Dragon Ball, Dragonball Z,
Dragonball GT, Bulma, Vegeta e tutti gli altri personaggi sono proprietà di
Akira Toriyama, Bird Studio e Toei Animation.
Questa fanfiction è stata
creata senza fini di lucro, per il puro piacere di farlo e per quanti vorranno leggerla.
Nessuna violazione del
copyright si ritiene, pertanto, intesa….
By Aresian
PREMESSA: Questa
fanfictions è del tutto particolare. Traendo spunto da quanto si evince dalla narrazione
offertaci dal buon Akira, cercherò di tratteggiare il carattere e il credo di
un popolo attraverso un dialogo verità tra gli unici superstiti di questa
incredibile stirpe di guerrieri.
- Pianeta Terra (10
agosto 774 Db) -
Il vento a sconvolgere la
sua zazzera nera, a gonfiare la tuta arancione che ricopriva il suo corpo
scolpito di guerriero. Il volto sorridente, proteso verso l’orizzonte e gli
occhi neri solari e rilassati ad osservare le cime degli abeti che cedevano,
rapidamente, il posto a una vasta distesa di campi coltivati. Era estate, una
splendida estate di pace per la Terra intera. Dopo la perigliosa battaglia
contro Majinbu il mondo era tornato a respirare aria di tranquilla monotonia
quotidiana. Quel brivido, improvviso, a scuotere la sua aura. Un puntino
all’orizzonte, diveniva sempre più nitido avvicinandosi rapidamente. Un sorriso
compiaciuto si delineò sulle labbara del guerriero. E sì, in fondo glielo
doveva. Con tutto quello che era succeso il loro confronto era stato rimandato,
quel confronto che il destino aveva disegnato per loro il giorno del 25° Torneo
Tenkaichi. Quel duello che era sempre stato, in qualche modo interrotto, per
l’interferenza di altrui presenze o eventi di forza maggiore. Quel giorno, quel
combattimento avrebbe avuto luogo, e questa volta nessuno si sarebbe frapposto
tra i due contendenti. Il pensiero di misurarsi, nuovamente, con lui lo
stimolava ed elettrizzava, come sempre.
Aveva avvertito la sua
aura in avvicinamento da diversi minuti. Quel zuccone se la stava prendendo
comoda, era da quasi un’ora che lo stava aspettando. Era quasi giunto a pensare
che se ne fosse dimenticato, del resto sarebbe stato consono al suo carattere
ingenuo ed irritante, ma evidentemente si era sbagliato. Giusto per evitare che
sbagliasse, caso mai, strada decollò per farglisi incontro. Era ansioso, anzi di più smanioso, di
riprendere quel duello per troppe volte mollato a metà, senza né vincitori né
vinti che lasciava in lui, Principe Saiyan, l’amaro in bocca quasi paragonabile
all’onta di una sconfitta. Eppur era cosciente, era un dato di fatto
inoppugnabile, che avrebbe perso se avesse dato il tempo a Kaharoth di
trasformarsi in SSJ3, ma lo scontro con Majinbu gli aveva, per paradosso,
rivelato la vulnerabilità di quella tecnica e si sarebbe divertito a
sfruttarla, se del caso, a proprio vantaggio. Non era il più forte, ma non
sempre negli scontri è il più forte a vincere, almeno confidava su questa
presunta realtà per ottenere quella vittoria che, sola, avrebbe riscattato il suo
onore infranto ben 12 anni prima.
Quando la distanza si
ridusse a meno di venti metri, i due si bloccarono, in simultanea, sul posto
arrestando completamente la loro corsa. Ancora una volta una di fronte
all’altro. Ancora una volta rivali.
“Sei in ritardo” la
constatazione secca e perentoria di Vegeta, il volto aristocratico privo di
ogni traccia di umano sentimento.
“Ho dovuto fare prima un
salto da Satan, aveva qualche problema con Bu” rispose Goku, tranquillo,
lasciandosi sfuggire un lieve sorriso.
Vegeta corrugò la fronte,
con un vago accenno di disappunto, per poi sentenziare, in tono inequivocabile.
“Sei sempre il solito,
Kakaroth. Spero per te che non ti sia preso altri impegni perché questa volta,
non ti permetterò di rinunciare allo scontro”.
