Il grande sogno di Maya (Garasu
no kamen), Maya, Masumi e tutti gli altri personaggi sono
proprietà di Suzue Miuchi, Hakusensha Inc. Tokyo, Tohan
Corporation, Orion e quanti aventi diritto alla divulgazione e
pubblicazione del Manga medesimo.
Questa fanfiction è stata
creata senza fini di lucro, per il puro piacere di farlo e per quanti
vorranno leggerla.
Nessuna violazione del copyright si ritiene,
pertanto, intesa….
Il mio regalo sei tu
By Aresian
Sono due ore che litigo con la tastiera del computer scrollando pagine
su pagine di tabulati e grafici. Verso fine anno è sempre tempo
di bilanci e non solo contabili, quelli nel dettaglio li avrò
solo nei prossimi mesi. La mancata fusione con l'impero dei Takamiya ha
lasciato il segno, ma mettere le mani sulla Dea Scarlatta ha
risollevato le finanze che sarebbero, altrimenti, cadute in un drastico
baratro rosso. Con un sospiro, un po' stanco, porto indietro la testa
flettendo il collo, i muscoli sono indolenziti dalla prolungata
immobilità. Con piccoli movimenti del capo cerco di allentare la
tensione, tutto sommato è meno peggio di quello che pensavo. Ce
la caveremo, e dal prossimo anno potremo ripartire in positivo.
Distolgo lo sguardo dal monitor per riposare gli occhi un attimo mentre
con la sinistra raccolgo un fascicolo che mi sta particolarmente a
cuore. Quel progetto verrà portato a termine con tutti i crismi
del caso, nulla dovrà andare storto è un appunto che ho
inciso non solo nella mente, ma nel cuore. Mentre medito su questo un
lieve bussare alla porta annuncia l'arrivo di Mizuki.
“Avanti” dico in
tono deciso, porterà altri tabulati da studiare e qualche
lettera da firmare, come al solito, penso osservando la figura
slanciata e sicura della mia assistente mentre si avvicina alla
scrivania di rovere, dal piano in vetro temperato, per posare
ciò che aspettavo ma invero ha da dirmi qualcosa, lo deduco dal
modo con il quale mi rivolge lo sguardo. Un mio lieve cenno del capo e
lei inizia a parlare, ormai sono anni che collaboriamo e abbiamo
imparato a comunicare più con i gesti che con le parole.
”Mi scusi ma ci sarebbe
da definire ancora qualche dettaglio, mi riferisco ai
“presenti” natalizi per i partner e la clientela più
fidata. Ho provveduto agli omaggi abituali seguendo nel dettaglio le
sue istruzioni ma è rimasto un regalo del quale dovrebbe
occuparsi personalmente, se posso permettermi” la sento esordire
con quel suo tono pacato e professionale. Inarco per un attimo un
sopracciglio mentre studio gli oggetti che mi mostra approvando per
ciascuno di essi con un cenno della mano. E' da anni che per tradizione
omaggiamo staff e partner con ricercate agende di pelle serigrafate in
oro o argento, accompagnate da raffinate stilografiche a tema, e Mizuki
ha seguito alla lettera le mie istruzioni. Anche i bouquets floreali
sono sicuramente in linea con lo stile Daito Production, mi
sorprenderei del contrario. Quello che non capisco, tuttavia, è
il suo riferimento al regalo personale.
“Non è giornata
di indovinelli, Mizuki. Sia più chiara a quale regalo fa
riferimento?” chiedo pertanto, un po' contrariato, pronto a
rimettermi al lavoro quando ciò che esce dalle sue labbra mi
gela sul posto, non me lo aspettavo.
Un sorriso lieve, e saputo, è comparso sul volto della mia segretaria mentre seraficamente mi risponde.
“E' il primo Natale che
trascorre con Maya, Sig. Masumi. Non pensa sia il caso che del regalo,
questa volta, se ne occupi direttamente lei?”.
Sgrano gli occhi sgomento,
voltando di scatto la testa. *Maya* penso, mentre quel semplice nome ha
il potere di riscaldarmi il cuore e trascinarmi fuori da me stesso, da
quell'ufficio, e catapultarmi con la mente e l'anima alla ricerca
dell'altra parte di me. Mi rendo conto, all'improvviso, di essere
arrossito come un liceale al primo appuntamento e la cosa mi irrita
enormemente. Schiarendomi la voce, con un leggero colpo di tosse
imbarazzato lo riconosco, torno a fissare lo sguardo falsamente
imperturbabile di Mizuki. A volte vorrei che non fosse così
dannatamente perspicace e ficcanaso.
“Non me se sono
scordato, me ne occuperò nei prossimi giorni” bofonchio
per chiudere in fretta l'argomento salvo sbiancare in volto alla risata
divertita della donna che mi ricorda, con non-chalance “Meglio
che si sbrighi allora, qualora se ne fosse scordato oggi è il
ventiquattro dicembre” prima di profondersi in un inchino e
dileguarsi oltre la porta lasciandomi solo.
*La Vigilia di Natale?* Penso
attonito. Stasera dobbiamo incontrarci ed io non ho uno straccio di
regalo da portarle. Improvvisamente sono assalito dall'ansia. Sei il
solito maldestro Masumi, anche adesso avrei la tentazione di chiedere a
Mizuki di trarmi d'impaccio ma ha ragione, questa volta spetta a me.
Maledizione, è il primo Natale che trascorreremo insieme, la
prima occasione anche per festeggiare il primo mese insieme anche se in
realtà in questo lasso di tempo non abbiamo avuto realmente
tempo per noi. Che fare? Non ho la più pallida idea di cosa si
possa regalare ad una donna, o cielo non sono così imbranato ma
Maya è ...così speciale che un gioiello la sminuirebbe.
Lei è già un gioiello perfetto e preziosissimo, nulla
reggerebbe il confronto. Un mazzo di fiori sarebbe di una
banalità ridicola. Che cosa diamine potrei regalarle allora? Una
cena raffinata? No, non è da lei e poi già mi ha chiesto
di festeggiare in casa, con semplicità. Ma poi Masumi come pensi
a Natale di cavartela con un regalo che puoi farle tutto l'anno? Deve
essere qualcosa di significativo, di speciale, il punto è che
sei un imbranato patentato al riguardo. Mi gratto la testa nervoso
mentre mi alzo in piedi a guardare fuori dall'ampia vetrata, il mio
pensatoio preferito. Il mio sguardo si perde sul multicolore dedalo di
strade che da quell'altezza si riesce a intravvedere tra i palazzi
più bassi. Il cielo è plumbeo, e forse nevicherà,
manco mi sono accorto dell'atmosfera che aleggia nell'aria. Eh,
già, come potrei. Non mi sono mai lasciato trascinare da niente
che non fosse il lavoro, solo Maya sa tirarmi fuori dal guscio. Il
ricordo di quel pomeriggio ad Izu mi assale portandomi un'ondata di
calore misto a desiderio. La “mia” Maya, finalmente posso
dirlo a discapito di tutto e di tutti. Ma che ci sto a fare ancora qui
in ufficio? Scosso da quelle sensazioni e pensieri osservo l'orologio
da polso.
