Dragonball, Dragonball Z,
Dragonball GT, Bulma, Vegeta e tutti gli altri personaggi sono proprietà di
Akira Toriyama, Bird Studio e Toei Animation.
Questa fanfiction è stata crata senza fini di lucro, per il
puro piacere di farlo e per quanti vorranno leggerla.
Nessuna violazione del copyright si riene, pertanto,
intesa…
Rintocchi
di mezzanotte
By Aresian
Perché diamine i terrestri dovevano inventarsi delle assurde feste, per i più futili e insensati motivi, non lo avrebbe mai capito.
Il Natale già era un concetto che gli risultava strano. Per non
parlare poi della festa di San Silvestro. Che diamine aveva di speciale il 31
dicembre? Bulma aveva tentanto di inculcargli in testa l’importanza enorme di
tale evento, ma lui se ne era sempre letteralmente fregato. Dulcis in fundo
ecco che spuntava poi quella nuova “mascherata”. Perché questo era Halloween.
Niente di più. Bhè. A conti fatti il segreto stava proprio nel travestirsi e
impersonare un’altra persona per qualche ora. A che pro, gli era del tutto
oscuro. Quello che sapeva per certo era che detestava tutte quelle,
stramaledette, tradizioni terrestri.
Anche quell’anno, il 31 ottobre era alle porte e la Capsule Corporation si sarebbe
riempita, come sempre, di gente chiassosa e rompiscatole.
In casa fervevano già i preparativi. La prima notte di Halloween
dacchè Kaharoth se n’era andato su un’isola ad allenare la reincarnazione di
Majinbu.
“Vegeta. Parteciperai anche tu alla festa che sto organizzando,
vero?” chiese Bulma mentre, con indosso una raffinata camicia da notte, si
accoccolava sotto le coperte, cercando lo sguardo d’ossidiana del marito, in
piedi, accanto al letto, intento a svestirsi per la notte.
“Mi pare di essere stato chiaro. Detesto queste feste e in special
modo dovermi travestire comeun pagliaccio. Scordatelo” borbottò contrariato il
saiyan.
Bulma non si arrese innanzi a quel rifiuto. Sapeva perfettamente
come farlo capitolare.
“Mica sei obbligato a travestirti, se non ti va. A me basta che vi
prendi parte. E poi… ci sarà un sacco da mangiare” puntualizzò placidamente.
Meglio non informarlo del ruolo speciale che aveva intezione di rifilargli o
sarebbe scappato dalla finestra, a gambe levate.
Vegeta si tolse il maglione, mettendo in mostra il bronzeo torace
muscoloso. Una vista che, come sempre, non mancò di turbarla. Quel fisico
scultoreo pareva non soffrire il trascorrere del tempo. Mentre lei doveva
ricorrere sempre più spesso alle cure dell’estetista, Vegeta a malapena si
faceva la barba. Sensa contare che non un solo capello grigio era spuntato
sulla sua bizzarra capigliatura.
“Questa volta non ci casco, Bulma. La notte di Halloween, o come
diamine la chiamate, la trascorrerò ad allenarmi. Come sempre” ribattè dopo un
attimo l’uomo, infilandosi sotto
le coperte.
“Peccato. Avevo invitato anche Goku. Vorrà dire che ti perderai
l’occasione di incontrarlo” buttò lì Bulma, in tono dispiaciuto.
“Kaharoth?!”.
^Bingo. Al solito ho fatto centro. Basta nominare Goku che
l’interesse di Vegeta sale alle stelle^ pensò la donna, intimamente
compiaciuta.
“In questo caso, potrei farci una capatina, ma niente di più”
concesse alla fine il saiyan, ignorando la luce vittoriosa apparsa negli occhi
della moglie. “Comunque” precisò, girandosi verso di lei e imprigionandola
contro il proprio corpo muscoloso “Dovrai pagare pegno”.
Il tono del saiyan era divenuto basso e sensuale, mentre con le
labbra le sfiorava il lobo dell’orecchio, solleticandolo. Bhè, se quello era il
pegno… ne avrebbe pagati anche cento…..
“Trunks. Tesoro, potresti portare queste zucche in soggiorno?”
chiese Bulma, una settimana dopo, mentre si affacendava ad addobbare la casa
per l’imminente festa in maschera.
“Subito mamma” si affrettò a rispondere il giovane. Era felice per
quella serata che, si prospettava come una piacevole rimpatriata. Aveva, di
comune accordo con Goten, rinunciato ad una festa organizzata dalla Facoltà per
partecipare a quel ritrovo di guerrieri. In effetti la prospettiva del ritorno
di Goku aveva elettrizzato un po’ tutti..
