Il grande sogno di Maya (Garasu
no kamen), Maya, Masumi e tutti gli altri personaggi sono
proprietà di Suzue Miuchi, Hakusensha Inc. Tokyo, Tohan
Corporation, Orion e quanti aventi diritto alla divulgazione e
pubblicazione del Manga medesimo.Questa fanfiction è stata
creata senza fini di lucro, per il puro piacere di farlo e per quanti
vorranno leggerla.
Nessuna violazione del copyright si ritiene,
pertanto, intesa….
La
pioggia scendeva copiosa sui tetti, sui grattacieli e sugli imponenti
edifici di Tokyo ormai da molte ore. Il cielo era plumbeo senza
nessuno spiraglio di luce; era tardo pomeriggio di una giornata
d’autunno, ma sembrava notte fonda. Le vie erano quasi deserte.
I pochi passanti si affrettavano, cercando di ripararsi sotto gli
ombrelli. Solo un giovane uomo sembrava incurante della pioggia,
seminascosto dietro un cartellone pubblicitario. Alto,ben vestito con
un’impermeabile ghiaccio sul vestito scuro, biondo e di
bell’aspetto, ma con una profonda tristezza negli occhi chiari.
L’ombrello non lo riparava quasi per nulla ma non sembrava
preoccuparsene. Le scarpe e le falde dei pantaloni, erano ormai gonfi
d’acqua, segno che era rimasto fermo sotto la pioggia da tempo.
Aspettava. La mente persa in quel ricordo che avrebbe voluto
cancellare.
La sera del suo fidanzamento. Lui e Shiori. La
comparsa di Maya. Il suo atteggiamento crudele e spietato verso di
lei, la sola donna che amasse. La fuga della ragazza. Aveva trovato
il modo di farsi detestare ancora. Ma una volta di più non
aveva avuto scelta. Aveva dovuto comportarsi come il cinico
affarista, lo spietato Masumi Hayami, il Presidente della Daito Art
Production. Era il solo modo per proteggerla da quel mostro, da
Eusuke.
Era stato chiaro suo padre: “se non lo farai tu, lo
farò io, distruggerò Maya Kitajima con le mie stesse
mani!”
No, questo non lo avrebbe permesso, a costo della
vita! Doveva trattarla male in pubblico, annientarla e…proteggerla
da lontano. Ma quella sera…doveva vederla anche solo di
sfuggita, anche se solo per un attimo, anche se fosse stata in
compagnia di Sakurakoggi, e vederli insieme gli avrebbe lacerato
l’anima fin nel profondo. Aspettava. E guardava le luci
dell’ultimo piano dell’edificio di fronte: la sala prove,
in attesa che si spegnessero, ma sarebbe trascorso molto
tempo.
Lassù, nel grande stanzone spoglio, si svolgevano le
prove della Dea scarlatta.
Maya, lo sguardo assente,
attendeva il suo turno. Tutti gli attori del dramma erano appoggiati
alle pareti; chi ascoltava, chi rifletteva, chi ripassava la parte
sul copione. Lei no. Era assente con il cuore e la ragione. In
un’altra sala, in un altro tempo. Lui e Shiori. Il suo
fidanzamento. Le lacrime le pungevano gli occhi e cominciarono a
scorrerle sul viso.
-Akoya entri in scena! – gridò il
regista.
Nessuna risposta.
-Maya! Dove sei con la testa? Tocca
a te! Isshin, forza provate la prima scena d’amore tra lo
scultore e la Dea.
Maya si asciugò gli occhi e andò
al centro della sala.
“Io sono Akoya e lui è il mio
amato Isshin! Io sono Akoya”
I due attori recitarono in
sincronia,ma non era la voce di Yu che Maya sentiva, non era il suo
volto. Era Masumi a guardarla e lui a parlarle…fino al momento
del bacio. Fu allora che, inorridita, si staccò da
lui.
-No!!!-gridò
Non era la prima volta che accadeva.
Kuronuma perse la pazienza:
-Kitajima! Qui si recita! Stiamo dando
tutti il massimo: Se non hai voglia di recitare, puoi anche
andartene!
-Non ci riesco a…
Non terminò la
frase.