Goku sorrise più
apertamente.
“Oh, no Vegeta! Sono il
primo a non voler essere interrotto. L’ultima volta che ci siamo confrontati,
tre mesi fa, il confronto si è rivelato estremamente interessante e sono
proprio curioso di vedere come andrà a finire il secondo round” disse in tono
pacato e al contempo compiaciuto, con un sorrisino fanciullesco che non ingannò
il principe.
“Piantala di perdere tempo
e cominciamo” disse infatti quest’ultimo sardonico.
Il sorriso scomparve dal
volto di Goku, mentre il suo corpo veniva avvolto da una vasta aura azzurra e
l’aria si caricava di satura elettricità. Soddisfatto, Vegeta rispose a sua
volta a quella implicita provocazione. In un istante anche la sua aura
spirituale lievitò in modo esponenziale mentre i due si fronteggiavano, occhi
negli occhi, attendendo la prima mossa dell’avversario. Si conoscevano talmente
bene, ormai, da essere in grado di prevenire le mosse l’uno dell’altro con una
naturalezza invidiabile. Un’attacco simultaneo li portò a sfiorarsi lo zigomo
destro con un pugno, mentre gli sguardi, neri come la notte, si incrociavano
balenando di istantanea rivalità. Una frazione di secondo dopo i due erano
impegnati in un serratissimo scontro corpo a corpo ove nessuno voleva
retrocedere per primo, cedere un solo centimetro a favore dell’avversario. La
rapidità dei colpi portati impressionante, così come l’abilità tecnica e
tattica messa in campo dai due che si colpirono a ripetizione. Un calcio
volante scaraventò Vegeta contro le rocce, per poi essere restituito con pari
potenza, centrando Goku in pieno stomaco e scagliandolo al suolo. Una rapida
capriola del guerriero a ripristinare l’equilibrio perso mentre, come leggendo
nella mente dell’avversario, già schivava il gancio al mento. Uno scontro
agognato, necessario, fisiologico per i due che non si risparmiarono, e misero
io campo tutta la loro abilità, sino al crepuscolo di quella giornata di afosa
estate. Mentre il tramonto infuocava l’orizzonte due figure, ammantate di oro
rilucente, si confrontavano con la stessa instancabile sete di vittoria, di
predominio insita nei loro stessi geni, sino allo spasimo. L’ennesimo colpo
energetico a confronto. L’onda energetica di Goku contro il Big Bang Attack di
Vegeta, mentre i due profondevano in quel colpo le residue energie consumate da
quel lungo ed estenuante confronto. In un’esplosione di luce accecante, i due
vennero scaraventati contro le rocce con violenza tale da mozzare loro il
fiato. La tute da combattimento a brandelli, i corpi piagati e lividi, ed un
inconfodibile sorriso divertito sul volto. Un confronto irrinunciabile, che
difficilmente gli altri ragazzi del gruppo di guerrieri avrebbero potuto
comprendere. Il combattimento, per i due saiyan, era una parte irrinunciabile
del loro essere. Se questo per Vegeta era più marcato, accentuato, non era
indifferente all’animo di Goku. Un saiyan resta pur sempre un saiyan, qualunque
sia il retaggio culturale che lo ha visto crescere. Questi può accentuarne o,
al contrario, mitigarne le sfaccettature, il carattere, l’indole ma non può
cancellare l’istinto primordiale di una razza guerriera.
“Lo sai, Vegeta. Per
quanto sia cosciente di esserti leggermente superiore in potenza, non mi riesce
di avere completamente la meglio su di te. Mi diverto come con nessun altro a
misurarmi con te” disse il saiyan, rimettendosi faticosamente in piedi.
Vegeta, ad una decina di
metri di distanza, reggendosi alla parete rocciosa riuscì a raddrizzare le
gambe malferme, era realmente sfinito e dannazione, Kaharoth era ancora in
piedi.
“Al diavolo. Come al
solito hai contenuto la tua potenza per non chiudere l’incontro. Dannazione,
come te lo devo dire che ti detesto? Odio che tu mi conceda vantaggi, io sono
il Principe dei Saiyan, non ne ho bisogno” grugnì mentre, al pensiero di essere
stato preso in giro, la furia si impadroniva di lui, restituendogli vigore e
impeto combattivo.