“Mammina. Quando andiamo a prendere il mio costume?” si intromise,
improvvisamente, la squillante voce di una bambina.
La donna si volse ad incrociare un visino che era la fotocopia, in
miniatura del suo. Bra, la sua secondo genita avrebbe, per la prima volta,
preso parte attiva alla Festa di Halloween ed era a dir poco eccitata all’idea.
Per l’occasione le aveva comprato un delizioso costume da fatina, che
enfatizzava la sua infantile e delicata bellezza.
“Tra poco tesoro. Perché intanto non vai a chiamare tuo padre?” le
suggerì dolcemente.
Annuendo, la piccola scomparve rapidamente oltre la porta. Adesso
veniva la fase più complicata del suo piano. Doveva trovare il modo per
incastrare, definitivamente, Vegeta. Era ora che si degnasse di passare un po’
di tempo con la piccola, e quella serata era l’occasione giusta.
“Trunks, io vado a cambiarmi. Ti spiace finire tu?” chiese rivolta
al figlio che le sorrise di rimando.
“Niente affatto. Ma debbo cambiarmi anch’io. Così rischio di fare
tardi” ribattè comunque, vagamente preoccupato.
“Tranquillo, non ci metto molto. A proposito. Che costume ti sei
comprato quest’anno?” chiese incuriosita.
“Niente di speciale. Sai, io e Goten abbiamo deciso di travestirci
da Drakula”.
“Ma non è lo stesso travestimento dell’anno scorso?” domandò Bulma
sopresa. Possibile che non gli fosse venuto in mente niente di meglio?
Trunks, stranamente, arrossì imbarazzato. Aspetta un attimo. Vuoi
vedere che non cambiavano travestimento per un motivo ben preciso.
“Lasciami indovinare. Così vestiti avete fatto più conquiste del
solito e ci volete riprovare… giusto?” concluse sorniona, sorridendo poi
apertamente all’espressione confusa, apparsa sul volto del figlio.
“Lascia perdere, Trunks. Non cercare giustificazioni, tanto non me
le berrei. Io vado, ci vediamo dopo”.
Mentre si avviava verso al propria camera da letto, incrociò la
figlia che tornava dalla Gravity Room.
“Tuo padre non viene?” chiese un po’ perplessa.
“Ha detto che faceva una doccia e ci raggiungeva. Mammina, mi
spieghi un’altra volta che cos’è la Festa di Halloween?”.
“D’accordo. Ma in tanto indossiamo il costume” accettò di buon
grado la donna, prendendo in braccio la figlia ed avviandosi verso la cameretta
della piccola.
“Vedi, Bra. Halloween è un modo per esorcizzare quello che ci fa
più paura” disse infilandole il vestitino, sistemando delicatamente i voulants
della gonnellina.
“Di solito quello che ci spaventa di più sono i fantasmi, gli
spiriti, le streghe, tutto quello che non comprendiamo. Travestendoci in modo
da somigliare loro, si cerca di capirli e sembrare come loro così non ci fanno
più paura” concluse poi rimirando la figlioletta, davvero deliziosa con il
vestitino azzurro da fata. Non pareva avere compreso molto il suo discorso, ma
sembrava soddisfatta perché aveva ottenuto una risposta.
“Adesso corri da basso ad aiutare tuo fratello. Io mi cambio un
attimo e vi raggiungo”.
“Va bene, mamma” e detto questo era già scomparsa. Non avrebbe,
probabilmente, mai perso il vizio di correre a rotta di collo per i corridoi di
casa.
Ancora sorridendo divertita, Bulma si avviò verso la sua camera.
Come aveva sospettato era deserta. Verosimilmente, Vegeta stava utilizzando la
doccia del GT. Meglio avrebbe avuto tutto il tempo di prepararsi con comodo.
Poiché sapeva che la serata sarebbe stata lunga, aveva optato per
un rigenerante bagno colmo di schiuma e sali dalle essenze profumate di
mughetto. Con un sospiro beato, appoggiò la testa sul fredda ceramica della vasca,
chiudendo gli occhi. Eppure lei ci credeva sul serio a quello che aveva detto
alla figlia. Era fermamente convinta che Halloween fosse il modo, con il quale
gli uomini esorcizzavano le loro paure più ataviche. Le venne da pensare che
forse aveva comprato, per anni, il costume sbagliato. Avrebbe non tanto dovuto
usare quello da strega, semplicemente truccarsi come una vecchia di novant’anni
e avrebbe esorcizzato la sua paura più grande, invecchiare.
All’improvviso la porta del bagno si aprì, facendola trasalire
violentemente.
