Dragon Ball, Dragonball Z,
Dragonball GT, Bulma, Vegeta e tutti gli altri personaggi sono proprietà di
Akira Toriyama, Bird Studio e Toei Animation.
Questa fanfiction è stata creata senza
fini di lucro, per il puro piacere di farlo e per quanti vorranno leggerla.
Nessuna violazione del copyright si ritiene, pertanto,
intesa….
Stronger
By Kikka84
…Così alla fine sono tornato.
Incessante esule che ha fatto della sua esistenza l’unica ricchezza, ho cercato
rifugio ancora su questo infimo corpo celeste che ruota monotono nell’universo.
Atomo insignificante
nell’infinità oscura dello spazio.
Particella minuscola di un mare
illimitato.
Teatro della mia prima, bruciante
sconfitta.
Aspiro a pieni polmoni. Il
sentore di polvere mi penetra in bocca, facendo sovvenire ricordi ancora
nitidi. La desolazione mi circonda. E’ strano come su un solo, piccolissimo
pianeta siano presenti innumerevoli ambienti e climi, specie animali e
vegetali, come alla natura lussureggiante di una foresta si interponga, brusco,
l’arido sconforto di un deserto roccioso. Proprio come questo.
Mi guardo intorno. Ovunque c’è
odore di nulla, il silenzio fa un rumore quasi assordante, e la vita pulsa solo
nel vento, che frusta implacabile le cime aguzze delle montagne.
E’ drammatico.
E’ agghiacciante.
E’ la perfetta effigie del mio
spirito.
Ho notato appena atterrato
l’inquietante somiglianza con il territorio della mia prima visita su questo
maledetto sasso. Quel giorno è ancora vivido nella mia mente, è
un’incancellabile, raccapricciante cicatrice che ha assoggettato il mio
orgoglio. Quel giorno in cui il temibile Principe dei Saiyan, la migliore
macchina da guerra che sia mai stata progettata, commise il suo primo sbaglio.
Non ero infallibile come avevo sempre pensato. A quanto pareva mio padre e
Freezer non avevano svolto un lavoro ottimale. Perché quella fu solo l’origine
dell’esteso, degradante percorso di smacchi che intrapresi.
Odio quel giorno.
Vorrei non essere mai giunto su
questo pianeta.
Vorrei che Kakaroth non fosse mai
esistito, vorrei che fosse crepato insieme al resto dei cuccioli debellati
insieme alla mia terra.
Vorrei non aver mai combattuto
contro di lui.
Perché per la prima volta nella
mia vita, ho conosciuto la verità. Non bastavano i continui allenamenti, le
brutali percosse, i terrificanti castighi, non contava l’enorme gloria dopo le
numerose battaglie vinte. Anche io avevo dei limiti.
Pagai a mie spese questa scoperta. Un prezzo altissimo per la
mia dignità.
Senza neppure accorgermene avevo firmato la mia condanna:
accecato dalla brama di vendetta, completamente distrutto dalla netta
superiorità di una terza classe rispetto a me, ho cercato un altro scontro per
riscattarmi. Troppo tardi mi resi conto che l’ostacolo che volevo ostinarmi ad
oltrepassare era immensamente più alto di quel che appariva. Troppo orgoglioso
per ammettere un'altra sconfitta e ritirarmi. Ma Freezer non era Kakaroth. Non
era tanto generoso, né stupido, né umano. Quell’orribile segno che divide
ancora la pelle all’altezza del cuore me lo ricorda ogni giorno.
Stringo i pugni, mentre mi alzo in volo.
Avverto l’aura di quegli sciocchi terrestri e, indebolito, lo
spirito del mio consanguineo.
Kakaroth è in
difficoltà, a quanto pare.
Aumento la velocità, individuando ben presto le sagome dei
bizzarri patroni di questo pianetino.
Non posso credere che Kakaroth sia messo in difficoltà da un
ciccione con la faccia dipinta e l’aria innocua.
Devo sbrigarmi. Non mi va che muoia.
Non per mano di qualche idiota senza un minimo di forza
combattiva almeno.