- E’ mai possibile che tu non riesca a esprimere
amore per un uomo?! Se non ce la fai, vuol dire che non sei in grado
di amarne nessuno!!
Fu come se l’avesse schiaffeggiata in
pieno viso. Maya scoppiò in un pianto irrefrenabile
-Vattene
via! Non abbiamo bisogno di piagnistei qui!
Maya si girò e
corse via.
Sakurakoggi! –chiamò il regista –
lasciala andare! Non è di te che ha bisogno! Resta qui,
continuiamo a provare. Isshin in scena – disse poi, gettando a
terra il copione.
“Accidenti a te Kitajima ! Torna in te!
Torna in te”- disse tra sé
Maya corse giù per
le scale: Non voleva sentire più niente, non le importava più
di nulla.
Masumi aveva lasciato il suo punto di osservazione. Si
era fermato sotto il portico di un negozio di abbigliamento proprio a
fianco dell’edificio in cui si svolgevano le prove. Anche da
lì, sollevando lo sguardo, poteva vedere le luci spegnersi e
allora sarebbe ritornato alla sua prima postazione. Aveva chiuso
l’ombrello e s’apprestava ad accendersi una sigaretta,
quando Maya uscì correndo e piangendo dall’edificio. Gli
passò a fianco, senza vederlo. Masumi, sbigottito, ebbe un
attimo di perplessità e poi la seguì.
La corsa di
Maya s’arrestò in un giardino pubblico, dopo c’erano
altalene e giochi per bambini. Andava sempre lì quando fuggiva
da qualcosa. Si sedette sfinita su un’altalena, senza mai
smettere di piangere
-Io…io non sono in grado di…amare…ma
che…ne sa lui…?
I suoi singhiozzi laceravano il
cuore di Masumi. Lui era proprio lì a pochi passi da lei, ma
Maya, il viso nascosto tra le mani, non si accorgeva di non essere
sola.
- Cosa ti succede Maya? – sussurrò.
Maya
riconobbe subito quella voce. La sentiva in fondo all’anima, da
molto tempo ormai. Sollevò piano il viso, quasi temesse fosse
l’ennesima illusione, e guardò dinanzi a sé.
Lui
era là, incurante della pioggia che gli scendeva giù
per i capelli e sulle spalle, l’ombrello chiuso in mano,
sembrava solo concentrato su di lei. Non c’era derisione nella
voce o nei suoi occhi, ma solo tanta tenera apprensione. Lui, la metà
della sua anima, il suo Donatore di rose…
Maya agì
d’impulso. Si alzò e lo abbracciò, stringendolo
forte e singhiozzando disperatamente, il viso nascosto tra le pieghe
dell’impermeabile.
Era quello il solo posto in cui voleva
stare, :tra le sue braccia. Non le importava se la considerasse o
meno un prezioso prodotto, né che forse avrebbe sposato
un’altra.
In quel momento era lì, con lei e la
stringeva forte e le accarezzava i capelli, parlandole teneramente.
-
Vieni – le disse gentilmente – ho la macchina qui
vicino.
Maya annuì. Masumi sbottonò
l’impermeabile,la fece accoccolare sotto la sua ascella, le
passò un braccio intorno alle spalle e la strinse a sé,
perché fosse protetta dalla pioggia e al caldo.
Maya lo
guardò e i loro occhi s’incontrarono. Lei sorrise.
“Mi
sta proteggendo di nuovo…” pensò.
S’incamminarono
per un breve tratto, senza parlare, ma ognuno dei due si augurava che
l’uno potesse sentire il canto del cuore dell’altro.
Una
volta saliti in macchina, Maya sembrò ridestarsi.
- Ha i
capelli tutti bagnati…- mormorò, accarezzandoli.
Incontrando lo sguardo esterrefatto di lui, Maya arrossì e
ritirò la mano, posandola in grembo.
- Non è grave…-
la rassicurò
Entrambi ripensavano ad un’altra sera,
quella della prima di Lande dimenticate, quando lui aveva
voluto essere presente nonostante il tifone, l’unico
spettatore, il suo Donatore di rose.
- C’è qualcuno
che ti aspetta a casa Maya?
- No, signor Hayami, Rei è
andata a trovare i suoi genitori. Tornerà fra un paio di
giorni…
- Bene…
Nessuno dei due parlò più.