“Vegeta!!!! Ma sei matto? Mi hai fatto prendere un colpo” lo
aggredì furiosa, mentre il cuore, impazzito per lo spavento, tornava lentamente
ad un ritmo normale.
Il saiyan le lanciò un’occhiata in tralice, lasciando scorrere gli
occhi sul suo corpo d’avorio, delicatamente coperto da un soffice strato di
schiuma rosa.
“Se non avessi la testa tra le nuvole, come al solito, ti saresti
accorta che stavo entrando, visto che ti ho chiamata” ribattè prontamente,
togliendosi la tuta da combattimento e infilandosi, con fare indolente nella
vasca….
“Ma… che stai facendo?” gli chiese sorpresa, avvertendo
immediatamente il calore del suo corpo, e le sue gambe intrecciarsi alle
proprie.
“Non ti sembra ovvio? Mi sto lavando” disse con il solito sorriso
beffardo stampato sulle labbra.
Bulma lo osservò in silenzio, rilassandosi. Vegeta, Principe dei
Saiyan, che aveva rubato il suo cuore, contro ogni razionale logica, era forse
l’essere vivente che più aveva bisogno di esorcizzare se stesso e il proprio
passato. Anche se sospettava che un costume da Freezer non sarebbe stato
neanche lontanamente un pagliativo per le profonde cicatrici che gli solcavano
l’anima. Peccato che per lui, neanche cento Halloween sarebbero serviti a
qualcosa.
Non riuscendo a restare in silenzio, lo stuzzicò chiedendogli..
“Ti ho mai spiegato perché noi terrestri festeggiamo Halloween?”.
Il saiyan, che aveva iniziato a lavarsi il petto, si fermò
all’istante, incrociando il suo sguardo di zaffiro.
“Almeno un centinaio di volte, ma in tutta franchezza. Non ti ho
mai scoltato” ribattè dopo un attimo, riprendendo a lavarsi.
Bulma proseguì imperterrita, come se lui non avesse risposto.
“Sai, quand’ero piccola mia madre mi raccontò che se avessi
pensato intensamente a mio nonno al cadere della mezzanotte, l’avrei rivisto
perché il mondo dei viventi e dei defunti, per un magico istante, si
riunisceono. Sono rimasta tante notti sveglia ad aspettare… ma lui non è mai
arrivato” concluse in tono piatto.
Vegeta studiò il volto della donna. Pareva seccata. Un’altra delle
assurde trovate dei terrestri.. Eppure l’avevano sperimentato entrambi
l’aldilà. Come poteva credere ancora in demenze simili? Decise comunque di
stare al gioco.
“Che perdita di tempo. Se ti interessa rivedere quel vecchio,
chiedilo a Baba. Non hai bisogno di apsettare Halloween per farlo e li
andrai a botta sicura. Se la paghi
bene, quella vecchia decrepita ti metterà in contatto con lui” commentò infatti,
dopo un attimo.
Bulma fece una smorfia, arricciando il naso come se l’idea non le
garbasse affatto. In effetti, non ci teneva poi tanto ad incontrare uno
spirito. Ne aveva già fatti anche troppi di incontri strani nella sua vita,
alieni, mostri verdi e rosa compresi.
“No. Non è necessario. Era un desiderio infantile. Non l’ho mai
conosciuto, mi incuriosiva l’idea di poterlo fare. Tutto qui” obiettò la donna.
Perché diamine le era venuto in mente quel discorso? Meglio svicolare.
“E tu, Vegeta. Ce nessuno che vorresti rivedere?” gli chiese a
bruciapelo, sapendo bene che in tal modo il saiyan avrebbe troncato il
discorso.
“Perché dovrei?” fu, infatti, la pronta risposta.
“Così. Tanto per dire. Vabbè. Io vado a cambiarmi o faremo tardi.
Mi raccomdando, almeno scendi per mangiare qualcosa. L’hai promesso, ricordi?”
disse la donna, uscendo dalla vasca ed indossando il morbido accappatoio.
Lo sentì sbuffare, ma il fatto che non si fosse lamentato stava a
significare che avrebbe preso parte alla festa. Felice a quella prospettiva, la
donna uscì dalla stanza.
Erano solo le 21.30 ma la festa era in pieno svolgimento. A dire
il vero solo i più giovani si erano mascherati, mentre Goku e Chichi si erano
presentati vestiti elegantemente ma senza “travestimenti” insoliti. Alla fine,
Vegeta si era deciso a scendere in salone, con indosso un paio di pantaloni di
pelle nera e un magliore blu che gli fasciava l’ampio torace.
“Vegeta. E’ un piacere rivederti. Ho saputo da Gohan che hai preso
la patente anche tu… Bulma suppongo” disse Goku, guadagnandosi un’occhiataccia
da parte del Principe.