“Non c'è tempo,
maledizione. Devo darmi una mossa” borbotto spegnendo con gesto
brusco il computer mentre con la mancina raccolgo il cappotto
fiondandomi fuori dall'ufficio. Con falcata ampia e nervosa percorro il
corridoio fermandomi, per un breve istante, alla scrivania di Mizuki
che mi osserva con quello sguardo saputo celato dietro le lenti.
“Esco, annulli tutti i
miei appuntamenti della giornata, può darsi che torni in ufficio
più tardi se così non fosse ci vediamo al ricevimento
della Daito di domani sera” dico in tono fermo e di comando, il
solito che uso sempre ma so già che lei ha smascherato tutti i
miei piani anzi mi ha sicuramente prevenuto.
“Già fatto, li ho
spostati alla prossima settimana” risponde infatti tranquilla e
per un attimo mi domando se devo scalarle lo stipendio per quella sua
dannata mai di impicciarsi della mia vita privata o farle un monumento
perché, insieme ad Hijiri, mi ha fatto per anni da coscienza.
Decido che è meglio lasciare perdere e mi infilo, in silenzio,
nell'ascensore. Di fatto dove sto andando non lo so manco io ma
sicuramente al più rinomato centro commerciale di Tokyo
troverò qualcosa che fa al caso mio.
Profumo di cioccolato caldo si
spande nell'aria mentre le risate di Mina e Sayaka mi scaldano il
cuore. Com'è bello essere così pienamente felici. A volte
ho talmente paura che sia un sogno dal quale, drammaticamente,
dovrò svegliarmi che mi do' dei pizzicotti sul braccio sino a
lasciarmi i lividi ma così non è. La vita mi ha portato
via molte cose, non ultima gli affetti più cari tra malintesi e
tragiche fatalità, ma mi ha anche donato molto e la cosa
più grande è quell'uomo che per così tanto tempo
ho odiato senza realizzare che, in fondo, odio e amore sono realmente
due facce della stessa medaglia. Sono stata cieca per lungo tempo ma
per fortuna ora mi sento pienamente felice. Il mio cuore è colmo
di gioia all'idea che questa sera ci rivedremo, che potremo stare
insieme come non accade da Izu. Il rossore, al ricordo, mi imporpora le
gote mentre con aria totalmente assente, del resto è tipicamente
mio distrarmi per un nonnulla, guardo le luminarie dalla vetrata del
bar.
“Sempre con la testa tra le nuvole Maya, a cosa stavi pensando adesso?” mi chiede Mina riportandomi al presente.
“Uhm, eh. Ecco...”
oddio non sono sicura di voler dire esattamente a “cosa”
stavo pensando e neanche a chi ma il rossore che mi incendia il viso mi
sa che è più eloquente di mille parole. La risata
divertita di Rei un po' mi offende, tanto che metto su un broncio ben
poco femminile, mentre la sento dire.
“Sicuramente sta
pensando a LUI” calcando di proposito sul pronome personale,
palesando impliciti sottintesi. Vorrei quasi picchiarla, quando ci si
mette sa davvero essere esasperante.
“Insomma, la volete
smettere?” provo a dire con un tono che vuole essere perentorio
ma esce, con mio vivido disappunto, debole e impacciato dalle mie
labbra. All'ennesimo scoppio di risa rispondo come sempre, in fondo
è questa la mia natura più vera, con una linguaccia da
scolaretta impertinente prima di scoppiare a ridere a mia volta, sono
troppo felice per poter restare arrabbiata con qualcuno per più
di due secondi.
“A parte gli scherzi,
che cosa gli hai comprato Maya? Su dai, a noi puoi dirlo” chiede
in quel momento Rei ed io mi ritrovo a fissarla con la bocca aperta, il
cucchiaino a mezz'aria e gli occhi dilatati dalla confusione. Regalo?
Panico allo stato puro mi assale. Ma come ho fatto, non gli ho comprato
niente e stasera verrà a festeggiare il Natale da me. Preda
della frenesia improvvisa balzo in piedi, urtando in tal modo contro il
bordo del tavolo facendo traballare pericolosamente le tazzine ivi
posate. La mano destra alla bocca fisso attonita le mie amiche.
“Santo cielo, me ne sono
scordata. Con le prove per la rappresentazione mi sono totalmente
dimenticata del regalo” balbetto mentre loro, che dovrebbero
essermi amiche ma alle volte sanno essere veramente perfide, ridono
ancora più forte. Alla fine è Rei, evidentemente per
pietà verso di me, che mi invita a sedermi e a parlarne con
calma.
“Tranquilla Maya
c'è ancora tempo. Qui attorno è pieno di negozi è
sufficiente che decidi cosa comprare” prova a suggerire ed io lo
so che ha ragione ma il problema è che non ho la più
pallida idea del regalo da fare. Cosa si può regalare ad un uomo
come Masumi abituato ad avere, di fatto, tutto?
Trascorre una buona mezzora di
suggerimenti più disparati. Da una cravatta a dei gemelli per lo
smoking proposti da Mina all'accendino proposto da Rei visto che
è noto come il Presidente della Daito sia un fumatore incallito.
Uff, come si vede che non lo conoscono bene, sta pure cercando di
smettere di fumare figuriamoci se penso di regalargli un accendino.
Scuotendo il capo, facendo oscillare i miei lunghi capelli castani,
scarto immediatamente l'idea. Anche i gemelli non fanno per me. Io,
cioé, insomma non so che gusti possa avere al riguardo e mi
sembra un oggetto così … freddo, sì privo di
calore tanto che scarto anche quello. Niente da fare sono punto e a
capo. Quando pensavo che fosse il donatore di rose, cielo che imbarazzo
a pensarci ora, gli ho regalato un plaid una banalissima coperta per
tenerlo caldo. Sconsolata abbasso le spalle in segno di resa, sono
proprio una frana.
“Andiamo, animo Maya.
Facciamo così, noi ora ce ne andiamo e ti lasciamo da sola
così puoi riflettere con calma” mi dice Rei gettandomi
nello sconforto totale, fantastico se mi lasciano in balia di me stessa
compirò un mezzo disastro, come al solito. Il mio sguardo
supplichevole potrebbe sgelare il più freddo iceberg ma non
smuove di un millimetro la mia più cara amica.