A me solo spetta questo piacere. Ho giurato vendetta quel giorno
lontano e neppure l’eternità basterà a sviarmi dal mio obiettivo.
In questi tre anni sono stato per lo più un debole. Libero dalla
schiavitù di Freezer ero solamente uno spirito senza alcuno scopo o ragione per
continuare a combattere.
Ero solo un uomo malato. Un uomo malvagio. Non riuscivo ad
essere qualche cosa, né cattivo né buono, né vigliacco né onesto, né eroe né
inetto (NdA. Questa frase è una citazione del celebre romanzo “Ricordi del
sottosuolo” di Dostoevskji).
Vivevo da automa la mia esistenza, in attesa di una fantomatica
risposta, di una luce che mi rischiarasse la via, scacciando i dubbi, le
incertezze e quella fastidiosa sensazione di confusione che attraversava di
continuo il mio animo. La follia aveva annidato il suo seme nella mia mente. E’
la sola soluzione che spieghi il mio comportamento, i miei cambiamenti
interiori.
Patetico.
Ero
diventato un essere patetico.
Il cyborg
rotola da un lato, sbalzato via dalla mia incredibile forza.
Il mio
sguardo si posa infine sul volto ansante e provato di Kakaroth.
Scrutandolo
mi rivedo, dissipato e demoralizzato, quando gareggiavo contro i mulini a
vento, rinchiuso, come una fiera catturata, in quella macchina infernale.
Respira a
fatica e sembra riscontrare un’evidente anomalia al cuore.
E’
probabile che sia infetto da quel virus di cui parlava quel moccioso del
futuro. Quel misterioso ragazzino che ha in sé sangue Saiyan ed una mentalità
disgustosamente terrestre.
Quel
ragazzo cela in sé una potenza strabiliante.
Così
somigliante al moccioso di Bulma.
Portatore
di speranza e di aiuto, per ricostruire un futuro migliore del suo.
Stronzate!
Ecco quello che sono. Il passato non si può cambiare. Non esiste la speranza.
Solo Angoscia e Dolore.
Per ora
distruggere questi inutili robot costituisce la mia principale attrattiva, in
attesa di misurarmi con il mio grande rivale.
Non ho
alcuna fretta. Intendo eliminare tutti i possibili avversari, prima di vincere
contro Kakaroth.
So che
posso farcela. Sono rimasto secondo troppo a lungo.
Sono
scappato via dalla Terra per ritrovare me stesso.
Per
ritrovare la vera mia essenza malvagia.
In cerca
di un miracolo che pareva non manifestarsi, di una consolazione alla mia intera
esistenza, di un nuovo pretesto per tornare ad essere quello di un tempo. La
fiera crudele e spietata, che semina morte e desolazione.
Ho
affrontato tempeste, gelo, avversari che più di una volta mi hanno ridotto in
fin di vita. Ho sfidato le leggi naturali, ho combattuto contro le tenebre
infinite dell’universo.
Fino a
che il mio potere il nero orizzonte fece vibrare di luce (NdA. Da “La morte dei
poveri” di Boudelaire). Ed allora divenni il migliore. L’eterno vincitore. Il
supremo.
Avverto
il cuore aumentare la velocità, il formicolio in tutto il corpo tipico
dell’eccitazione. L’adrenalina che raggiunge livelli altissimi, mentre
concentro tutta la rabbia di un’intera vita di umiliazioni e sottomissioni.
E’
difficile. Il mio corpo non è ancora abituato a questo sconfinato potere. Non
riesco a trattenere tutta la mia forza. Ma devo, se non voglio rischiare
l’autodistruzione. In me sta scorrendo un’energia di infinita potenza, tanto
che temo per la mia stessa incolumità quando la utilizzo. Sento il corpo
tremare, i tendini tesi, i muscoli contratti al limite, nello sforzo di
arginare l’onda di potere che cresce, inarrestabile. Mi occorre tutta la
concentrazione per riuscirci, ma ormai sono avvezzo a questo tipo di fatica.
Infine, urlo la mia rabbia al mondo, liberando tutto il mio potere terribile.