“Lasciamo perdere. Comunque ci ho messo meno tempo, Kaharoth. Come
vedi, una volta tanto sono riuscito a fare qualcosa meglio di te” ribattè
deciso Vegeta, notando la risata sotto i baffi di Crili e Yanko. Dannata Bulma
e quando si era lasciato convincere a prendere qualla stupida patente. Per
l’ennesima volta si era reso lo zimbello della compagnia. Kami solo sapeva
quanto si detestasse per questo.
^Guarda tu come mi sono ridotto. A parlare di scemenze con
quell’idiota terza classe. Se mi vedessero mio padre e Nappa in questo momento,
si metterebbero a ridere e della grossa^ pensò infastidito il saiyan,
allontanandosi verso il buffet.
Un’ora dopo, insofferente al seccante spettegolare delle donne e
all’ennesimo racconto strampalto di Kaharoth, si dileguò, rifugiandosi in
giardino. Non riusciva mai a sopportare troppo a lungo il chiasso di quelle
feste. Lui era sempre stato un
tipo solitario. Abituato al silenzio quasi irreale del cosmo, con come unico
compagno il rumore del proprio respiro.
Fuori faceva decisamente freddo, ma la sua aura era sufficiente a
respingere i morsi del gelo e a lasciarlo totalmente indifferente alla gelida
brezza, che si era da poco levata. Alzò lo sguardo verso la volta stellata.
C’erano dei giorni in cui rimpiangeva enormemente quel senso di libertà e
onnipotenza che lo pervadeva, ogni volta che sfrecciava nello spazio siderale,
alla ricerca di una nuovo pianeta da conquistare, di una nuova battaglia da
combattere e vincere. Adesso, accasato e con due marmocchi si sentiva legato a delle catene,
dorate, dolcissime, ma pur sempre catene. E’ vero. Alla fine le aveva
accettate, e di buon grado, quando si era arreso al sentimento d’amore che
provava per loro, me c’era sempre una parte di lui che provava nostalgia e
rimpianto. Era l’esule di un mondo che non esisteva più. In una patria che mai
sarebbe stata “sua”. L’ultimo rampollo di una nobile casata guerriera che si
era abbassato a riconoscere la propria, manifesta, inferiorità nei confronti di
una terza classe dall’animo puro come il cristallo. A volte, nel peregrinare
delle sue meditazioni solitarie, si era ritrovato a considerare che giunto a
quel punto, non rimembrava più, o meglio non riconosceva più, cosa o come
dovesse essere un vero saiyan. Si era sforzato, per anni, di mantenere intatto
il suo bagaglio culturale, le sue origini, la sua identità. Si era trincerato
dietro al proprio incrollabile orgoglio per mantere vivo il ricordo di chi era,
di cosa era stato, dell’essere saiyan che per lui contava oltre ogni altra
cosa. Poi, lentamente, ma inesorabilmente, si era lasciato contagiare da
Kaharoth, dai terrestri ed era arrivato a condividere molte cose con loro, e
non solo le battaglie per la propria sopravvivenza e dei propri cari. Non
ultimo, eppure fulgido esempio di quella “contaminazione”, aveva preso quella
dannata patente. Cosa se ne faceva lui di imparare ad usare uno di quegli
stupidi marchingegni? Lui che sapeva volare…. Lui che con un solo gesto avrebbe
potuto distruggere l’intero pianeta? Eppure aveva ceduto… si era lasciato
convincere. Come si era lasciato convincere a trascorrere quella serata in
compagnia degli amici…. Amici… anche questo gli suonava strano da dire, eppure
era così. Lui ora aveva degli amici, persone che credevano in lui, che si
fidavano di lui. Chi era adesso, Vegeta?
“Papà…. Non vieni?” chiese ad un tratto la voce di Bra,
strappandolo alle sue riflessioni.
Un po’ confuso, abbassò lo sguardo verso la figlia, notando come
fosse conciata. Che diamine era saltato in testa a sua madre di vestirla in
quel modo? Al diavolo, sua figlia somigliava ad un confetto azzurro. Dannate
tradizioni terrestri….
“Non adesso, Bra. Torna in casa” le disse in tono deciso.
“Ma papà, mamma ha detto che mi avresti portato tu a fare il giro
delle case” obiettò confusa la piccola, piazzando su un broncio da manuale.
“Che cosaaaa???” sbraitò il saiyan al colmo dello sconcerto. Senza
pensarci su due volte, piantò in asso la figlia, che si affrettò a seguirlo, e
si precipitò in sala, pronto a strozzare la moglie.