Goku sorrise debolmente,
mentre usava, per l’ennesima volta, il teletrasporto per sottrarsi dal veemente
attacco del compagno, salvo ritrovarsi Vegeta alle spalle appena
rimaterializzatosi. Non fosse stato per la prontezza di riflessi, in lui
innata, si sarebbe beccato una mazzata alle spalle di non poca rilevanza. Eh,
no. Decisamente Vegeta era lungi dal volersi arrendere. In realtà non è che gli
avesse concesso chissà quale favore o vantaggio. L’unica cosa che non aveva
fatto era stata quella di trasformarsi in SSJ3, una questione che lui riteneva
di correttezza ma anche di praticità, giacchè sospettava che Vegeta avesse
studiato una possibile contromossa per fargli esaurire l’energia prima che lui
potesse mettere fine allo scontro con un pugno ben assestato. La realtà era
un’altra, in un certo senso loro due si completavano a vicenda. Quello che
poteva mancare ad uno si ritrovava nell’altro e viceversa. Era una
consapevolezza che aveva maturato durante lo scontro con Majinbu. Lanciò uno
sguardo all’amico e lo vide barcollare, mentre tentatava di riprendere
l’equilibrio dopo l’attacco andato a vuoto. Se fosse dipeso da lui, avrebbe
anche potuto lasciare che a vincere quello scontro fosse Vegeta ma, sapeva che
lui se ne sarebbe reso conto e che mai avrebbe potuto accettarlo, l’avrebbe
presa come il più grande degli insulti. Del resto convincere Vegeta ad
accettare un pareggio era altrettanto impensabile. Unica alternativa possibile,
metterlo al tappeto. Incrementò pertanto la propria aura, sino quasi al limite
della trasformazione in SSJ3 e si apprestò a chiudere l’incontro.
^Dannazione. Ha deciso di
trasformarsi in SSJ3. Sapevo che questo prima o poi sarebbe successo ma non
sono disposto ad arrendermi. Io sono il Prince dei Saiyan, non posso perdere.
Non con un guerriero come Kaharoth^ . L’orgoglio, come sempre, a sostenerlo, a
fargli espandere la propria aura sino a raggiungere, nuovamente, il limite del
SSJ e mutare in SSJ2 espandendo la propria aura sino al limite massimo.
L’ultimo, decisivo, attacco.
Lo scontro fu violento,
più di quanto entrambi si aspettassero e l’impatto tra le due aure rischiò di
sopraffarli. Quando la nube di polvere, levatasi per la deflagrazione generata dallo
scontro tra le due masse energetiche, si diradò, al suolo era rimasto il corpo
di Vegeta, esanime, mentre Goku, la parte superiore della tuta completamente distrutta,
sostava a pochi centimetri da terra, i capelli tornati neri e il respiro
ansante e irregolare. C’era riuscito, aveva messo fine al duello ma gli era
costato ogni briciola di energia che aveva in corpo. Se Vegeta fosse stato in
grado di rialzarsi, adesso come adesso, sarebbe stato lui a perdere. Gli
occorsero un paio di minuti per riprendersi dallo sforzo, alchè si chinò
accanto al corpo dell’amico, ancora svenuto, sincerandosi delle sue condizioni.
Il respiro era affannosso ma piuttosto regolare. Meglio così, era semplicemente
esausto, come lui del resto. Senza esitazione, estrasse dal sacchetto, che
custodiva nei pantaloni, un paio di senzu e dopo avere costretto Vegeta ad
ingoiarne uno, prese l’altro riacquistando, in pochi istanti, tutte le energie
perse.
La prima cosa che vide
come riaprì gli occhi fu la volta stellata, solcata da una stella cadente.
Insolito, pensò Vegeta, prima di mettersi a sedere. Poco distante da lui,
accanto ad un piccolo fuoco da campo, Goku stava arrostendo un cinghiale. Bhè,
per lo meno avevano un discreto spuntino con cui arginare la voragine che
avvertiva in fondo al suo stomaco. Accidenti, così alla fine quel buono a nulla
di Kaharoth aveva vinto lo scontro. Non che non se lo fosse aspettato, ma la
sua indole gli impediva, in ogni modo, di accettarlo. A dirla tutta, era meglio
lasciare a quel citrullo così dannatamente, ed ingiustamente, dotato in
battaglia l’intero cinghiale e andarsene.
