Il grande sogno di Maya (Garasu no kamen), Maya, Masumi  e tutti gli altri personaggi sono proprietà di Suzue Miuchi, Hakusensha Inc. Tokyo, Tohan Corporation, Orion e quanti aventi diritto alla divulgazione e pubblicazione del Manga medesimo.
Questa fanfiction è stata creata senza fini di lucro, per il puro piacere di farlo e per quanti vorranno leggerla.
Nessuna violazione del copyright si ritiene, pertanto, intesa….

Lost words

By Aresian

Questa fanfictions trae spunto dal volumetto n. 37 di “Garasu no Kamen– La maschera di vetro” e pertanto, riporta diversi riferimenti al medesimo. E’ semplicemente, un mio personale approfondimento degli eventi accaduti che va, un po’ oltre, quanto espresso da Suzue Miuchi alla quale va tutta la mia ammirazione per la splendida storia che ha creato e che tanto mi e vi appassiona.

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Il lento sciabordio delle acque che, come dita vellutate, accarezzano il greto della spiaggia notturna. Un cielo stellato e, all’apparenza, immoto all’orizzonte. La brace di una sigaretta ad ardere nell’oscurità di una notte che è l’anticamera tenebrosa della sua anima. Lei è appena andata via, con quel suo sorriso aperto, fiducioso, innamorato. Avverte ancora l’essenza delicata del suo profumo di viola sulla propria pelle per quel breve, quasi formale, abbraccio in cui lei non ha celato il proprio quasi ingenuo trasporto.
“Shiori” quel nome a fior di labbra. Quando aveva incominciato a frequentarla, più per soffocare i sentimenti deliranti del proprio cuore che per assecondare l’ennesimo capriccio paterno, non poteva immaginare quanto delicata e sensibile potesse essere. Lo ama, lo sa e non per quello che appare ma per quello che è, mentre lui si sente in una prigione. Sta bene con lei, sarebbe la moglie ideale, perfetta. Discreta eppur solare, riservata eppur disponibile, un fiore delicato da scoprire, ma allora perché non riesce a dimenticare…lei? Vivido lo assale il ricordo di quella notte, trascorsa insieme in quel vecchio e decrepito tempio. Il rumore battente della pioggia sul tetto di legno e bambù. Il rimbombare sordo e potente dei tuoni lungo la valle, a fare da contr’altare al tumulto interiore che lo pervadeva. Maya, così goffa e irresistibile avvolta in quell’impermeabile tanto grande da farla apparire piccola e indifesa. Quel suo pianto incompreso, silenzioso, emozionato al quale, ancora adesso, non sapeva dare un perché.
Vorrei tanto vedere la sua Dea Scarlatta” (N.d.A.: Frase tratta dal volumetto n. 37). Quella frase gli era sfuggita senza che potesse impedirselo, così come le seguenti ove le mostrava, ora se ne rendeva conto, tutto l’apprezzamento per il suo talento d’attrice. Era quasi giunto al punto di rivelarle che era lui, il misterioso Donatore di Rose e, con tutta probabilità, lo avrebbe fatto se quel tuono improvviso non lo avesse ricondotto alla ragione. Solo che… vederla così mite, così disponibile al dialogo, così… fiduciosa di lui lo aveva indotto ad abbassare le barriere, ad incrinare la maschera di cinico riserbo, per poi… scosso, risollevarla con maggior forza ed impeto di sempre, senza tuttavia sortirne l’effetto sperato. Maya non lo aveva respinto, anzi, aveva cercato il suo calore, il suo abbraccio….
“Basta” un gemito rabbioso sfuggito alle sue labbra. Perché si tormentava in quel modo, perché non riusciva a scordare il contatto con il suo caldo e soffice corpo, premuto nell’ingenuità del sonno, contro il proprio? Perché al solo pensiero le mani gli tremavano? Era una tortura, un calvario che pareva non avere più fine. Amava disperatamente Maya e stava per sposarsi con un’altra donna, che lo amava con tutta se stessa. Come diamine era riuscito a fare della sua vita un’esacerbante trama da sceneggiato da quattro soldi? Dov’era finito il supremo distacco, il suo gelido cinismo? Infranto davanti allo sguardo ingenuo e determinato di una ragazzina. Aveva atteso otto lunghi anni nella speranza, inconfessabile, che lei crescesse, che fosse pronta per un relazione… Un sorriso ironico e amaro, al contempo, si profilò sulle sue labbra. Maya pronta per una relazione con lui, certo, come se gli otto anni fossero trascorsi solo per lei e, miracolosamente, l’abisso che li divideva si potesse azzerare come per incanto. Nel frattempo si era reso colpevole di un errore dietro l’altro, maldestro nei sentimento come un liceale alla prima cotta. Ma la colpa più grande di cui si era macchiato, che niente avrebbe potuto cancellare e gli sarebbe costato l’odio perenne di Maya, e null’altro, era stata la morte di Haru Kitajima. Inutile tentare di placare il rimorso portando fiori sulla sua tomba. Inutile offrirsi, inerme, al rancore addolorato e straziante di una ragazzina ferita nel profondo. Maya lo odiava, questo era un dato di fatto ineluttabile…eppure…. quel gesto delicato, quelle parole quando gli aveva porto il ramo di susino...
Questo rappresenta i miei sentimenti…Io…non mi dimenticherò di ieri per tutta la vita” (N.d.A.: Frase tratta dal volumetto n. 37). Che cosa aveva voluto dire Maya? Quella frase lo tormentava quanto, e forse, più del ricordo di quella notte. C’era una sorta di mestizia nello sguardo di lei, come se provasse rimpianto per qualcosa. Gli aveva donato un ramo di susino che, come vuole la leggenda, era sfiorito non appena era uscito dalla Valle, perché simbolo dell’amore di una Dea che non può durare nella realtà. L’amore della Dea Scarlatta…. L’amore di Maya….
^No. E’ assurdo. Sono un pazzo, solo un pazzo a sperare ancora. Arrenditi all’evidenza, Masumi. Dovrai accontentarti del ricordo di lei tra le tue braccia, di quel bacio rubato…^ Un ricordo che lacerava l’anima. Inutile cullarsi in pie illusioni. Era impossibile che Maya potesse provare qualcosa per lui, aveva fatto di tutto perché l’unico sentimento instillato in lei risultasse odio. Maya non aveva ragione alcuna per amarlo. Era il suo animo devastato dai rimorsi e dalla passione che lo portava a credere nell’impossibile. Eppure lei era stata diversa, non ostile… Maledizione, forse avrebbe fatto meglio a rivelarle, una volta per tutte, la verità. A dirle che il Donatore di Rose era lui, accettare di vedere la cocente delusione dipingersi sul suo volto di ragazzina e sparire per sempre, dalla sua vita, per tornare nell’ombra. Aveva Shiori ad attenderlo, non il nulla, ma allora perché non lo aveva fatto? Perché non aveva messo fine a tutto? Semplice, perché nonostante Shiori, nonostante gli undici anni di differenza, nonostante l’odio di lei, non riusciva a lasciarla andare, perché sarebbe equivalso a strapparsi il cuore dal petto. 