Dove la stava portando? Quella non era la strada che conduceva a casa
sua. Ma a Maya non importava dove, voleva stare con lui il più
a lungo possibile, avrebbe desiderato restare ancora nelle sue
braccia; guardò il braccio di lui, la mano adagiata sulla
manopola del cambio marce. Ebbe la tentazione di poggiare la testa
sulla sua spalla; si morse il labbro inferiore per resistere alla
tentazione. Sperava che quel viaggio non finisse mai.
L’auto
si fermò dopo pochi minuti dinanzi ad un cancello. Masumi
azionò un telecomando.
-Dove siamo? – chiese Maya
-
A casa Hayami. Sei già stata qui. Ascoltami, non pensare male
di me. Ora andremo in camera mia; passeremo dalla cantina, nessuno ti
vedrà. Ti toglierai quei vestiti bagnati e ti farai un bagno
caldo e dormirai. Io mi stenderò sul divano. Non ti ho
riportata a casa perché hai detto che Rei non c’è;
non voglio che resti da sola in questo stato.
Progetto folle.
Masumi lo sapeva. Ma aveva detto il vero, non l’avrebbe
lasciata sola; sembrava così smarrita e indifesa;gli occhi
gonfi e tanto tristi, i capelli bagnati le si appiccicavano al volto
incorniciandolo e la facevano apparire più piccola.
Dopo un
interminabile silenzio e con sorpresa dello stesso Masumi, Maya
annuì.
Il cancello si aprì, attraversò il
grande parco e si fermò dinanzi ad un garage. Masumi azionò
di nuovo il telecomando e la grande saracinesca in ferro si alzò.
Entrarono. Prima di scendere dall’auto, Masumi fece cenno a
Maya di seguirlo senza fare rumore. Aprì una porta in legno
grezzo sul retro della splendida costruzione gentilizia, di colore
bianco, con le imposte marroni. Entrarono e percorsero una lunga
scala. Ancora una porta, in legno pregiato questa volta. Dai quadri
alle pareti, i costosi ninnoli, e il lungo tappeto che rivestiva il
lungo corridoio, Maya comprese di essere in casa. Percorso il lungo
corridoio, si fermò e aprì la porta della sua
camera.
La camera di Masumi era ampia e molto accogliente: le
pareti erano rivestite di seta color perla, il pavimento di parquet,
al centro era un grande letto in ferro battuto, con un piumino dello
stesso colore delle pareti; sulla parete di sinistra un grande
divano grigio scuro, un mobile composto da una libreria,
rivestita a vetri e, in basso da quattro sportelli a due ante; sulla
parete di destra un armadio, in legno di faggio, alto fino al
soffitto, un piccolo scrittoio con un telefono, e nell’ angolo
un impianto stereo e, di fronte al letto un televisore, con impianto
video.
Vicino al divano, Maya vide una porta. Masumi gliela
indicò.
Quello è il bagno. Nell’armadietto
accanto alla vasca troverai asciugamani puliti e anche un
accappatoio. Fai un bagno caldo: ne avrai bisogno, con tutta la
pioggia che hai preso. Ah dimenticavo… - aprì l’armadio
e prese un pigiama in seta blu – indossa questo per dormire. E’
mio, sicuramente ti andrà grande, ma non ho di meglio.
-Grazie
– mormorò Maya.
-Aspetta – continuò –
aprì la porta del bagno e prese due asciugamani appesi sopra
la vasca – Mentre ti lavi, mi asciugherò anch’io e
mi cambierò – le sorrise.
Maya annuì. Entrò
in bagno, e chiuse la porta dietro di sé.
Si guardò
intorno: la stanza da bagno era arredata con gusto: la vasca aveva
una cabina in vetro fumé color ambra, i sanitari erano
bianchi, come i tappeti, vicino alla vasca, un armadietto con gli
sportelli in vetro, come la cabina della vasca; sotto il lavabo un
altro armadietto, in legno .
Trovò l’accappatoio, e
entrò in vasca; sul bordo, un flacone di bagnoschiuma,lo
annusò e arrossì, aveva la stessa fragranza del profumo
di Masumi, amara ed elegante. Sospirò.
