente dire di no - le disse con un sorriso tirato, era
stato troppo brusco ovvio che avrebbe rifiutato, idiota.
Maya considerò che
forse voleva parlarle in privato, non chiusi in una macchina, con
calma. Chissà magari aveva intenzione di dirle che era lui il
Donatore di Rose. Forse voleva parlare di quell'abbraccio al molo e di
tutte le cose non dette che erano rimaste in sospeso tra di loro.
- Ehm! Sig. Hayami, va bene
però prima dovrei avvertire Rei. Mi aspetta per cena - rispose
alla fine, facendosi coraggio. Voleva stare sola con lui, lo voleva da
tempo.
Masumi la fissò
sorpreso mentre un senso di calore crescente gli riempiva il petto.
Senza quasi rendersene conto la sua mano si levò a sfiorare la
guancia della giovane, scostandole una ciocca di capelli dal viso. La
vide sussultare per un attimo ed arrossire, candidamente, ancora di
più. ^Sig. Hayami!^.
- Scusa se sono stato brusco
ma avevo bisogno di sentirtelo dire. Dopo la discesa dall'Astoria non
abbiamo più avuto modo di parlare e temevo avessi cambiato idea
- le spiegò, allontanando la mano dal suo viso, temendo di non
riuscire a controllarsi e concedendole di vedere solo il suo profilo.
Maya si rese conto che in qualche modo il Sig. Hayami era insicuro. Era una scoperta sconcertante.
- No, non ho cambiato idea, Sig. Hayami - si limitò a precisare in tono più fermo e deciso.
Masumi sorrise di nuovo,
questa volta un sorriso che arrivò ad illuminargli gli occhi di
una luce calda che raramente gli aveva visto, mentre tornava a
guardarla. Il cuore di Maya mancò un battito, lo amava
così tanto. Il tempo parve fermarsi per un istante, i loro
sguardi incatenati l'uno all'altro. Se avesse provato a baciarla lei
non si sarebbe tirata indietro. Questa consapevolezza colpì
Masumi facendolo fremere intimamente. Non era andato a cercarla per
quello, tuttavia, anche se quella consapevolezza lo rendeva felice nel
profondo. Doveva essere razionale.
- Ascolta, ad Izu andremo
un'altra volta. Ci sono molte cose che dobbiamo chiarire, di cui
parlare ma non è questo né il tempo né il modo
giusto - le spiegò dolcemente, compiaciuto della lieve sfumatura
di delusione che aveva attraversato il suo sguardo.
- Va bene - si limitò a dire la giovane abbassando gli occhi.
- Maya, mio padre vuole ad
ogni costo la Dea Scarlatta e mi ha ordinato di distruggere te e la
Sig.ra Tsukikage se non gli cederete i diritti. ...-.
- Che cosa? - sbottò la giovane scioccata rialzando la testa di scatto.
Masumi le mise le mani sulle spalle per incoraggiarla. Sapeva di averla spaventata.
- Non temere, non glielo
permetterò. Poiché la Sig.ra Tsukikage non si fida di me,
però, sarò costretto ad agire in modo poco ortodosso. Nei
prossimi giorni accadranno cose che potrebbero farti arrabbiare o
ferirti, fidati di me qualunque cosa io faccia perché ti giuro
che è finalizzata a proteggere te e la tua sensei. Ho bisogno
che tu credi in me se no tutto quello che sto per fare non ha alcun
senso - le spiego in tono pratico e deciso.
Maya rimase a fissarlo
ammutolita. Ecco che lui ritornava l'uomo distante, quasi
inavvicinabile che aveva conosciuto anni addietro. Il freddo uomo
d'affari, però lei sapeva che quello era solo un aspetto del suo
carattere, ora aveva imparato a conoscerlo un po' ed accettarlo.
- La sensei? Non la Sig.ra
Tsukikage. La prego, Sig. Hayami... - balbettò tuttavia
inquieta, considerando il significato di quell'avvertimento.
Masumi aumentò la stretta sulle sue spalle per infonderle la sua stessa determinazione.
- Non le accadrà
niente, te lo prometto. Fidati di me - le disse semplicemente,
dispiaciuto nel vedere le lacrime inumidirle gli occhi scuri.
Con un sospiro affranto Maya annuì brevemente.
- Brava. Ora ti riaccompagno a
casa e mi raccomando, non farne parola con nessuno neanche con lei -
soggiunse poi in tono pratico, accendendo il motore e reimmettendosi
nel traffico serale.
Maya aveva il cuore in tumulto. Ora cominciava a capire anche le parole del Sig. Hijiri ^Maya, il suo ammiratore è preoccupato^.
Chissà forse tutto era successo quella sera del tè a
Villa Hayami, quando lei se n'era andata lasciandoli da soli. Forse era
stato proprio il Sig. Eisuke a mandarle l'album con le foto strappate
se così era anche il Sig. Masumi si trovava in una delicata
situazione. Con il cuore oppresso si volse ad osservare il suo profilo
maschio, aveva promesso che si sarebbe fidata di lui e lo avrebbe
fatto, anche se i giorni a venire avessero messo a dura prova quella
promessa, lei non avrebbe smesso di credere in lui.
Pochi minuti dopo la vettura
entrava nel quartiere ove la giovane risiedeva ma Masumi accostò
la macchina un centinaio di metri prima dell'ingresso della casa.
- E' più prudente se ti
faccio scendere qui - le spiegò. Maya intuì che per
qualche strana ragione il Sig. Hayami era preoccupato di farsi vedere
con lei. In effetti le aveva impedito di restare al molo anche al
ritorno dalla crociera. ^Vai via Maya, non voglio che tu rimanga coinvolta in questo^
le aveva detto. Stava cercando di proteggerla, anche il quel momento.
Con questa consapevolezza nel cuore la giovane annuì, con la
mano sulla maniglia della portiera, pronta a scendere.
Aveva l'aria così
confusa Maya che gli si strinse il cuore. Non poteva lasciarla andare
in quel modo, doveva rassicurarla. Guidato dall'istinto le posò
delicatamente una mano sulla spalla a trattenerla. Quando lei si volse
a guardarlo si chinò leggermente verso il suo viso e le poso un
delicato bacio sulla fronte, una lievissima carezza.
- Vai - le sussurrò poi
in tono basso, mentre gli occhi azzurri si posavano su di lei con
dolcezza. Vedere il suo sguardo sorpreso e sentire le sue esili braccia
attorno al collo fu un tutt'uno. La giovane si era gettata di slancio
verso di lui, cogliendolo di sorpresa, mentre sussurrava tra le lacrime
- Io credo in lei, Sig. Masumi - prima di staccarsi da lui imbarazzata
e scendere rapidamente dalla vettura, senza neanche chiudere la
portiera, allontanandosi di corsa lungo il marciapiede.
Masumi sorrise fra se, un po'
frastornato riuscendo solo a mormorare un semplice - Maya - carico
d'affetto. Quando la vide varcare la porta d'ingresso si decise
ad allontanarsi. Doveva raggiungere Ken per definire i dettagli del
piano. Ora aveva fretta di portarlo a termine, una dannata fretta.
- continua -