Mancava poco, ormai, al momento in cui avrebbe dovuto sostenere l’ultima prova stabilita dalla Sig.ra Tsukikage, ovvero l’interpretazione della “sua” Dea Scarlatta nella Valle dei Susini. Il solo rimetterci piede contribuì a riaccendere quell’esile ma ardente fiammella d’amore nel suo cuore. Il ricordo di quella notte trascorsa tra le sue braccia, di Masumi Hayami non già austero e inviso Presidente della Daito Art Production ma, semplicemente, l’Ammiratore Sconosciuto. Il calore del suo abbraccio, il battito sordo e rassicurante del suo cuore contro l’orecchio, la tenerezza dei suoi sguardi… se solo avesse potuto credere che erano per lei, e non perché era un “prodotto” prezioso. Il suo giovane cuore sanguinava, perché non aveva avuto il coraggio di chiedergli la verità. Perché aveva esitato e non gli aveva detto semplicemente “So che il donatore di rose è lei, mi dica il perché”? A ferirla, ora più che mai il ricordo delle parole non dette, delle speranze infrante, di un amore appena nato e già così maturo e impossibile. Forse i sogni svaniscono realmente… all’alba. Già, perché quel bacio a fior di labbra, era stato solo un dolcissimo sogno, frutto dell’immaginazione di un cuore innamorato. Masumi Hayami non avrebbe avuto ragione alcuna per baciare lei, l’insignificante ragazzina di undici anni più giovane. Levando lo sguardo verso il cielo, mentre la brezza gentile le accarezzava i capelli, una solitaria lacrima le solcò il volto.
^Ma allora, se è un sogno… perché ne avverto ancora il calore?^. Una stretta al cuore, un senso di vuoto e di esasperante abbandono. Perché non aveva avuto il coraggio di chiederglielo? Perché? Ancora una volta, parole perdute, non dette tra loro, l’ennesimo mattone di un muro che essi stessi, artefici inconsapevoli, contribuivano ad ergere. Avrebbero mai trovato il coraggio di abbatterlo?
“Sig. Hayami… perché?”.
Un sussurro perso nel vento, laddove, tra i susini in fiore, lo spirito millenario di una Dea della Natura ne raccoglieva il triste richiamo.

- FINE -

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N.d.A:

Questa fanfiction è nata e rimane un’autoconclusiva, anche se nulla toglie alla possibilità, che in futuro possa scriverne un seguito, magari meno triste. Vedremo….ehehhe!!!

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