Indossò
l’accappatoio: era grande per lei. Si asciugò e
provò il pigiama di Masumi; la giacca le ricopriva le gambe
fino sopra al ginocchio, ma i pantaloni erano proprio grandi per
lei., non poteva indossarli, rischiava che le cadessero ad ogni
passo. Decise di non metterlo, mise i suoi abiti di traverso sulla
vasca e bussò alla porta
-Posso uscire? –
chiamò
-Vieni pure – rispose lui
Si guardarono per
un lungo istante. Masumi rimase a guardarla, rimanendo senza fiato: i
capelli ancora bagnati le incorniciavano il viso, le gote rese più
accese dal tepore del bagno, gli occhi ancora lucidi e la giacca del
pigiama che lasciava scoperte le gambe a mo’ di minigonna; Maya
era incantevole e pericolosamente attraente.
Masumi aveva smesso i
capi bagnati e indossava un paio di pantaloni blu con una camicia
bianca che lasciava intravedere il torace.
Masumi le
chiese
-Va meglio, ora?
-Molto meglio, grazie – rispose
con un tremore della voce.
Erano entrambi imbarazzati, adesso.
Masumi cominciava a chiedersi se avesse avuto una buona idea a
portarla lì.
Maya si sedette sul letto cercando di
avvicinare i lembi del pigiama che minacciavano di scoprire ancora di
più le gambe.
Masumi non riusciva a staccarle gli occhi di
dosso. Facendo forza su se stesso, le girò le spalle , si
avvicinò alla finestra e prese a guardare fuori.
Maya
guardava le spalle di quell’uomo che amava più di se
stessa e aveva l’animo diviso a metà: da una parte, il
desiderio di rimanere con lui il più a lungo possibile,
ascoltare il suo respiro, stringersi addosso il suo pigiama e magari,
guardarlo mentre dormiva; ma dall’altra soffriva terribilmente:
voleva abbracciarlo e accarezzargli i capelli ancora umidi, poggiare
la testa sul suo cuore. Sapeva che, se fosse rimasta, il ricordo di
quella sera le avrebbe portato un dolore lancinante e fiumi di
lacrime per le notti future. Lui non l’amava e mai l’avrebbe
amata, presto si sarebbe sposato; certo, era gentile con lei, ma
niente di più, forse si sentiva in colpa per quanto era
accaduto a sua madre, ad Haru. E lei non aveva certo bisogno di altri
ricordi su cui piangere; stava già così male adesso…non
riusciva neanche a recitare…
-Signor Hayami - sto molto
meglio adesso. Mi riporti a casa
Lui ebbe un sussulto.
- Rimani
Maya; non so cosa ti abbia fatto piangere tanto, ma rimanere da soli
quando si soffre molto, rende il dolore più acuto, credimi.
-Le dico che sto meglio ora, può stare tranquillo
-Non
corri alcun pericolo con me Maya; io starò sul divano e tu
dormirai nel mio letto. Se hai paura delle chiacchiere, non temere,
domani ti riaccompagnerò a casa prima che la servitù si
svegli. Nessuno saprà che sei stata qui.
Masumi parlava
senza girarsi a guardarla, nel timore che lei si accorgesse
della supplica che sapeva esserci nei suoi occhi.
Maya scosse la
testa, facendo ondeggiare i lunghi capelli neri.
-Non è
questo; davvero signor Hayami, desidero andare a casa.
- Ho capito
–disse con voce mesta girandosi a guardarla.
Maya sgranò
gli occhi scuri; non gli aveva mai visto tanto dolore nello sguardo,
la bocca recava una smorfia amara di sofferenza.
- Mi odi talmente
tanto da non riuscire a sopportare la mia presenza per qualche ora,
non è così? Preferisci rimanere da sola a disperarti,
piuttosto! … E va bene – aggiunse con voce dura- vai a
prendere i tuoi vestiti! Ti riporto subito a casa, così non
sarai costretta a rimanere un minuto più del necessario vicino
a quest’essere senza cuore!
Si girò nuovamente verso
la finestra, senza più guardarla.
Maya era esterrefatta.