“BULMA!” il tono deciso e sferzante di Vegeta poteva voler dire
solo una cosa. Aveva scoperto cosa gli serbava il resto della serata e non
l’aveva presa bene.
Stampandosi un sorriso deliziato sulle labbra, Bulma si apprestò
ad affrontare l’irato compagno.
“Sì?” chiese, con aria innocente, sapendo bene che il Principe dei
Saiyan non si sarebbe mai concesso il lusso di discutere di affari tanto
“delicati” in presenza di altre persone. Per questo gli aveva teso quella
piccola, innocente, trappola.
“Ti giuro che questa me la pagherai cara” le sibiliò gelido,
mentre gli occhi neri divenivano insondabili e minacciosi.
^Capperi.. L’ha presa peggio di quanto mi aspettassi….^ pensò
Bulma, vagamente preoccupata. Ma era per il suo bene e quello di Bra. Quei due
avevano bisogno di trascorrere un po’ di tempo insieme, e lui di lasciarsi un
po’ catturare dallo spirito di Halloween. Che diamine, non sarebbe certo morto
per questo.
Sotto lo sguardo stupito dei presenti, Vegeta dribblò Kaharoth e raggiunse Gohan, Bra e Pan sulla
soglia di casa.
“Andiamo, mocciosa. Leviamoci sto pensiero, e poi, al ritorno,
disintegro tua madre” mugugnò scuro in volto, afferrando per la mano la bambina
e avviandosi lungo il marciapiede, verso il centro della città. Gohan, dietro
di loro, sorrise divertito. Eh, sì! Bulma stavolta l’aveva fatta prorpio
grossa. Non volendo mettere in ulteriore imbarazzo il fiero principe, decise di
portare Pan da un’altra parte così che nessun potesse dire di avere visto
Vegeta, feroce guerriero saiyan, accompagnare in giro per la città una
mocciosetta di cinque anni affinchè bussasse a tutte le porte con la frase di
rito “Dolcetto o scherzetto?”.
Per tutto il tempo, Vegeta ebbe cura di nascondersi sempre dietro
ad una piglia, o ad un albero, mentre Bra sgambettava felice da un portone
all’altro raccimolando una quantità di dolcetti impressionante. Alla fine,
stanca di camminare, la piccola si sedette per terra, lungo uno dei viali del
grande Parco al centro della città, contando i suoi “tesori”. Vegeta diede
un’occhiata all’orologio del campanile, segnava le 23.47. Forse la piccola
peste si era stufata di scorazzare per la città. Era ora. Così avrebbe potuto,
finalmente, tornarsene a casa. Voltando lo sguardo nella sua direzione, si
accorse che la piccola, esausta, si era addormentata. La nuvola azzurra di
chifon che adornava il suo corpicino, le ricadeva attorno come una soffice
cuscino, mentre i capelli azzurri risaltavano alla fievole luce del lampione.
Perfetto. Ora gli sarebbe anche toccato prenderla in braccio e trasportarla
fino a casa. Degna conclusione di una serata disastrosa. Aveva avuto tutto il
tempo per meditare come vendicarsi della comapgna, e non gli pareva di avere
ancora escogitato il modo più appropriato. Con un ringhio frustrato si chinò a
terra, prendendo la figlia tra le braccia. Era così leggera … Inconsapevolmente
la strinse al petto, come per proteggerla dal pungente vento che aveva da poco
sostituito la brezza serale. L’aria era carica di umidità, presto avrebbe
incominciato a piovere. Guardandosi attorno, si sincerò che non ci fossero
testimoni a quello che stava per fare. Con un gesto delicato, scostò una ciocca
dal viso della bambina e glielo accarezzo dolcemente. Sua figlia…. Sangue del
suo sangue. Non un guerriero dalle chiome dorate, ma una nuvola di dolcezza.
Dov’era finito il suo sangue saiyan? Probabilmente i suoi avi lo avrebbero
rinnegato, se lo avessero visto ora. Vinto, e non da un guerriero, ma da un
cucciolo dai capelli di cielo…
Stavano uscendo dal parco quando il campanila scandì i rintocchi
della mezzanotte. Una perturbazione nella sua aura lo avvertì di una presenza
aliena che lo turbò. Senza la benchè minima esistazione si voltò a
fronteggiarla. Mentre l’adrenalina riprendeve a scorrere in lui, dove lo
spirito guerriero giaceva, solo sopito, da tempo.
“Chi sei?” chiese confuso, ritrovandosi ad osservare un uomo
decisamente alto, più di Kaharoth, con folti capelil neri e il volto celato
nell’ombra.