“Lo sai che ho dovuto
prendere un senzu anch’io?” esordì Goku, innervosendolo ulteriormente.
“E piantala. Ti ho già
detto più di una volta che detesto essere preso per i fondelli. Se ti fossi
trasfomato sin dall’inizio il nostro scontro non avrebbe avuto alcuna storia e
lo sappiano perfettamente entrambi. Detesto quando ti comporti così, quasi
quanto perdere da te” sbottò Vegeta, realmente infastidito.
Goku sosprirò. Bhè, a
conti fatti, anche vincere il duello non era stata la scelta giusta. Il fatto
era che Vegeta non accettava niente che non rispecchiasse il suo credo. O
vinceva perché era il migliore o tutto era un insulto, per lui. A volte,
proprio, non riusciva a capirlo.
“Senti un po’, Vegeta. Ma
tutti i saiyan sono come te?” chiese in tono perplesso, giacchè a conti fatti
lui era l’unico che avesse realmente avuto modo di frequentare e conoscere.
Raddish era stato come una meteora pericolosa nella sua esistenza, Nappa solo
un nemico da battere e suo padre… bhè lui non si era mai neanche soffermato
realmente a considerarlo. Broli era
stato considerato anomalo e pericoloso perfino dallo stesso Vegeta e in quanto
a Turless, gli era parso semplicemente il frutto di qualcosa a lui totalmente
inconcepibile. Si era presentato come un clone dei guerrieri di terza classe.
Di fatto non aveva neanche compreso che cosa ciò significasse, lo aveva battuto
semplicemente perché si era dimostrato una minaccia per la salvezza della Terra.
Vegeta invece era sempre stato diverso, un’altra cosa. Se non lo avesse
conosciuto avrebbe, con tutta probabilità, per tutta la vita ignorato la sua
natura, le sue origini, non avrebbe mai sviluppato il potenziale combattivo di
cui era ora dotato e non sabbe stato in grado di sconfiggere né Freezer né
Majinbu. Erano così diversi eppure così simili…
Il Principe, che era già
in procinto di decollare, si bloccò di colpo spiazzato da quella domanda.
“Ma che razza di domande
fai, Kaharoth?” chiese confuso, voltandosi a guardarlo.
Goku si strinse nelle
spalle, mentre girava il cinghiale sul fuoco, perché arrostisse meglio.
“Non lo so nemmeno io.
Solo che a volte mi domando esattamente cosa voglia dire essere un saiyan. Ho
passato così tanto tempo a rinnegare d’esserlo che, a dirla tutta, non mi sono
mai interessato più di tanto a capire che cosa voglia dire…” disse dopo un po’.
“Almeno fino a quando non ho combattuto con Broli. Per non parlare di come muta
l’indole di Gohan se perde il controllo…”.
Una constatazione alquanto
strana, se proveniente dalle labbra di Kaharoth. Da quando in qua si poneva
delle domande?
“Definire un vero saiyan
non è propriamente una cosa semplice. Saiyan non si diventa, si nasce” fu il
commento di Vegeta.
“Io sono nato saiyan, però
tu sostieni che non ho niente della mia razza, ma potrebbe non essere così per
Gohan e Goten. Io non so…” borbottò Goku, alzandosi in piedi, voltando lo
sguardo verso la volta stellata.
Vegeta lo osservò
perplesso. Che diamine stava prendendo a Kaharoth? Aveva preso forse qualche
botta in testa di troppo?
“Ho sempre amato mettermi
alla prova, progredire come combattente, dimostrare che posso essere più forte
dell’avversario perché questo mi ha sempre permesso di salvare la Terra, le
persone che amo, ma mi rendo conto che c’è di più. Alle volte mi dimentico
quasi la ragione per la quale mi sto battendo. Per esempio, contro Cell ho
voluto combattere pur sapendo che non avrei potuto batterlo, ma per il puro
piacere di farlo. Perché volevo misurarmi con un avversario come lui. E’
assurdo, ma in quei momenti non pensavo al pericolo che correvo, che potevo tornare
da Re Enma, sentivo solo che dovevo farlo. Anche con Freezer, ad un certo
punto, è accaduta la stessa cosa. Volevo misurarmi con lui alla sua massima
potenza, mettermi alla prova, non pensando alle conseguenze. E’ questo essere
un saiyan?” chiese Goku, dopo un istante, voltandosi a guardare il principe con
uno sguardo serio e determinato, così stridente se paragonato alla solita
espressione gioiosa e scanzonata di sempre.