“Pensa solo a questo. A
Masumi non importerà del regalo, importerà il fatto che
viene da te. Qualsiasi cosa andrà bene. Siamo a Natale, in
questo periodo ci si regala qualcosa che riscaldi il cuore, che abbia
un significato particolare, qualcosa che possa pur se semplice dire
ciò che provi per lui. Pensa a questo e sono sicura che troverai
esattamente quello che cerchi”.
La guardo sbattendo le
palpebre, confusa, per un attimo prima di annuire brevemente mentre le
vedo andare alla cassa, pagare ed uscire dal locale lasciandomi, di
fatto, sola.
*Qualcosa di speciale, non
importa cosa ma purché abbia un significato* penso mentre mi
giro a fissare la strada ingombra di passanti e festoni colorati. Forse
ho un'idea, è più simbolica che altro ma so che lui
capirà. Forse. Con maggior animo mi alzo in piedi e pago il
conto a mia volta tuffandomi nella folla, in fondo è pieno di
negozi magari guardando le vetrine troverò qualcosa che ritengo
adatto all'occasione.
Masumi Hayami alle prese con
lo shopping in un centro commerciale. La notorietà è
un'arma a doppio taglio. Mi sento un perfetto idiota mentre sto qui a
parlare con una commessa che mi guarda come se fossi un marziano mentre
sento gli occhi della gente “perforarmi” la schiena. Al
diavolo, che c'è di strano non è pensabile che il
Presidente della Daito Art Production possa fare acquisti in un negozio
come un comune mortale? Il disagio che provo non mi piace e pertanto
ricorro alla solito, latente, cinismo che per tutti questi anni mi ha
accompagnato come un fedelissimo custode. Con cortesia affettata
liquido il rossore della tipa per arrivare al sodo. Sono entrato in
quella boutique sperando che fossero le esperte venditrici a sapermi
indirizzare nell'acquisto ma mi rendo conto, dopo dieci minuti, che
l'unica cosa che interessa loro è quella di appiopparmi l'abito
o la borsa con il maggior numero di zeri sul cartellino. Mi viene da
ridere, tutto sommato le hanno istruite bene potrei quasi prenderle nel
mio staff. Alla fine lascio il negozio con un pugno di mosche in mano e
con l'orologio che segna, inclemente, lo scorrere del tempo. Sono
già stato in quel luogo altre volte, per lavoro a dire il vero,
visto che ospita un nostro cinema multisala al terzo piano ma non mi
sono mai soffermato “realmente” a considerare tutto
ciò che mi circondava. Nell'ampio giardino interno ci sono donne
con bambini in carrozzina con ai loro piedi decine di sacchetti
multicolore dall'unico tema dominante: il rosso ed oro con la scritta
“Merry Christmas” retaggio dell'occidentale consumismo che
ormai ha freneticamente preso piede anche nel nostro paese. Sto per
accendermi una sigaretta quando mi rammento all'istante il disappunto
di Maya al riguardo. Invero sta cercando di farmi perdere il vizio,
ignorando che a fomentarlo con il continuo e perpetuo stress, per anni,
è stata proprio lei. Scuoto il capo con ironia mentre ripongo il
pacchetto nel taschino interno del cappotto.
*Datti una mossa Masumi, devi
trovare un regalo entro sera* e sia mai che manco ad un obiettivo che
mi sono prefisso. Serrando la mascella mi avvio lungo il corridoio
centrale, alle cui ali si dipanano diversi altri percorsi dai nomi
più fantasiosi e tutto è un'esaltazione di luci, di
stelle e abeti addobbati, persino la musica che esce dagli altoparlanti
è stridente, in un primo tempo, alle mie orecchie. Non riconosco
Tokyo oggi. La folla che si accalca davanti alle vetrine mi palesa che
non sono l'unico frettoloso ritardatario. Passo davanti ad un negozio
di scarpe ma scarto l'idea. E' Mizuki quella che conosce tutto su di
lei, misure comprese. Potrei tirare fuori il cellulare e darle uno
squillo ma scarto subito l'eventualità. Per carità, ci
manca solo quello. Il negozio successivo è una rifornitissima
libreria, chi lo sa forse è il regalo giusto per lei. Entro
dentro, con passo un po' incerto, poco convinto. Gli scaffali sono
ingombri di libri dall'ultimo bestseller ai saggi di filosofia e
ovunque c'è un scintillare di festoni e vischio. Forse un bel
libro sul teatro potrebbe piacerle penso districandomi tra la calca per
raggiungere la sezione artistica ma alla fine mi arrendo all'evidenza
che non ha niente di speciale. Un regalo che fa un amico non un
compagno, non è da me. Quello è il punto, sto cercando
nel modo sbagliato. Sgrano gli occhi mentre acquisisco questa nuova
consapevolezza. Sono sempre stato talmente abituato, per opportunismo,
a cercare di soddisfare le aspettative degli altri da non aver mai
pensato a cosa realmente interessasse a me. Non sento il Natale, non lo
capisco, e questo ha un ché di triste. Sono sicuro che Maya
invece sarà immersa in quest'atmosfera che in me invece scorre
sulla pelle come brezza indifferente. Come può un uomo che ha
perso l'infanzia nell'odio e nel risentimento di un cuore creduto arido
e distante comprendere un'atmosfera giocosa, allegra e carica di
desiderio di comunanza? In quel momento una voce mi distrae dai miei
poco edificanti pensieri. Un po' confuso mi volto alla mia destra ma
vedo il nulla salvo comprendere che devo abbassare lo sguardo su un
ragazzino che mi arriva a malapena ai fianchi.
“Mi scusi signore, per
favore può prendermi quel libro marrone sullo scaffale? Quello
grosso” mi chiede con voce esitante ma speranzosa. Attonito
dirigo lo sguardo nella direzione indicata e comprendo perché
abbia scelto me. Il libro tanto desiderato è posto proprio sullo
scaffale più alto. Con un mezzo sorriso acconsento, senza il
minimo sforzo, chinandomi poi per consegnarglielo.
“Tieni, è per
te?” gli chiedo giusto per spezzare lo strano imbarazzo che mi ha
colto. Lo vedo negare con decisione prima di chinare il capo in un
profondo inchino che tanto mi ricorda la “mia” ragazzina.
“No, è per mia
mamma. So che le piace tanto, è da mesi che metto da parte la
paghetta per poterglielo regalare. Grazie mille signore” dice
spiazzandomi con la sua ingenua semplicità. In un istante sono
altrove, ad un Natale di tanti anni fa che avevo chiuso nei meandri del
cuore e della memoria. A quella mancia del giardiniere custodita per
mesi per quella sciarpa calda che regalai alla donna che
sacrificò se stessa per me e per il mio futuro. *Madre* riesco a
pensare con una fitta di dolore in mezzo al petto.
“Si sente bene, signore?” mi sento chiedere dal ragazzino e in tal modo torno al presente.
“Sì. Tutto bene.