Questi nonrispose, ma si avvicinò lentamente al saiyan. Vegeta si
irrigidì, l’aura che emanava da lui era estremamente potente. Doveva proteggere
Bra, e scoprire chi fosse, a tutti i costi..
“Che non sei un terrestre mi pare ovvio. La tua aura ti tradisce.
Se non vuoi crepare, dimmi chi sei” disse in tono autoritario, mentre gli occhi
d’ossidiana divenivano due fessure ferine e pericolose e l’aura del Principe si espandeva.
“Tu mi hai chiamato, e io sono venuto. Adesso non mi riconosci?”
disse improvvisamente l’uomo. La voce profonda e pacata, ma altrettanto
autoritaria.
Vegeta innarcò un sopracciglio.
“Di che diamine stai parlando. Io non ho chiamato nessuno”
commentò infastidito.
L’uomo avanzò ancora, finendo sotto il cono di luce di un
lampione, in modo che Vegeta potesse vederne il volto.
“Non è possibile…!” balbettò totalmente spiazzato quest’ultimo.
Senz’ombra di dubbio, l’uomo che gli stava di fronte era un saiyan, la lunga
coda che gli fluttuava libera, intorno al corpo, ne era una prova lampante.
“Non essere sorpreso, Vegeta. Sì, sono un saiyan. Mortomolti anni
fa. E non angustiarti a scavare nella memoria. Tu non mi hai mai conosciuto. Il
sono il “primo”” spiegò l’uomo, in tono pericolosamente calmo.
Vegeta incassò la frase, senza battere ciglio. Il “primo”? Di che
diamine stava parlando. La sua perplessità dovette comunque trapelare, in
quanto lo sconosciuto proseguì..
“Il guerriero che per primo si è fregiato dell’oro della leggenda.
Quello che tu, allo scoccare della mezzanotte, hai evocato. Sono qui per te.
Dimmi cosa vuoi sapere ed io ti risponderò”.
Vegeta tentò disperatamente di mascherare lo sconcerto in lui
suscitato da quelle parole. Aveva davanti agli occhi la “leggenda”. Il saiyan
che, per anni, aveva disperatamente tentato di emulare al fine di raggiungere
il potere che gli avrebbe permesso di distruggere Freezer. Colui che suo padre
gli aveva costantemente additato ad esempio… Tentando di riacquistare il
proprio sangue freddo si rammentò della storia di cui gli aveva parlato Bulma.
Quella dell’istante in cui il mondo dei viventi e dei defunti entravano in
contatto. Che diamine. Non poteva essere vero… bhè, del resto era anche
impensabile, per logica, che un Drago riportasse in vita i morti eppure così
era accaduto a lui stesso e non una, ma ben due volte. Rammentò poi di essersi
domandato dove fosse finito il suo sangue saiyan… Quella constatazione lo
innervosì..
“Se sei venuto per giudicarmi, ti ucciderò prima che tu possa
farlo” ribattè duramente.
Il guerriero chinò la testa di lato, con un gento indolente e
incuriosito al contempo.
“E’ questo che temi? Il giudizio dei saiyan?” chiese dopo
un’attimo, cogliendo in pieno il conflitto interiore che da giorni, stava
consumando l’animo del principe. Giammai però, il nostro amico lo avrebbe
ammesso.
“Io non ho paura di nessuno. Tanto meno di te. E adesso sparisci”
ribattè fieramente Vegeta, mascherando, come abilmente aveva imparato in anni
di addestramento, il suo sconcerto. Non era affatto padrone della situazione e
lo sapeva benissimo, ma era vitale che non se ne rendesse conto il suo
avversario.
“Tua figlia?” chiese sorprendentemente il saiyan, spiazzandolo.
Perplesso dal suo repentino cambio di argomento, Vegeta ne studiò il volto
impassibile. Che voleva fare?
“La cosa non ti riguarda” ribattè seccamente, rendendosi conto,
troppo tardi, che in tal modo gli aveva rivelato quanto voleva sapere. Merda,
doveva essere più prudente.
“Capisco”.
Senza il benchè minimo preavviso, l’antico saiyan generò una sfera
d’energia, scagliandola contro la piccola Bra. Istantanemante, Vegeta scartò di
lato schivando agilmente anche i successivi attacchi, tenendo sempre stretta al petto la figlia.