Vegeta si rese,
improvvisamente, conto che per Kakaroth la questione era decisamente seria. Che
diamine, era la prima volta che discutevano, seriamente, della loro natura e
della loro razza. Un’evento da segnare sul calendario, specie perché a
intavolare il discorso era stata proprio la Terza Classe.
“Questo aspetto è tipico
dei saiyan. Noi amiamo misurarci sempre, e comunque, con l’avversario. Tanto è
più forte, tanto è più alto il rischio di perdere e tanto più noi amiamo
confrontarci con il pericolo. E’ la ragione per la quale ho permesso a Cell di
ottenere il corpo perfetto” rispose in tono sardonico, ripensando alla
leggerezza commessa che era costata la vita al figlio. E pure con Majinbu aveva
rischiato di commettere lo stesso errore. Evidentemente la regola per la quale
si impara sempre qualcosa dai propri errori non era valida per il Principe dei
Saiyan, pensò con un vago senso di auto ironia. Che diamine, stava quasi
ragionando come Kaharoth!!!
“Voglio il confronto, ma
non mi piace uccidere” più che un’affermazione era stata l’esternazione di un
pensiero.
“Bhè, questo non è
decisamente saiyan” ribattè prontamente Vegeta, ritrovando all’istante l’irritante
atteggiamento “umanitario” di Kakaroth, che con Freezer aveva rischiato di
costare molto caro. “In battaglia un vero saiyan ama uccidere l’avversario,
perché è dimostrazione di superiorità e poi, in un certo qual senso, come noi
troviamo umiliante che ci venga risparmiata la vita, così la togliamo sempre
all’avversario, ma è un concetto che non è valido per tutti”.
Gli occhi neri di Goku
balenarono, per un attimo, di vivo interesse.
“Davvero i saiyan
uccidevano per preservare l’onore dell’avversario?” chiese incuriosito, un
nuovo aspetto dello spigoloso carattere della sua razza che gli era, sino ad
allora, oscuro.
Vegeta sogghignò ironico,
prima di soggiungere “Per quanto mi riguarda non è così. Era tipico delle Terze
Classi, ma non tutti. Raddish per esempio se ne fregava altamente”.
Quell’accenno a Raddish gli
fece balenare alla mente una domanda, così Goku chiese deciso.
“Senti, hai per caso
conosciuto anche mio padre?”.
Vegeta sorrise lievemente,
uno dei suoi sorrisetti difficili da interpretare.
“Non personalmente. Ne ho
sentito parlare da tuo fratello. A volte si vantava delle sue sortite
vittoriose, per acquisire lustro innanzi ai miei occhi, cosa che ho sempre
detestato. Ho sempre disprezzato chi vive di luce riflessa” rispose poi in tono pacato, prima di
proseguire deciso. “Senti un po’ Kakaroth. Da dove ti viene, d’un tratto,
questa smania di conoscere il mondo dei saiyan? Mi è sempre parso che odiassi
fare parte della nostra razza, al contrario di me”
C’era un pizzico di
acredine nella sua voce. Il fatto che chi più rinnevaga la propria origine
fosse al contempo il più potente della sua razza gli aveva sempre dato in
testa.
Goku si lasciò sfuggire un
sorrisino, mentre gli occhi luccicavano di un fanciullesco divertimento.
“Da quanto abbiamo fatto
la fusione con i Potara” soggiunse poi, sapendo che la cosa avrebbe fatto
infuriare l’amico.
Vegeta, infatti, sussultò
a quell’affermazione.
“Va al diavolo, Kaharoth.
Dannazione a te e al momento in cui ho accettato quell’assurda fusione. Fortuna
che non ha retto nello stomaco di Majinbu, al solo pensiero di restare unito a
te per l’eternità mi viene la pelle d’oca” ribattè infatti, alterandosi
all’istante.