Vieni, ti accompagno alla cassa qui dentro si soffoca” rispondo
ed è vero, in parte per il ricordo che mi ha assalito ed in
parte per la calca mi ritrovo a disagio. Io in realtà non ho
fatto acquisti, potrei uscire facilmente, ma improvvisamente voglio
essere certo che lui abbia i soldi sufficienti per il suo prezioso
regalo. Un po' come se tramite lui potessi farne uno anch'io al ricordo
del mio passato. Quando esco dalla libreria ho in cuore qualcosa di
diverso. Quel bambino ha fatto riemergere in me il ragazzino che sono
stato e l'ansia con la quale attendevo questa festa per poter
dimostrare con qualcosa che avevo creato, o che mi ero guadagnato, il
mio affetto per lei. Ecco cosa mi manca. Lo “spirito” del
Natale che pervade un fanciullo, lo stesso che sicuramente pervade
l'animo folletto di Maya, della rosa perfetta che io amo. Finalmente
ora so cosa cercare.
*Che meraviglia!* penso
estasiata, mentre gli occhi scuri scintillano riflettendo il blu,
rosso, oro e argento delle luci che ricoprono la volta dell'atrio
principale che sto percorrendo. L'atmosfera del Natale mi è
sempre piaciuta perché mi permette di fantasticare e sognare un
po', con tutti i suoi colori e i suoi significati inespressi, quasi
quanto l'arcobaleno che vivo sul palcoscenico. Sono due cose diverse,
lo so, ma è ciò che si “respira” che mi piace
tanto. Con il cuore leggero iniziò a curiosare tra le vetrine
dei vari negozi, per altro cosa non del tutto semplice visto che la mia
non stratosferica statura mi impedisce spesso di intravvedere nella
massa.
“Permesso” ripeto
in tono più alto mentre cerco di raggiungere la vetrata di una
boutique per uomo intravvedendo completi di raffinata eleganza, giacca
pantalone, pensando che tutti sarebbero perfetti se indossati da Masumi
ma tanto so già che non è quello che voglio comprare.
Cerco di farmi largo tra la gente per poter raggiungere il reparto
pelletteria e dare un'occhiata ai portafogli. Regalo banale ma almeno
è qualcosa sul quale posso andare sul sicuro, visto che basta
possa contenere carte di credito e yen e poi per uomo non dovrebbero
essercene di così tanti tipi da confondermi... Dieci minuti dopo
fisso perplessa un campionario talmente variegato da domandarmi se non
abbia sbagliato reparto eppure sono effettivamente articoli da uomo.
“Santo cielo”
bisbiglio super confusa commettendo l'errore di chiedere un consiglio.
Appena mi scappa, nella mia esasperante ingenuità, di dire che
è per un uomo che di fatto ha tutto partono dal presupposto che
ho un sacco di soldi da spendere, per fortuna che quanto meno non sono
spendacciona e il buon senso mi porta a uscire dal negozio a gambe
levate. A questo punto, però, non so proprio cosa comprare. Come
un'automa salgo sulla scala mobile mentre cerco di riordinare le idee,
mai le avessi avute chiare, accidenti.
*E adesso cosa posso
regalarti?* penso sconfortata. Uffa, tutto perché ho atteso
l'ultimo momento e ora preda dell'affanno non so come arrangiarmi. Cosa
può piacere a Masumi? Sì, perché a questo punto mi
viene in mente solo questo ma nonostante lo conosca da più di
otto anni debbo ammettere, a malincuore, con me stessa che so veramente
molto poco di lui. Oh, beh! Sì, insomma ora stiamo insieme ma un
mese solo non colma tutto, ci vuole tempo. Mi porto nervosamente un
dito alla bocca, mordicchiandolo, mentre arrivo al piano superiore e
finisco dritta davanti al grosso pannello con la planimetria
dell'intero edificio e la locazione dei vari negozi. Mentre rimango
lì davanti, impalata, e totalmente indecisa sul da farsi il mio
occhio distratto cade su un nome che accende, da qualche parte, un
ricordo che penso di dover fare mio perché importante.
“Ma certo!”
esultò, all'improvviso, ad alta voce arrossendo immediatamente
quando mi accorgo, in tal modo, di avere attirato l'attenzione di
qualche passante. Chinando il capo mortificata mi allontano di qualche
passo nella direzione indicata dalla piantina. Non dovrebbe essere
difficile raggiungere la mia meta, o meglio non lo sarebbe se non mi
chiamassi Maya Kitajima e se l'imbranataggine non fosse il mio secondo
mestiere. Voltando il capo a destra e sinistra cerco di orientarmi,
eppure ero convinta di avere preso la direzione giusta. Per mia fortuna
mi imbatto in un “Babbo Natale” che distribuisce dolcetti,
sicuramente uno dei dipendenti del centro, al quale rivolgo con tutto
il mio candore una semplice domanda.
“Mi scusi Babbo Natale, mi sa indicare gentilmente la strada per l' Eye's Stars?”.
Nonostante la barba bianca
posticcia è palese che si tratta di un ragazzo giovane che con
un'espressione un po' perplessa mi indica di voltarmi. Mamma che
figura, c'ero davanti e non me n'ero accorta. Fortuna che Rei e Mina
non sono qui o mi sentire dire il classico “Sei sempre la
solita”. Al colmo dell'imbarazzo ringrazio e mi avventurò
dentro il negozio. Da subito sono sommersa di articoli di ogni genere:
libri specializzati, lenti focali, telescopi di tutte le dimensioni e
soprattutto cartellini dei prezzi con troppi zeri per le mie tasche.
Sto per lasciarmi prendere dalla disperazione quando l'anziano
proprietario mi avvicina e con un sorriso gentile mi chiede cosa sto
cercando.
“Ecco. A dire il vero
non lo so bene nemmeno io” balbetto sinceramente confusa. Sono
andata lì perché è un posto dove si trova di tutto
sulle stelle e so quanto Masumi sia esperto e interessato al riguardo,
però io al contrario sono ignorante del tutto in materia. Quel
poco che so è perché me lo ha insegnato lui.
“Volevo fare un regalo
ad una persona che ama tanto le stelle, sa gli piace vederle in
montagna ma quando non può in un planetario. Ne abbiamo visitato
uno molto bello però non ha mai tempo di andarci” inizio a
dire con spontaneità, sperando che anche questo signore non
tenti di rimbambirmi con suggerimenti che mi confonderanno ancora di
più. Il sorriso gentile sul suo volto non è mutato mentre
mi fa cenno di seguirlo.