Ed è come
essere nel mezzo di un tornado, precipitare in un abisso senza fine, anche se
si ha la consapevolezza di stare fermi. Stare nel bel mezzo del mare in
tempesta, in balia dei flutti minacciosi che ti inghiottono, trascinandoti in
abissi oscuri.
E’ una
lotta per la sopravvivenza.
E’
riuscire a dominare il potere supremo della natura.
Il cuore
impazzisce nel petto, nello sforzo di alimentare la mia energia.
Anche io
sto lottando. Per non perdere me stesso nello spazio interminabile della mia forza.
Non sento
più nulla. Sono completamente insensibile a qualsiasi agente esterno.
Ciò che
sento è calore.
Un ardore
estremo, quasi insopportabile.
Allora mi
accorgo che sto bruciando.
Violenta,
la fiamma di luce avvolge il mio corpo, conficcandosi nelle pupille sensibili,
ancora inconsce della mia evoluzione.
E’ un
attimo. Le palpebre si chiudono, percependo la forza immane che scorre dentro
di me.
Ad
accogliere la mia trasfigurazione le perenni tenebre annidate nelle mie iridi
svaniscono come comuni ombre alla luce del sole.
Illuminate
da una sconosciuta, potente energia.
Catturate
nell’oceano infinito e profondo, celante i miei pensieri di distruzione.
Sconfitte
da una tinta più chiara, incontaminata, che nulla mostra della mia torbida
anima.
So bene
ciò che mi attende quando riapro gli occhi.
Smeraldi
lucenti risaltano al posto di pietre d’ossidiana, bandiera di ogni Saiyan.
Ma lo
sguardo…lo sguardo è di ghiaccio.
Rigido
inverno.
Tagliente
lama che lacera la tenera carne.
Glaciale
espressione del Demone Bianco.
Implacabile,
studio la reazione di quei penosi umani, di fronte alla mia metamorfosi, e
sorrido.
Perché li
ho sorpresi.
Perché ho
fatto capire loro che Kakaroth non è più il migliore.
Perché li
ho terrorizzati.
Amo terrorizzare
chi mi guarda, notare le pupille dilatarsi inorridite, il corpo tremare in
preda a violenti spasmi. Sopprimere le forme di vita è sempre stato il mio
migliore interesse.
L’espressione
delle mie vittime, le loro emozioni intrappolate nel mio sguardo, il loro
prostrarsi ai miei piedi per invocare pietà. E’ tutto molto divertente.
Sono
sollevato nel constatare che questo cyborg farà questa fine, di qui a poco.
Veloce e
preciso, sferro il mio attacco, impiegando la mia nuova vitalità. Da troppo non
mi scontravo con avversari, da troppo non uccidevo, da troppo non sentivo il
sapore dolciastro e inebriante del sangue, elisir che sa tonificarmi e
ritemprarmi.
Combattere
è la mia vita.
Il mio
destino.
E’
indispensabile quanto respirare, impossibile ignorare quel bisogno perché è una
parte di me.
E’ nel
mio corredo genetico.
E’ nel
sangue che mi ribolle nelle vene.
Velocità,
forza, agilità, astuzia.
Il poker
d’assi vincente per qualsiasi guerriero, componenti fondamentali per avere una
minima possibilità di sopravvivenza.
Abile
stratega e spietato combattente.
Figlio
della guerra.
Sazio del
plasma rubino dei suoi avversari.
Indifferente
a sentimenti, al di fuori dell’odio e del dolore.
Compagno
delle tenebre.
Terribile
incubo per chiunque si trovi sul suo cammino.
Tutto
questo è un Saiyan.
Tutto
questo sono io.
L’ammasso
di latta è fuori gioco quasi subito.
Non può
competere con l’oro del guerriero leggendario.
Non può
competere con il grande Vegeta.
Opta
quindi per la fuga, da bravo vigliacco. Probabilmente è consapevole di ciò che
gli spetta. Trascina a fatica il suo corpo metallico, lontano da me, in cerca
di una qualsiasi via di salvezza.
E’ il
momento. Lievito fino ad essere sopra di lui, concentrando nella mia mano tutta
la potenza di un vero Super Saiyan.