“Eh dai, Vegeta! Non
prenderla in questo modo” disse sorridendo il saiyan, riacquistando in pochi
istanti il suo solito buon umore. “Se tu fossi onesto, ammettersti che i nostri
rapporti sono cambiati proprio grazie a quella fusione. Non è stato solo un
condividere uno stesso corpo, ma anche i medesimi pensieri. Non puoi negarlo”
aggiunse poi, tornando serio.
“Appunto, cosa di cui avrei
fatto volentieri a meno” precisò Vegeta, ancora irritato.
Quel dannato dare e
ricevere, operato durante la fusione, lo aveva reso consapevole della reale
indole di Kaharoth, dell’assoluta mancanza di malizia nei suoi atteggamenti da
lui intesi, sempre, come provocatori, ma al contempo lo aveva reso vulnerabile
alla conoscenza, da parte dell’altro, delle sue debolezze che si traducevano
poi in quei sciagurati esseri umani che erano Bulma e Trunks. Si era messo a
nudo con una Terza Classe e la cosa, gli suonava insopportabile. Se almeno
quell’idiota l’avesse piantata di farglielo presente, accidenti. Doveva
andarsene da quel dannato posto o gli avrebbe spaccato la testa…
Goku ridivenne serio all’istante,
rendendosi conto che in qualche modo doveva averlo ferito. Vegeta era talmente
contorto che le cose, che lui considerava assolutamente banali e scherzose,
divenivano per il principe un oltraggio imperdonabile.
“Onestamente, Vegeta.
Avresti fatto la fusione con Gohan, invece che con me, se ce ne fosse stata l’opportunità?”
chiese, serissimo.
“Ma che diamine ti salta
in mente. Non la rifarei con te manco morto, figurati se la farei con un altro”
sbottò Vegeta realmente stizzito.
“Grazie, amico. Ora ho
capito. Urka, il cinghiale!” esclamò Goku, dopo un attimo, avvertendo un
fastidioso odore di bruciato. Accidenti, rischiavano di mandare, letteralmente,
in fumo la loro cena.
^E ti pareva!^ pensò Vegeta,
ancora adombrato per le strafalcionate sparate dall’altro saiyan, prima di
soffermarsi a meditare su quell’ultima osservazione. * Grazie. Ora ho capito *
. Capito cosa? Che fosse dannato, tuttavia, se avesse chiesto a Kaharoth una
spiegazione.
Un paio d’ore dopo, lo
stomaco pieno e i nervi nuovamente sotto controllo, Vegeta decollava alla volta
della Capsule Corporation. Già l’indomani si sarebbe sottoposto ad un rigido
allenamento. Aveva rilevato diverse imperfezioni nella sua preparazione,
durante il combattimento di quella giornata, e doveva assolutamente porvi
rimedio così da riprensentarsi, al prossimo scontro, più agguerrito che mai
pronto, questa volta, a sconfiggere l’inviso Kaharoth. Alla faccia della
presunta amicizia che quell’idiota si ostinava a intravvedere nei loro mutati
rapporti. Lui non poteva essere amico di una terza classe, lui era il Principe
dei Saiyan, dannazione….
Goku atterrò nel prato
antistante la casa che, da qualche mese, era tornato a dividere con la moglie e
i due figli. Ora si sentiva sereno. Se qualche dubbio era sorto nel suo animo,
dopo lo scontro con Majinbu e Cell al riguardo del suo “lato saiyan” e di
quanto questa eredità, trasmessa ai propri figli, avrebbe potuto condizionarne
l’esistenza era stato completamente diradato dalla conversazione avuta con
Vegeta. Un saiyan ama combattere, a volte può anche porre a rischio la propria
vita senza pensare alle conseguenze, ma se il Principe Saiyan, che sarebbe
morto pur di non abbassarsi a fondersi con una terza classe o chicchessia,
aveva ingoiato l’orgoglio per salvare il figlio e la compagna, allora un siayan
umanizzato come lui e i suoi figli non avrebbe dovuto temere la propria indole,
perché l’amore ne avrebbe compensato gli eccessi. Forse era un saiyan atipico,
ma era felice di esserlo.
FINE