Perché soffriva così? Poteva sentire il respiro
affannoso di lui. Doveva essere contento di liberarsi di lei. Non
aveva mai visto quell’espressione sul suo viso e quel tono di
voce…così amaro…soffriva davvero, ma perché?
Non aveva alcun senso…
Maya si girò, a testa bassa
si diresse verso la porta del bagno, l’aprì e poi la
richiuse piano.
Masumi appoggiò il braccio sul vetro della
finestra e vi appoggiò la fronte. Era chiaro ormai; lei non
avrebbe mai dimenticato, non lo avrebbe mai perdonato, le era
ripugnante la sua vicinanza. Si sentì totalmente svuotato e
stanco, tanto stanco….
Trasalì sentendo le braccia
di lei che gli sfioravano i fianchi e incrociandosi risalivano sul
suo petto, la guancia appoggiata contro la sua schiena e la sua voce,
dolce e calma.
-No, Masumi – mormorò – non è
vero. Io non ti odio. Sì, lo so, ho spesso urlato che ti
odiavo, ma non è mai stato vero. Ti prego ora resta così,
non girarti . Se mi guardi, non riuscirò a dirti quello che
nel cuore e voglio che tu sappia. Ascoltami fino in fondo e non
deridermi per quello che ti dirò, perché stanotte
Masumi io metterò la mia anima nelle tue mani.
Masumi si
rilassò e stette in ascolto
-Ho spesso creduto di sentire
per te rabbia, risentimento, senso di sfida, a causa di mia madre,
della signora Tsukikagge, del trattamento che spesso mi riservavi.
Devi riconoscerlo Masumi, mi hai ferito tante volte, con le tue
parole, con il tuo sarcasmo, mi deridevi ed io mi impegnavo al
massimo per riuscire; non mi rendevo conto che volevo che ti
ricredessi su di me, che riconoscessi il mio valore.. Insieme al mio
risentimento sorgevano in me però altri sentimenti, altri
stati d’animo, molto diversi, quando mi accorgevo che agivi per
il bene, mio o di qualcun altro. Sentimenti che volevo scacciare;
detestarti in fondo rendeva tutto più facile, non mi
costringeva a guardarmi nel profondo. Non saprei dirti quando quei
sentimenti presero il sopravvento sul mio risentimento, posso però
dirti quando me ne resi conto. Accadde una sera, qualche tempo
fa…-.
Masumi quasi non respirava nel timore che lei potesse
rinchiudersi nuovamente in se stessa.
Dopo un breve silenzio, Maya
continuò:
-Tu eri con la signorina Shiori, stavate andando
a teatro. Passavo di lì e vi vidi; tu le sorridevi, non ti
avevo mai visto sorridere così. In quel mentre, sopraggiunse
la signorina Mizuchi, doveva portarti alcuni documenti ed era
dispiaciuta di doverti disturbare. Le chiesi chi era quella donna che
stava con te. Mi rispose che tu avevi acconsentito affinché
venisse combinato il tuo matrimonio e che quella donna era la
candidata. Fu un colpo per me, mi sentivo come se mi si fosse
svuotato il cuore. Non capivo il perché, tu dovevi essermi
completamente indifferente, qual era dunque il motivo della mia
angoscia? Lo compresi più tardi, quella notte, alla Valle dei
Susini, nel tempio. Fu proprio allora che capii che ti amavo, più
della mia stessa vita e piangevo pensando a quanto male ti avevo
fatto, a tutte le volte che ti avevo ferito. Ma come puoi ancora
pensare, dopo quella notte, che io ti odi? Non ricordi che ti chiesi
di scaldarmi? Credi davvero che lo avrei fatto se ti avessi odiato?.
No Masumi. Volevo stare tra le tue braccia anche se sapevo che mi
consideravi solo un prodotto, la gallina dalle uova d’oro,
anche se solo per quella notte, la notte più bella di tutta la
mia vita!...
Il cuore di Masumi batteva all’impazzata e si
augurò che Maya non se ne accorgesse.