Lo
ucciderò.
Sono
praticamente nato in mezzo alla guerra, le mie mani si sono macchiate
innumerevoli volte di delitti, eppure la travolgente sensazione che mi mozza il
respiro quando uccido non mi abbandona mai, così da rimandarmi sempre ad una
sorta di magnifica prima volta.
Mi piace
spezzare le vite altrui, mi eccita avere tanto potere da annientare chiunque.
Poter
mutare il corso del destino di un essere.
Privarlo
del suo soffio vitale.
Recidere
i fili sottili che lo legano alla sua esistenza.
Mi sento
l’essere più potente dell’universo quando riduco a niente i miei avversari.
E’
strabiliante osservare l’agonia delle mie vittime, mi appaga più di qualsiasi
amplesso accertare come le pupille si rovescino, mostrando il latteo bulbo
oculare. E la vista del sangue è maggiore di qualsiasi orgasmo mai provato.
Il mio
braccio trema, la debole carne non riesce a contenere oltre tanta energia. Con
un sorriso diabolico liberò il colpo, feroce ed aggressivo come un fiume in
piena e veloce quanto una scarica elettrica.
Non gli
lascio neppure il tempo di urlare.
Il mio
onnipotente fascio di luce lo disintegra in pochi istanti, provocando
un’esplosione di dimensioni gigantesche.
Sono
soddisfatto di me.
L’immane
odio e rabbia che avvelenano il mio ego sono ciò che volevo avvertire agitarsi
in me.
Ho
ritrovato la fiducia in me stesso.
Ero certo
che quella misera terza classe non sarebbe stata a lungo migliore di me.
Era solo
questione di tempo. Il Super Saiyan celato in me avrebbe presto liberato il suo
infinito potere.
Ora sono
io il più forte.
E lo sarò
per sempre.
Ho
sconfitto definitivamente il fantasma di Freezer, che mi aveva reso confuso,
debole e vulnerabile.
Ho
ritrovato me stesso, il vero Vegeta, unico e solo esponente della gloriosa
razza Saiyan.
Cinico e
spietato contro tutto e tutti.
Privo di
compassione e di pietà.
Il solo
ad aver la grande capacità di segnare la fine di chiunque.
Nulla
potrà mai cambiarmi, mutare il mio carattere, le mie necessità, il mio
desiderio di seminare morte. Non l’ho mai permesso e non lo permetterò mai.
E’ ovvio
che questi cyborg non sono poi così temibili. Non devo più preoccuparmi per
loro.
Scruto
l’orizzonte, indeciso sul da farsi.
Non ho
paura di nulla, mi ripeto. La luce che sprigiono mi ricorda che sono ancora il
più forte.
Mi sento
pronto a battermi con il mio più grande avversario, ora.
No, non
Kakaroth. Quell’ingenuo, stupido Saiyan, dalla forza però immane è il mio
finale obbiettivo.
Il mio
avversario ora è un altro, ugualmente pericoloso e potente.
Qualcuno
che ha il cielo negli occhi, che riesce a rendermi inoffensivo, totalmente
impotente.
Qualcuno
che ha la capacità di confondermi con il suo sorriso, terribile arma a doppio
taglio che provoca ferite più profonde di qualsiasi colpo mai ricevuto in
battaglia. Perché bucano la pesante armatura che mi sono costruito, espugnano
le mura del mio vero io ed infine colpiscono nell’intimo del mio ego, piantando
i semi del desiderio e della passione, che germogliano robusti ed
indistruttibili, ricoprendo tutto, anche il mio orgoglio.
E mentre
sono impegnato a liberarmi dall’ostile jungla di sentimenti ed emozioni che mi
soffocano, mi dà il colpo di grazia, sferrando il suo attacco micidiale, al
quale è impossibile sottrarsi: il suo corpo.
Fragile
combinazione di forme delicate, che hanno in me l’effetto di un pugno nello
stomaco.
Candida
la pelle argentea.
Lucente e
setoso il crine di quell’insolito colore del mare.
Scarlatte
le labbra piene e morbide.