“A quanto pare tieni molto a lei…. Questo non è saiyan, principe”
disse il guerriero, trasformandosi all’istante in SSJ mostrando una potenza e
una forza strepitose, ben al di sopra di quanto tutti loro, compreso Kaharoth, fossero mai riusciti a
fare, pur senza trascendere il livello di combattimento. Aveva una forza
paragonabile solo a quella di Broli, ma di tutt’altra natura. Mentre quest’ultimo
era malvagità allo stato puro, incoerente e privo di logica, l’avversario che
aveva ora di fronte era pienamente padrone delle sue facoltà e della sua forza
e pertanto enormemente più percoloso. Merda, a pari livello, avrebbe perso uno
scontro con lui e ne era tremendamente consapevole, dove si era cacciato
Kaharoth? Possibile che non avesse percepito quell’aura straordinaria? Comunque
fosse, non aveva scelta, doveva affrontarlo. Posando Bra sotto un albero,
Vegeta si trasformò seduta stante in SSJ2. Non gli avrebbe permesso di
prendersi la vita di sua figlia.
Il suo avversario sorrise, un sorriso compiaciuto.
“Il tuo potere è ampio e ben sviluppato, principe. Ma non puoi
uccidermi perché io sono già morto. La tua battaglia è inutile. E poi… Io non
sono venuto per questo” disse in tono cordiale, mentre lo sguardo si addolciva,
conferendo una strana espressione mite al suo volto, che stonava con la
spaventosa forza che, ancora, emanava.
“E allora per quale dannata ragione sei qui?” chiese Vegeta, al
colmo della frustrazione. Avendo ben cura di non abbassare la guardia e di
restare innanzi al corpo addormentato della figlia, così da proteggerla.
“A placare i rimorsi del tuo orgoglio. Sai perché il SSJ era un
guerriero leggendario e inarrivabile, venerato da tutti, compreso tuo padre?”
disse semplicemente l’altro.
“No. Ma suppongo che tu non veda l’ora di dirmelo” ribattè
sardonico Vegeta.
Il guerriero squotè la testa, ma non colse l’offesa.
“Perché solo un saiyan dal cuore puro, capace di amare e non di
odiare, avrebbe potuto trovare il potere dentro di sé. Per questo non lo hai
conosciuto per anni, e Kaharoth lo ha raggiunto prima di te.”
“Balle. Broli era tutt’altro che dotato di un cuore puro eppure
era tremendamente potente. Tornatene da dove sei venuto, i tuoi sproloqui non
mi interessano” fu la pronta risposta di Vegeta.
L’altro, per nulla turbato, si limitò a sorridere.
“Broli era nato con quel potere. L’odio di Paragass verso i suoi
stessi simili lo ha condizionato. Voi avete distrutto Broli, ma alla lunga, si
sarebbe distrutto da solo perché l’odio che provava era tale che avrebbe finito
con l’odiare persino se stesso ed auto-distruggersi. E non c’è nulla di cui
vantsi in questo” replicò con sicurezza sconcertante l’alieno.
“Non ti credo. Sono diventato Super Saiyan perché volevo ad ogni
costo distruggere Kaharoth. Nient’altro mi ha spinto a farlo. La rabbia e
l’odio verso di lui mi hanno permesso di trasformarmi. Io sono il principe dei
Saiyan, era naturale che raggiungessi quello stadio” fu l’ostinato commento di
Vegeta. Ancora una volta l’orgoglio lo spingeva a remare contro corrente. Come
se dovesse difendersi da un giudizio che non riusciva o non poteva accettare.
“Davvero?”.
Gli occhi di Vegeta si sbarrarono quando intuì le intenzioni
dell’avversario. Piantando bene i piedi a terra, divaricando le gambe, portò le
braccia tese innanzi al proprio corpo ad incassare la micidiale onda energetica
dell’avversario. Il contraccolpo lo fece arretrare di un paio di metri, il
corpo di Bra immobile alle sue spalle. Maledizione, se cedeva la piccola
sarebbe stata spazzata via.
“Non puoi competere con la “leggenda” Vegeta. Se sei il principe
dei guerrieri saiyan come sostieni, lascia morire la bambina e salva la tua
vita. E’ una mezzo sangue. A noi saiyan, non serve” disse l’antico guerriero,
implacabile.
“Mai. Sei tu che non ci servi. Come non ci serviva Broli” ribattè
fieramente Vegeta, espandendo al massimo la propria aura, iniziando a
respingere il colpo.
“Sei un illuso. Non puoi competere con me. Sei così debole che mi
fai pena” fu l’oltraggiosa risposta dell’alieno mentre aumentava l’intensità
del colpo.
“Debole?”.
La rabbia invase all’istante il guerriero, spingendolo a
rafforzare ancora l’attacco.
“Io non sono debole, non lo sono mai stato. Io sono Vegeta, ultimo
principe dei saiyan e quanto è vero ti distruggerò” urlò furibondo.