-…Da quella
notte tu non hai mai più abbandonato la mia mente: eri sempre
nei miei pensieri, non sopportavo di starti lontana. Era talmente
forte il desiderio di te che,la sera della rappresentazione della
signora Tsukikagge, dopo aver indossato il costume della Dea mi
sembrò di essere trasportata lontano, di averti infine
dinanzi e che le nostre anime, uscendo dai nostri corpi, si
riunissero come le due parti di una sola; era una visione così
reale! Avevo sentito veramente il calore del tuo abbraccio, come se
fossi realmente entrata in contatto con te. Incredibile vero? A quali
illusioni può portare un cuore innamorato. Quella sera del tuo
fidanzamento, non ero venuta a farti i miei auguri, ma volevo
confidarti i miei sentimenti. Quando Shiori mi disse che voi due
siete due parti di un’anima sola, mi sentii morire. Tutto era
perduto per me. Non credevo possibile che si potesse stare così
male. Vedi, il fatto è che io sto soffrendo molto…
moltissimo….
Due lacrime silenziose scesero dagli occhi di
Masumi.
-… Lo so bene, Masumi, tu non puoi provare niente
per me. Non credere che non me ne renda conto. Tu presto sposerai una
donna bellissima. La signorina Shiori è una donna splendida,
con tante qualità, ricca. Io al suo confronto non esisto: sono
una ragazzina,come dici tu, comune, con un brutto carattere, scialba
, che deve guadagnare per vivere. Io so solo recitare. O forse,
dovrei dire…sapevo. Tu non sai perché piangevo prima,
vero? Non riesco a fare mio il personaggio di Akoya. Sakurakoggi è
il mio Isshin sulla scena; ma quando giriamo io vedo il tuo viso
invece del suo e sento la tua voce e non la sua. E quando mi
abbraccia io mi ribello e lo respingo. Kuronuma mi ha mandata via e
mi ha ferita. Ma aveva ragione. Io, per il mio amore non corrisposto,
sto distruggendo il lavoro di tanta gente. Vedi Masumi,io vorrei
restare qui, con te, ma se lo facessi soffrirei ancora di più;
avrei un altro ricordo su cui piangere , che mi renderebbe più
difficile, se non impossibile, calarmi in Akoya. Jo messo a nudo la
mia anima con te, perché non voglio che tu continui a pensare
che io ti porti rancore. So che, con il tuo lavoro, ti sei attirato
l’odio di tanta gente, ma devi sapere che io non sono tra
questi.
Maya rimase qualche minuto in silenzio. Poi lentamente si
staccò da lui, si girò e si diresse verso la porta del
bagno, a testa bassa.
-Dove vai ora?-chiese Masumi con voce
tremante.
Maya non si girò
- A prendere le mie cose, hai
detto che mi riporti a casa, no?-
Prima che se ne rendesse conto,
Maya si ritrovò stretta in un abbraccio impetuoso, il viso
contro il torace di lui, poteva sentire sotto la sua mano il cuore
battergli come impazzito.
-No – rispose con voce roca –
non ti lascio andare via, non ti perderò di nuovo…
-
Che significa? –mormorò Maya
-Che ti amo da morire –
rispose Masumi in un soffio.
- Ti prego – lo implorò
– non prenderti gioco di me…
- No, amore, non mi sto
prendendo gioco di te. E’ la verità. Ti amo da tanto di
quel tempo, tu non sai quello che ho passato, quanto ho sofferto,
sicuro che mi odiassi, che mi detestassi. Per otto lunghi anni ho
aspettato questo momento e ancora – continuò con voce
tremante – stento a credere che sia vero. Tu , piccola mia, con
la tua tenacia, la tua passione sei riuscita a rompere le barriere di
ghiaccio in cui avevo rinchiuso il mio cuore. Prima di conoscerti non
sapevo cosa volesse dire amare. Mi ero imposto, ancora bambino, di
non amare più nessuno, ero solo dedito al mio lavoro e alla
mia vendetta su mio padre. Non m’importava quanta gente dovesse
soffrire per questo. Poi sei arrivata tu; la tua passione per il
teatro, il tuo spendere tutta te stessa, mi hanno fatto comprendere
quanto inutile fosse stata la mia vita, fino ad allora. Prima,
iniziai solo ad ammirarti; non perdevo mai nessuno dei tuoi
spettacoli; ben presto, mia piccola strega, hai rapito il mio cuore e
ne hai fatto il tuo prigioniero. I miei sentimenti, però, non
erano corrisposti e dovevano rimanere segreti. So di averti fatto
tanto male, a te e ad Haru, e mi porterò il rimorso della sua
fine finché avrò vita. E’ vero che, spesso, ti ho
ferita con il mio sarcasmo, ma lo facevo perché sapevo che la
rabbia che provocavo unita al tuo desiderio di dimostrarmi che
sbagliavo, avrebbe duplicato il tuo talento, come poi è stato.