“Potrei suggerirle la
scelta di un telescopio amatoriale ma detto in franchezza qui a Tokyo
servono a poco, e vado contro il mio interesse a dirlo visto che li
vendo” esordisce mentre gli occhi castani si illuminano per un
istante di autoironia. Quest'uomo istintivamente mi piace, sento che
non cercherà di propinarmi qualsiasi oggetto a portata di tiro
ma solo qualcosa che realmente possa tornarmi utile. Rammento le parole
di Masumi riguardo le “luci della città” che
impediscono la vista delle stelle e con tutte le luminarie che ci sono
in questi giorni di festa sarebbe ancora più impossibile. Con un
cenno del capo annuisco sperando che possa suggerirmi dell'altro e in
effetti ha in mente qualcosa di speciale.
“Questo” mi dice
indicandomi uno strano oggetto sferico grosso quanto un centro tavola
“E' un piccolo planetario da casa. Le consente di proiettare sul
soffitto della stanza la volta celeste e con molteplici filtri si
possono vedere sino a 120.000 stelle” mi spiega poi
illustrandomelo. Wow, Quello che cercavo, sarebbe perfetto se non
avesse uno zero di troppo. Accidenti costa di meno portare tutta la
compagnia al planetario che comprare quel solo oggetto. La mia
delusione deve trasparire dal volto e dallo sguardo perché mi
pone con delicatezza una mano sulla spalla dicendomi “Ci tiene
tanto a questo regalo vero? Facciamo così, questo non è
l'unico modello. Ne ho un altro che è vero ne mostra qualcuna di
meno ma funziona allo stesso identico modo e soprattutto non costa
troppo” mi suggerisce ridando animo al mio entusiasmo.
“Oh, sì. La
ringrazio” esplodo con spontaneità. Ci mette una decina di
minuti a spiegarmi come funziona e altrettanti a confezionare il pacco
ma non ha importanza. Esco da quel negozio con il regalo stretto al
petto, ora non mi resta che preparare tutto per la serata che mi
aspetta. Al solo pensiero il mio cuore prende a fare le capriole.
*Chissà se alla fine
piacerà a Masumi* penso mentre canticchio, senza rendermene
conto, una versione un po' psichedelica della tradizionale
“Jingle Bells” emergendo all'esterno dell'enorme edificio
notando i fiocchi di neve che cadono giù dal cielo.
*Che bello, la neve* penso mentre mi muovo felice tra la folla che si pone in disciplinata fila all'accesso della metropolitana.
“D'accordo non
sarà questo il regalo che farò a Maya ma creerà un
minimo di atmosfera” mi dico mentre esco da un negozio con una
busta contenente alcune candele rosse attorniate da vischio. Invero
l'idea mi è balenata in testa vedendo l'articolo tra le mani di
una coppietta di ragazzi che si dà agli acquisti sfrenati. Ho
deciso che per Maya voglio qualcosa di speciale, che possa restarle
accanto quando io, per impegni di lavoro, non potrò. Odio il
pensiero di stare lontano da lei ma sono consapevole che i prossimi
mesi saranno cruciali per la sua carriera ed io dovrò occuparmi
di tutto con lo scrupolo metodico di sempre. Eccomi arrivato, mi sento
un po' ridicolo a fare un acquisto del genere, lo ammetto, ma in fondo
so che è una cosa che avrei tanto voluto avere da piccolo e che
mi è sempre stata negata. Se devo lasciarmi trasportare da
quello “spirito”, come ho deciso, non posso agire
altrimenti. Ora sono immobile, come un palo della luce un po' troppo
alto e appariscente in mezzo ad un nugolo di ragazzini con il naso
incollato al vetro dell'esposizione. Arrossisco lievemente, non
è da me ma ultimamente mi accade fin troppo spesso. Dall'altra
parte ad osservarci, più o meno incuriositi, ci sono tanti
cuccioli di cani e gatti infiocchettati a festa. Per un attimo una
sorta di istinto animalista, che non sapevo di possedere, si ribella in
me ma alla fine penso che tutto è consumismo e io per primo ho
fatto dell'apparenza un mestiere. So che voglio regalarle un cucciolo
ma onestamente non so se un cane o un gatto e soprattutto, ora che ho
deciso, sono preso dal timore che lei ne sia allergica e in tal caso il
mio più che un dono sarebbe un flop madornale. Così
rimango lì immobile ad osservare quei musetti, seri e buffi al
contempo, per un buon quarto d'ora. Il più goffo di tutti,
curioso ma un po' maldestro, è un gattino bianco rossiccio dagli
occhi azzurri che tenta, ostinato, di arrampicarsi sulla liscia
superficie verticale del vetro con l'unico risultato di ricadere sempre
all'indietro. A tratti ricorda me, cocciuto anche contro l'evidenza e
nella sua piccola goffaggine anche la mia “ragazzina”. Lo
so che dovrei smettere di pensare a Maya in questi termini, se lo
sapesse si arrabbierebbe molto, ma non posso farci niente. Per quanto
abbia scoperto in lei, ormai, la donna in fiore è stata e sempre
sarà la mia chibi-chan. Mi abbasso all'altezza della gabbietta e
riesco a vedere meglio il batuffolo di pelo. Mi fa tenerezza ed
è sorprendente che, dopo anni di totale atonia sentimentale, io
sia capace di provare qualcosa di simile e tutto grazie a lei. Il
piccolo smette di agitarsi e si mette a fissarmi ed io vedo
l'espressione del mio viso riflessa sul vetro. Un sorriso, che non
sapevo d'avere, illumina i miei tratti. Non c'è dubbio mi sa che
ho fatto la mia scelta.
“D'accordo piccolo, mi
raccomando non farmi fare brutta figura stasera” gli dico
sornione mentre intuisco, più che sentire, il suo miagolio prima
di entrare nel negozio per concludere l'acquisto.
Con uno sguardo nervoso
all'orologio raggiungo il trafficato parcheggio con più pacchi
di quanto mai mi ricordi di averne tenuti in mano, trasportino del
gatto compreso. Sento che è spaventato e cerco di rassicurarlo
tanto che in macchina accendo subito il riscaldamento. Appena uscito
all'aperto mi accorgo, non troppo sorpreso, che candidi fiocchi di neve
cadono dal cielo. Accendo la radio, più che altro per tenere
occupato lui con la musica, qualunque stazione ascolti ci sono canti
natalizi persino un gruppo che ho sotto contratto con una strenna rock
che non ricordavo fosse compresa nel CD in uscita. Sorrido a me stesso.
“Masumi sei vissuto
fuori dal mondo per troppo tempo” mi dico ed è la pura e
semplice verità. La neve, l'ho sempre trovata pura e mi è
sempre piaciuta. Mentre sono fermo al semaforo ricordo quella sera in
cui io e Maya passeggiammo insieme sotto lo stesso ombrello e pensavo
che non avrei mai avuto una chance con lei. Sono passati più di
due anni ma per fortuna... mi sbagliavo. Un salto in albergo giusto per
una doccia e cambiarmi e poi finalmente staremo insieme.
Guardo Rei un po' dubbiosa.