Uno scontro di
volontà. Un flebile eppure importantissimo istante. Con un sorriso
soddisfatto, l’alieno abbassò improvvisamente la guardia, incassando il
violento colpo energetico di Vegeta, in pieno petto. La deflagrazione fece
andare in frantumi i lampioni e il buio calò nel parco, rischiarato solo dalla
sfolgorante aura dei due guerrieri.
“No, principe. Non sei debole. Combattere per tua figlia ti ha
reso potente. Questo è il segreto del SS. Ricordalo sempre. Non c’è disonore
nell’amare, solo che la nostra gente lo ha dimenticato. Tu, ultimo principe
della nostra stirpe, hai avuto il coraggio di capirlo, ed io ti onoro per
questo”. Così dicendo il saiyan si inchinò dinnanzi al suo principe, mentre l’oro
fulgido abbandonava i suoi capelli per restituirne il corvino colore della
notte.
Totalmente spiazzato dal repentino mutamento delll’avversario ed
incapace di rispondere a quella straordinaria rivelazione, Vegeta rimase
immobile ad osservare il saiyan, mentre anche la sua aura si azzerava e la
trasformazione veniva meno. Incredibilmente quell’uomo gli ricordava a tratti
se stesso e Kaharoth. Com’era possibile? Incurisioto si ritrovò a chidergli.
“Qualìè il tuo nome?”.
Appena pronunciata quella domanda, lo pervase un’assurda
consapevolezza.
“Vegarroth. I vostri nomi, principe, sono il segno del destino. Io
il “primo” voi due gli “ultimi” di una stirpe millenaria. Ora il cerchio si è
chiuso. Addio” fu la pacata risposta. Poi, al secondo rintocco della mezzanotte,
così com’era apparso, svanì..
Erano le 00.13 quando Vegeta fece ritorno a casa. Bulma, a dirla
tutta, era un po’ in pensiero. Gohan era rientrato da un pezzo e a quell’ora,
certamente, Bra doveva essere crollata dal sonno. Stava per spedire Trunks a
cercarli quando lo vido entrare, dalla porta di servizio.
“Ma si può sapere dov’eravate finiti?” sbottò esasperata, mentre
il suo cuore preoccupato registrava che erano entrambi tutti interi..
“Ad incontrare i fantasmi del passato” fu la laconica, quanto mai
strana, risposta del principe.
Poco dopo, mentre Bra dormiva nel suo letto, tranquillamente
rannicchiata al peluche preferito, Bulma si apprestò a sostenere la sfuriata
del marito. Peranto, innanzi al suo insolito silenzio e alla sua indolente calma,
rimase alquanto perplessa.
“E’ successo qualcosa?” chiese dopo un attimo, mentre lui la
raggiungeva nel letto.
Vegeta non le rispose, si limitò a premerla contro i cuscini,
imprigionandola sotto di sé. Prima che lei potesse protestare o dire qualcosa,
la baciò a lungo, con sensualità e possesso, facendola sciogliere in un mare di
languido piacere.
Non appena abbandonò le sue labbra la donna sussurrò sorpresa…
“Vegeta…. Credevo fossi arrabbiato”.
“Ho cambiato idea” fu la risposta, prima che scendesse con le
labbra a tormentarle il seno, reclamando la sua totale attenzione. Più tadi,
molto più tardi lo sentì sussurrare.
“Tu mi hai reso un vero saiyan”.
“Cosa vuoi dire?” chiese attonita. Voltandosi a cercare il suo
sguardo, nella penombra.
Ma la sua domanda non ebbe mai una risposta. Vegeta non era in
grado di dargliela. Finalmente, Halloween significava qualcosa anche per lui..
La notte in cui aveva conosciuto la… verità.
- FINE -
N.d.A:
So perfettamente che qualcuno, a rigor di logica, potrebbe obiettare
sul concetto di “saiyan” che si evince leggendo questa storia. Premetto che
esso è ispirato, ad una frase che lo stesso Vegeta ha fieramente pronunciato
nel corso dello scontro con Super C-17. “Per proteggere la Terra basto io e
avanzo” e all’accusa di avere calpestato il suo orgoglio dicendo di voler
proteggere una razza aliena, Vegeta ribatte fieramente “Io non ho calpestato il
mio orgoglio e ora te lo dimostrerò…”. Questo mi ha fatto supporre che nel
corso degli anni, Vegeta abbia, come dire, mutato il suo concetto di “orgoglio
saiyan”. Non ha certo rinnegato le sue origini ma ha compreso alcuni aspetti
che prima ignorava e che erano propri, alll’inzio, solo di Goku/Kaharoth.
Mettiamola così, un modo alternativo di interpretare il “credo
saiyan”….eheheh!!!
A presto,
ARESIAN
TORNA A “AUTOCONCLUSIVE ALTRE ARE”