Il prezzo da pagare era il tuo odio, ma avrei fatto qualunque cosa
per te, anima mia, anche questo….Quella sera, al Planetario,
ero stato tentato di dichiararmi, ma poi, la telefonata che mi
avvisava delle condizioni della signora Tsukikagge e la tua reazione
mi convinsero che non mi avresti mai amato. Così accettai la
proposta di mio padre: senza di te, la mia vita non era più
nulla, tanto valeva spenderla per la Daito, ma mai, mai ti avrei
abbandonata… Amore – continuò sfiorandole la
guancia con le labbra – perdona le cattiverie di quella sera
del fidanzamento: ho dovuto farlo. Mio padre aveva promesso che,
vista la tua opposizione alla Daito per la Dea scarlatta, se
non ti avessi annientata io lo avrebbe fatto lui. Ho cercato così
di proteggerti…
Maya si staccò un poco dal suo
abbraccio per guardarlo negli occhi chiari: quanto amore in quello
sguardo, quanta tenerezza. Nessuno l’aveva mai guardata così.
Lo strinse a sé.
-Ti prego, stringimi – mormorò
– non lasciarmi…
-Mai! – per la vita! –
rispose Masumi
Masumi le sollevò il mento e poggiò
le labbra, possessive, su quelle di lei. Il bacio, dapprima esitante,
divenne sempre più profondo e appassionato. A quello, ne seguì
un altro e un altro ancora, rimanendo quasi senza fiato, come due,
perdutisi nel deserto che, alfine possono dissetarsi ad una fonte
limpida e fresca.
Rimasero ancora abbracciati a lungo, quasi
timorosi che, se si fossero staccati, avrebbero di nuovo potuto
perdersi.
Masumi si diresse verso il letto, prese i due guanciali,
li appoggiò alla spalliera, si distese appoggiando la schiena
ai cuscini, la guardò e spalancò le braccia. Maya si
stese al suo fianco, rannicchiata contro di lui, la testa sul suo
petto.
Ascoltava il battito del suo cuore e nessun suono gli era
mai parso così familiare. Masumi le accarezzava i
capelli.
-Maya – devo parlarti.
-Dimmi – mormorò,
poggiando il mento sul suo petto e guardandolo negli occhi
-Sono
io il tuo Ammiratore sconosciuto…
Silenzio.
-Il Donatore
di rose, intendo…
Nessuna reazione
-Non dici niente?
-Lo
sapevo già, Masumi…
Masumi rimase interdetto per
qualche secondo. Maya aveva sempre la capacità di
stupirlo.
-No, questa me la devi spiegare…Come facevi a
saperlo? Chi te lo ha detto?
- Tu, amore mio
-Io?!
La stanza
riecheggiò della risata cristallina di Maya, poi spiegò:
-Sì,
tu. Ricordi Lande dimenticate? Bene, il mio Donatore di rose,
alla fine delle rappresentazioni, mi mandò un biglietto,
dicendomi che la scena “in cui Jane stringendo il foulard
azzurro di Stewart rivela la sua natura umana è stata molto
commovente”. Ora il foulard azzurro venne usato una sola volta,
cioè la sera della prima e quella sera avemmo un solo
spettatore: tu. Ma non è tutto…
Masumi inarcò
le sopracciglia
-…Il giorno dell’anniversario di mia
madre, mentre mi avvicinavo alla sua tomba, ti vidi, incamminarti
verso l’uscita; vicino alla sua lapide avevi lasciato un
bouquet di rose scarlatte e lì accanto una penna stilografica.
Non convinta, mi recai allora alla Daito e te la feci restituire da
un impiegato. Io osservavo tutto di nascosto. Tu prendesti la penna e
dicesti che era la tua…
- Sono senza parole…-borbottò
Masumi.