“E se non gli
piacesse?” le chiedo per quella che presumo sia la milionesima
volta. Sì, forse ho anche perso il conto considerando
l'espressione esasperata sul suo viso.
“Maya la vuoi smettere?
Mi stai facendo diventare matta” la sento dire mentre depone sul
tavolo, per l'occasione ricoperto da una tovaglia rossa sgargiante, le
ultime stoviglie. Certo è ceramica comune, niente da cinque
stelle, ma questa è la mia quotidianità e Masumi ha
deciso di condividerla con me così come io sto imparando a
conoscere il “suo” mondo. Mi sono di nuovo persa in
fantasie, tanto che è Rei a darmi la sveglia.
“Non stare lì
impalata, come tuo solito, va a prepararti. Io qui ho finito, metto il
cappotto e raggiungo gli altri e ricordati di togliere il tacchino dal
forno” mi dice a quel punto colei che dovrebbe essere la mia
migliore amica facendomi sobbalzare. O cielo, solo ora mi accorgo che
sono ancora con l'asciugamano trai capelli e la tuta da ginnastica. Che
disastro che sono.
“Volo”
gridò mentre sparisco nella mia camera in preda alla frenesia,
lasciandola a scuotere la testa mentre si domanda se mai mi
ricorderò del timer del forno. In effetti è facile che me
lo scordi dato che la mia mente è ora concentrata su cosa
mettermi. Da quando mi creo questo problema? Beh, da quando ho scoperto
che non voglio mai farlo sfigurare a causa mia.
Quella che era iniziata come
una lieve nevicata ha assunto i contorni di una mini bufera tanto che
sono costretto ad andare piano per evitare di andare a stamparmi contro
qualche guard rail o un palo della luce, non sarebbe proprio il caso.
Non è la prima volta che sono ospite della casa che Maya,
ancora, condivide con l'amica di sempre ma faccio tutt'ora fatica a
sentirmi a mio agio. Ho sempre l'impressione di essere una sorta di
intruso accettato solo per via di lei, perché non si può
negare qualcosa a Maya e tutto sommato non sono il solo a pensarlo. Per
fortuna questa sera saremo soli, una delicatezza dei suoi amici che non
posso che riconoscere e apprezzare. In fondo ho di fatto, per una sera,
sfrattato Rei dalle sue quattro mura. Quella ragazza ha sempre un
impatto positivo su Maya e sono lieto dell'affetto che le dimostra,
privo di calcolo e pertanto merce ancor più rara. Storco la
bocca in un sorriso un po' cinico. Ci sono ricascato, valuto sempre le
persone sul piano dell'utilità e non è il massimo ma
evidentemente sotto certi punti di vista non cambierò mai. Ci
siamo, il quartiere è tranquillo come al solito, in questa zona
della città le luminarie non si sprecano troppo anche se festoni
alle porte si intravvedono anche qui. Mi volto verso il sedile del
passeggero osservando il trasportino. Ho pensato in queste ultime due
ore come risolvere il problema di mantenere intatta la tradizione ma al
contempo non ibernare, lasciandolo in macchina, il mio regalo ed alla
fine ho deciso per una via di mezzo, un espediente invero un po'
teatrale.
“Su vieni, piccolo. E'
ora che tu vada in scena” gli dico, come se realmente potesse
capirmi, sono davvero impazzito. Scendo dalla vettura e sulla coltre
ovattata avanzo sino ai gradini a veranda che conducono all'ingresso.
Sento il profumo di cibo speziato che filtra dalle fessure. In quanto a
coibentazione quell'appartamento non sta messo molto bene. Piantala
Masumi, non sei giunto fin qui per fare le pulci al padrone di casa,
lascia in naftalina per le prossime ore l'uomo d'affari e rammenta che
sei qui per LEI. Prendo un profondo respiro.
“Ora fa il bravo, non
miagolare o mandi all'aria il mio piano” catechizzo serio la
palletta di pelo che tengo celata sotto il cappotto, stretta nella
mano. Non so se abbia capito o semplicemente sia spaventato da quella
novità, tant'è che tace. Bene è ora di bussare
alla porta e sperare che ad aprire sia lei. Rei dovrebbe essersene
già andata via da un pezzo ma vuoi mai che la sfiga che mi ha
perseguitato per anni mi insegua anche questa sera?
“Accidenti, è in
ritardo” bofonchio guardando l'orologio a muro. Nell'angolo
accanto alla televisione c'è uno di quegli alberelli sintetici
cosparso di addobbi fatti con la carta colorata, qualche nastro e
allegre lucine multicolore. I regali che ho ricevuto fin'ora sono sul
pavimento mentre quello per Masumi ho deciso di scartarlo per provare a
fargli una sorpresa diversa. Già, ma lui dov'è? Ogni
cinque minuti guardo fuori dalla finestra, non è che con quella
nevicata non riuscirà a venire vero? Il suono improvviso del
campanello mi fa sobbalzare mentre urlo un “Vado io” che
potrebbe assordare chiunque, me in primis, e soprattutto del tutto
inutile visto che in casa sono da sola ma vabbé. Mi catapulto
letteralmente alla porta e spalanco il battente, facendo entrare
così un piccolo mulinello di neve e un fiotto di aria gelida ma
non mi importa minimamente perché lui è lì e il
mio cuore parte a mille mentre riesco a mormorare solo uno stupidissimo
“Ciao”.
Il sorriso che si apre sul suo
viso mi riscalda l'anima. Come ho potuto pensare di odiarlo? Forse sono
sempre stata attratta da lui fin dall'inizio infatti non saprei
spiegarmi perché, anche quando credevo di detestarlo, finivo
sempre con il cercarlo e stavo veramente male quando mi opponeva il suo
cinismo d'affarista senza scrupoli. Sto qui, come una statua di sale, a
fissarlo e sicuramente avrò pure un sorriso beato ed ebete al
contempo stampato sulle labbra.
“Ciao, Maya. Mi fai
entrare?” lo sento dire dopo qualche istante con quella voce
suadente, sì perché la sua voce è come velluto che
sfiora delicato la pelle. Arrossendo un po' per il lieve appunto, e
soprattutto per la sua vista, mi faccio da parte lasciandolo passare
chiudendo poi la porta alle nostre spalle.
“Scusa, è che ero
preoccupata. Sei in ritardo e non è da te” cerco di
giustificarmi mentre lo invito ad accomodarsi nel soggiorno cercando,
al contempo, con la mano il telecomando del piccolo planetario che ho
mimetizzato, in qualche modo, in mezzo ad un festone a centro tavola.
“Ho trovato più
traffico a causa della neve, niente di che” lo sento dire ma sono
troppo presa dalle mie “manovre” per accorgermi che non ha
ancora levato il cappotto, stranamente solo poggiato sulle spalle, fino
a quando non sento, a corollario della sua risposta, il suono allegro
di un campanellino. Con il telecomando nascosto, in modo un po'
maldestro, dietro la schiena mi giro a fissarlo.