Dolce il
suo sapore che sento ancora in bocca, sebbene sia passato molto tempo.
Piccole
ed affusolate le mani, tremendi strumenti di tortura, in grado di incendiare
completamente tutti i miei sensi.
Ho
segregato nel più profondo angolino della mia mente ogni ricordo, con fatica ho
dimenticato.
Ed è
stato arduo combattere contro un desiderio irrefrenabile, che mi assaliva non
appena chiudevo gli occhi. Senza neppure rendermene conto mi ritrovavo
sopraffatto da attimi vivi nella mia mente.
Avvinghiato
a quel corpo, sotto la pallida luce lunare, ogni sera venivo sconfitto
miseramente.
Vinto da
quei baci ardenti, da quelle carezze impudiche su quella landa rigogliosa che
era quell’essere meraviglioso. Tra le sue gambe trovavo il Paradiso, troppo debole
per resistere a quel bisogno impellente di lei, inconsapevole di come mi avesse
soggiogato e mi stesse trascinando verso sentimenti nuovi e mai provati, che mi
spaventavano.
Eppure mi
bastava pronunciare quel nome per ritrovarmi nuovamente sperduto nelle
profondità della passione, che assumeva una tinta d’azzurro, riconducendomi a
lei. Bulma.
Un nome
odiato, un nome che suscitava desiderio.
Fattucchiera
creatrice di potenti sortilegi, capace di ipnotizzarmi coi suoi occhi, autori
di numerosi incantesimi, che mi hanno reso pazzo.
Incantatrice
dei miei sogni più erotici.
Fiera
pantera, pericolosa quanto seducente in tutti i suoi atteggiamenti.
Irresistibile
come la succosa corolla di un fiore per qualsiasi insetto.
Fatale
quanto la luce per la falena.
Stavo
facendo la stessa fine.
Intrappolato
nei fili della ragnatela da lei tessuta, stavo diventando sua proprietà.
Non
potevo evitarlo.
Presto
sarei stato soggiogato da lei, totalmente dipendente dal suo corpo, dalla sua
voce, dal suo sorriso.
Non
volevo tornare ad essere un animale in gabbia. La catena non fa per me.
Ora che
Freezer non aveva più alcun potere su di me, stavo per essere nuovamente legato
con la forza a qualcuno. Questa volta dalle sublimi e dolci catene del sesso,
certo. Ma pur sempre catene.
Ho
spezzato il legame per questo.
Perché
non voglio più che mi tappino le ali, impedendomi di volare via.
Perché
sono uno spirito libero.
Perché il
Principe dei Saiyan non sarà mai schiavo di nessuno.
Perché
appartengo solo a me stesso.
Presto la
rivedrò, quello sarà il momento di affrontarla.
Ma
stavolta sarò io vincitore.
Quelle
sciocche sensazioni non mi toccano più, né le permetterò ancora di stravolgere
i miei equilibri, il mio carattere, il mio modo di vivere.
Forse
sarà una lunga battaglia, ma ciò non mi fa più paura.
Del suo
potere non resta che un ricordo lontano, del suo amore una luce che illumina il
mio ieri.
No,
Bulma. Stavolta sarai tu a conoscere la sconfitta.
Non sono
più quello di un tempo.
Non sono
più quello che hai conosciuto.
Sono un
Super Saiyan.
Sono il
Principe Vegeta.
Sono il
più forte.
NdA. Ebbene eccomi qui, questo è un piccolo regalo per
tutte voi. Mi sono concentrata sulla linea ordinaria, creando una one–shot
abbastanza particolare, trattante un tema raramente affrontato.
In particolare, desidero dedicarla alla mia amica Rei,
dalla quale ho preso lo spunto della trama ( ho voluto creare un antefatto
della sua opera “Caduta: il colore di un istante”, sottolineando il
cambiamento interiore di Vegeta), ringraziandola per i preziosi consigli di
stesura e per l’aiuto tecnico sulla scelta del titolo e della presentazione.
Che dire, spero vi piaccia! Fatemi sapere i vostri pareri
e le vostre critiche ^___-!