Maya rise e lo abbracciò. Poi alzò il viso e
lo guardò, gli occhi lucidi di commozione.
- Mi hai dato
così tanto Masumi; a te devo tutto quello che sono oggi.
Perdonami se non ho mai capito l’amore che mi portavi, per
averti fatto tanto soffrire, per…
Masumi le posò un
dito sulle labbra.
- Ti ho regalato tanta sofferenza anch’io…
ma per quanto mi riguarda, se ho dovuto soffrire tanto per la
felicità di averti fra le braccia, ne è valsa la
pena.
Le sfiorò la fronte con le labbra.
-Masumi…cosa
succederà adesso? Cosa faremo?
Lui si fece serio, rifletté
un attimo poi rispose:
-Domani, dopo che ti avrò
accompagnata a casa, andrò e parlerò con Shiori. Poi,
parlerò con mio padre .Infine, chiederò la tua mano
alla signora Tsukikagge, con molta, molta cautela! Non vorrei che le
venisse un’infarto!
-Vuoi sposarmi?!
-Tu non mi vuoi come
marito?
Maya lo fissò intensamente per qualche secondo, gli
occhi pieni di lacrime.
-Sì, sì, sì e
poi…sì! – rise, infine, baciandolo sulle
labbra.
Poi mormorò preoccupata:
- Tuo padre si
arrabbierà moltissimo, potrebbe toglierti la Daito….
- E’ possibile – convenne Masumi – ma non
gli converrebbe. La Daito è cresciuta grazie a me. E comunque,
ho comperato varie compagnie teatrali di un certo prestigio e a mio
nome. Non rimarrò disoccupato – sorrise.
- Perché
tuo padre vuole distruggermi. Non mi conosce nemmeno,cosa gli ho
fatto?
-Oh sì, ti conosce. Tu non lo ricordi forse, ma lui
ti ha incontrato e parlato più volte. Non serve che tu gli
abbia fatto qualcosa, lui vuole la Dea scarlatta. Se vincesse
Ayumi, non avrebbe problemi, se vincessi tu sa che la Daito non
avrebbe speranze e allora…
- E se…vincessi io, tu
cosa vorresti che io facessi con i diritti della Dea
scarlatta.?
Masumi la guardò dritto negli
occhi:
-La Dea scarlatta sarà tua Maya,e solo tu
deciderai da quale compagnia farla rappresentare. Io non intendo
influenzarti in alcun modo.
Maya lo guardò
intensamente.
-Ti amo tanto, Masumi.
Lui le mise una mano
dietro la nuca e l’attirò a sé: in quel bacio
tutto l’amore che li legava e la felicità di essersi
ritrovati. Maya cominciò a baciargli le palpebre, la punta del
naso,l’angolo della bocca, scendendo poi giù per il
collo, e intanto le mani correvano a sbottonargli la camicia.
-
Maya…-mormorò lui con voce roca – io sto cercando
di mantenere il controllo, ma se continui così, non garantisco
di riuscirci a lungo…
Maya gli rivolse uno sguardo
malizioso e birichino
- Ti ho forse chiesto di controllarti? –
mormorò sulle sue labbra
Masumi la guardò
-Sei
sicura?
Maya arrossì poi disse:
- Ti desidero tanto
Masumi..- poi continuò fingendo di ritrarsi – ma, certo,
se tu non mi vuoi…
Masumi rotolò su un fianco e la
fece scivolare sotto di sé. Maya rise
-Tu non sai quello
che dici – mormorò Masumi, accarezzandole il viso –
io desidero ogni piccola particella di te, ragazzina. Voglio che tu
sia mia corpo e anima; e sono felice che la nostra prima volta sia
qui, in questa camera, dove per tanto tempo ho pensato e sognato di
te.
E non ci fu più spazio per le parole quella notte, se
non per quelle d’amore che uscirono dalle labbra dei due
amanti, che infine assaporavano una felicità troppo a lungo
inseguita.
Finalmente
le loro due metà della stessa anima si erano ricongiunte e
niente ormai le avrebbe più separate, ed era stato così
difficile ritrovarsi. Certo, l’indomani avrebbero dovuto
affrontare molte situazioni e fronteggiare molti ostacoli. Ma questo
domani…domani.