“Hai sentito anche tu
quel suono?” chiedo mentre mi domando da dove possa provenire. Il
suo annuire divertito e la luce calda che attraversa l'iride azzurra
del suo sguardo mi incuriosiscono. Solo all'ultimo noto che ha spostato
il tessuto del costoso cappotto per mostrare cosa cela racchiuso nella
mano.
Oddio! Un batuffolo di pelo
arancione e bianco che mi fissa curioso con i suoi occhi azzurri, a
rivaleggiare con quelli dell'uomo che me lo presenta, mentre il
sonaglino che ha al collo tintinna nuovamente.
“Masumi?!” esclamo allibita e al colmo della gioia andandogli incontro.
“E' per te, Maya. Scusa
se non attendo la mezzanotte ma rischiava di congelare se lo lasciavo
in macchina. Buon Natale” mi dice con dolcezza, anche se
c'è un lampo ansioso nel suo sguardo forse ha paura che non mi
piaccia. Oh, Masumi come potrei non adorarlo? Mi salgono le lacrime
agli occhi, nessuno ha mai pensato di farmi un simile regalo. Nella
smania di prendere il gattino tra le mani lascio cadere il telecomando
che, vuoi per sfiga o forse tempismo eccezionale, casca sul pulsante
d'accensione e sopra di noi compare all'improvviso la beltà
immensa della volta celeste.
“Ops. Sono mortificata,
scusa ho rovinato tutto” mi affretto a dire mentre raccolgo da
terra il telecomando e spengo il proiettore. “Mi spiace tanto,
avevo organizzato le cose per farti una sorpresa ma, al solito, non ci
sono riuscita” mi stringo nelle spalle, ormai il danno è
fatto fortuna che almeno il tacchino, quello, mi sono ricordata di
spegnerlo a tempo debito o saremmo costretti ad uscire per la cena. Il
miao un po' irritato del nuovo inquilino di casa riporta la mia
attenzione su di lui mentre lo prendo tra le braccia, com'è
morbido e caldo. Con un gesto spontaneo chino la guancia a sfiorare il
pelo setoso ricevendo in cambio un delizioso concerto di fusa. Mi
viene, incredibilmente, da piangere anche se non so bene perché.
Sorrido sentendo la sua voce
cristallina gridare e per un attimo temo che Rei sia realmente ancora
in casa ma non avvertendo risposta intuisco che così non
è. Quando si spalanca la porta la vedo fasciata in un vestito di
lanetta che mette in risalto il suo fisico esile ma armonioso con un
ché di sensuale che mi lascia un po' spiazzato. Quel rosso fuoco
sicuramente non è una sua idea, tanto meno il velo di trucco, ma
di Mizuki prima e Rei dopo. Non è tipo da colori appariscenti
Maya anche se ammetto che non mi spiace. La vedo fissarmi con quei suoi
occhioni neri così espressivi e leggervi ora amore
incondizionato è qualcosa che mi fa riconciliare con la vita
ogni giorno di più. Le rivolgo la parola per spezzare un attimo
la strana tensione del silenzio che si è creato, anche
perché temo che il piccolo che tengo in mano possa iniziare a
dimenarsi da un momento all'altro, e lei subito si affretta a farmi
accomodare. L'arredamento dell'abitazione non è certo
paragonabile al lusso al quale sono abituato ma è il calore che
permea quelle quattro pareti che fa la differenza. La vedo rovistare un
po' agitata sul tavolo e raccogliere un oggetto che però non
riesco ad identificare.
*Strano, mi sembra nervosa*
penso immediatamente cercando di capirne la ragione. Ah, ecco forse era
in pensiero per il mio ritardo. Mi affretto a rassicurarla quando la
palla di pelo si agita nella mia mano facendo oscillare in modo
rumoroso il sonaglino attaccato al nastro rosso. Accidenti. Beh, non
è che mi ha completamente mandato a monte la sorpresa, posso
ancora uscirmene con la mia azione teatrale, del resto è un
ambiente che respiro ogni giorno una volta tanto esserne il
protagonista non fa male. Il timore di avere sbagliato in quella scelta
scema immediatamente davanti alla reazione spontanea di lei. Maya non
sa mentire, è genuina in ogni suo gesto e pensiero e anche per
questo l'amo. Mentre le porgo, lieto, il mio regalo accade qualcosa di
anomalo. L'oggetto che aveva nascosto tra le mani cade e
improvvisamente una strana proiezione illumina il soffitto anche se,
con il chiarore della luce, non riesco ad identificare chiaramente di
cosa si tratti. La mia chibi-chan è comunque svelta a spegnere
tutto scusandosi per la sua goffaggine. Quando accosta il viso al pelo
fulvo del gatto mi rendo conto che è per celare le lacrime.
“Maya...” le dico
semplicemente accostandomi a lei, con una mano salgo a sollevarle
dolcemente il mento per poterla guardare negli occhi. “Cosa
doveva sorprendermi?” le chiedo con dolcezza. “Se vuoi esco
e torno dentro un'altra volta” sdrammatizzo poi prendendola
dolcemente in giro e vedo subito quel piccolo lampo ribelle. In otto
anni ho appreso anche fin troppo bene come farla reagire. Mi chino a
sfiorarle le labbra con un bacio mentre il gatto, tra noi due, emette
un miagolio di protesta. La sento sospirare quando lentamente si
allontana da me.
“Chiudi gli occhi”
mi dice ed io sono ben lieto di assecondarla. Pochi istanti e sento il
click dell'interruttore, mentre le palpebre abbassate rilevano il
cambio di luce ora infatti la stanza è al buio. Poco dopo
avverto uno strano ronzio mentre lei, prendendomi la mano, mi sussurra
dolcemente “Ora puoi aprirli”. Con un sorriso
condiscendente acconsento ma non sono pronto a ciò che il mio
sguardo coglie. Sopra di noi ruotano, lentamente, le costellazioni
circumpolari e boreali tanto che Markab di Pegaso mi sembra di poterla
raggiungere semplicemente allungando la mano. Il mio viso, non me ne
rendo conto, tradisce tutto lo stupore per quel piccolo miracolo che mi
cattura e affascina da sempre: il firmamento e la sua immensità.
“Ti piace?” la sento sussurrare timidamente.
“Come?” riesco
solo a chiedere, sforzandomi di abbassare lo sguardo e staccarlo da
quella visione. L'emozione che permea la mia voce è un'eloquente
risposta e riesco a intuire il suo sospiro di sollievo. Infatti
è decisamente più allegra quando si profonde in una
spiegazione.
“Ecco, vedi. Non sapevo
cosa regalarti. Siccome so che hai una grande passione per le stelle
sono andata in un negozio dove avevano di tutto ed ho scoperto che
esistevano dei, come si chiamano, insomma proiettori di stelle da casa.
Non hai mai tempo di andare dove mi hai portata quel giorno così
invece puoi usarlo anche in ufficio se vuoi fare una pausa....”
era partita a ruota libera e quando faceva così era difficile
arrestare il suo entusiasmo. Quello che, tuttavia, lei ignorava era
come quel dono acquisisse per me un significato ancor più
profondo. Le stelle erano sì la mia passione ma anche la mia via
di fuga da una vita che non mi piaceva, non avevo bisogno di loro se
avevo Maya insieme a me ma a modo suo anche lei aveva cercato di
regalarmi qualcosa che mi ricordasse la sua presenza con un solo click.
“Ti amo” le dico
con sincerità profonda come gli abissi del mare. Bastano quei
due vocaboli a bloccare il suo fiume di parole. “Rammenti
là , nella Valle dei Susini, quella notte stellata cosa ti
dissi? Che il mio desiderio era irrealizzabile”. Pronuncio quelle
parole con solennità mentre le tolgo dalle mani il gattino
posandolo, con delicatezza, sul pavimento che esplori placido la casa
io voglio poter abbracciare la donna che amo liberamente. Quando mi
rialzo le poso una mano alla vita attirandola a me. Le sue piccole mani
sfiorano subito il bavero della mia giacca mentre solleva la testa per
potermi vedere negli occhi.
“Si” la sento mormorare.
A quel punto mi chino ad unire
ancora le mie labbra alle sue, questa volta con passione, quella che
troppo spesso ero stato costretto a reprimere e che solo un mese prima
avevo potuto lasciar andare cogliendo il fiore della sua purezza. La
sua risposta, pur se dapprima un po' intimidita, non si fa attendere e
le sue dolci braccia si cingono intorno al mio collo mentre si stringe
a me, cedevole come il fusto di un giglio che si piega alla forza del
vento. Quando sono costretto a prendere fiato, e pertanto ad
interrompere il bacio, le sussurro sfiorandole le guance arrossate.
“Mi sbagliavo. Il mio desiderio … sei tu”. Vedo il
luccichio delle lacrime che ora le inumidiscono i grandi occhi
profondi, so di averla resa felice con quell'affermazione perché
spazza via altri dubbi e incomprensioni rimaste ancora aleggianti tra
di noi. La sento abbracciarmi con tutta la forza del suo amore e posare
il capo, dolcemente, sul mio petto. Ho voglia di lei e non è
solo una reazione fisica è un bisogno ancestrale, che trascende
la razionalità. E' la mia anima che invoca la sua. Con un gesto
fluido mi libero dal suo abbraccio solo per poterla prendere,
dolcemente, tra le braccia mentre cerco il suo “Sì”
nelle iridi che troppo spesso hanno mostrato dolore.
*Perchè mi prendi
sempre in giro?* penso un po' infastidita ma è chiaro che in
realtà vuol darmi l'opportunità di rimediare al pasticcio
che io stessa ho creato. Così di fatto lo obbligo a chiudere gli
occhi mentre spengo la luce e riavvio il modellino di Planetario
domestico e questa volta l'effetto ottico è talmente
sorprendente che per un attimo io stessa rimango incantata ad ammirarlo
prima di ricordarmi che lui attende in pacato silenzio. Quando gli dico
che può guardare il cuore mi si ferma in petto prima di
ripartire in sconclusionato galoppo. Ho solo il coraggio di chiedergli
se il regalo gli piace. Quando mi chiede stordito il “come”
realizzo che ho fatto centro. Felice mi lascio andare in non so nemmeno
io quale discorso, uno di quelli logorroici in qui ogni tanto mi perdo
mentre mi beo dell'espressione cangiante sul suo volto. Un viso privo
di maschere solcato da tante emozioni che si affastellano l'una
sull'altra la cui predominante è: commozione. Mi sento
sciogliere quando mi dice semplicemente quel “Ti amo”.
*Oh, Masumi non sai quanto ti
amo io. Non posso pensare di poter vivere senza l'altra parte della mia
anima, senza te* penso mentre si volta verso di me e mi sottrae il
felino dalle braccia. Un po' confusa lo osservo posarlo a terra e
tornare a cercare il mio sguardo. Che gioia sentire la sua calda mano
attorno al mio corpo. Estasiata mi aggrappo al bavero della sua giacca
mentre aspetto ansiosa quella spiegazione che, sento d'istinto,
sarà vitale per noi due e per consolidare ciò che piano
piano, mattone su mattone, stiamo provando a costruire. Con gioia mista
a desiderio accolgo il suo bacio profondo, fiero e possessivo che mi ha
stordito e conquistato quella lunga notte ad Izu. Tuttavia è il
realizzare che il suo desiderio più grande, quello che mai si
sarebbe avverato, ero io che mi colma il cuore estinguendo antiche
ferite. Rammento bene come prima di lasciare il paese dei Susini io
stessa avessi espresso il desiderio che quello del mio amore non
andasse perduto ed ora so che già da allora le nostre anime
avevano pregato il cielo e la Dea le aveva, alfine, ascoltate.
L'emozione mi sale agli occhi come pioggia di rugiada e, stringendo
forte il tessuto costoso della giacca, lo abbraccio con foga posando
poi il capo sul suo ampio petto. Non dice niente, ma il suo silenzio
è eloquente poiché sono le nostre anime a parlare per
noi. Chiudo gli occhi offrendogli le labbra, è la mia resa prima
della felicità completa.
Il tempo scorre mentre la neve
candida continua a scendere dal cielo. Zampine gioiose tentano di
afferrare puntini luminosi sospesi in un cielo nero dipinto tra il
lampadario e gli scaffali alti della cucina. Sparsi intorno, sul
pavimento, giacciono disordinatamente i nostri abiti: una candida
camicia, dei collant e una cinta da uomo. I nostri sussurri nella
quiete ovattata della notte si spandono quando ci fondiamo l'uno
nell'altra tra tiepidi sospiri ed io riesco solo a mormorare dolcemente
“Buon Natale, Masumi” strappandogli il può sensuale
dei sorrisi.
Il suo gesto d'abbandono mi
affascina mentre il sangue inizia a scorrere prepotente nelle vene. Con
delicatezza l'adagio sul divano prima di iniziare ad esplorare il suo
corpo ormai maturo e sensuale. Con lentezza esasperante scopro ogni
centimetro della sua pelle mentre i nostri vestiti finiscono sul
tappeto e molto presto anche l'unico testimone indiscreto ha troppo da
fare per curarsi di noi e della nostra felicità. Quando,
dolcemente, lei sussurra al mio orecchio quelle parole non posso fare a
meno di sorridere mentre penso con sincerità assoluta *Non
sbagli Maya, il mio Natale sei tu*.
- FINE -