Il grande sogno di Maya (Garasu no kamen), Maya, Masumi  e tutti gli altri personaggi sono proprietà di Suzue Miuchi, Hakusensha Inc. Tokyo, Tohan Corporation, Orion e quanti aventi diritto alla divulgazione e pubblicazione del Manga medesimo.
Questa fanfiction è stata creata senza fini di lucro, per il puro piacere di farlo e per quanti vorranno leggerla.
Nessuna violazione del copyright si ritiene, pertanto, intesa….

La Lettera

By Luna

Parte 5^

Il giovane uomo che era divenuto l’unico tramite tra Maya e il suo Donatore di Rose, aveva avuto, suo malgrado, un passato molto doloroso. Egli era figlio di Katsuo Tocashi, socio in affari e, in seguito, amico di Eusuke Hayami. Il loro rapporto era nato quando erano ancora giovani e le loro strade avevano incrociato quelle di Ichiren Ozaki e di Chigusa Tsukikagge.
La prima della Dea scarlatta al teatro Gekko li aveva irrimediabilmente soggiogati; ma mentre Eusuke era stato conquistato dal fascino di Chigusa, Katsuo guardava solo al grande valore dell’opera teatrale del maestro Ichiren, di cui intravedeva il fulgido futuro.
La sua grande ambizione portò Tocashi ad assecondare  Hayami in tutte le sue strategie per impossessarsi della Dea scarlatta.
Il suicidio del maestro Ichiren pose, però, fine alla loro società. Tocashi rimase sconvolto dall’atto disperato del maestro. Il senso di colpa s’impossessò di lui e non volle più occuparsi della Dea scarlatta, dedicandosi ad altri capolavori del teatro giapponese. La sua decisione, però, non provocò la rottura dei suoi rapporti con Hayami, che gli rimase amico devoto.
Gli anni passarono. Tocashi, in seguito a speculazioni finanziarie azzardate, divenne preda dei creditori che lapidarono tutto il suo patrimonio.
La vergogna e il timore che i suoi cari potessero pagare il prezzo più alto della sua rovina, lo spinsero a tentare il suicidio insieme alla sua famiglia.
Eusuke Hayami, appresa la notizia del dissesto finanziario del suo vecchio amico, andò a trovarlo per offrirgli il suo aiuto. Il suo arrivo provvidenziale riuscì a salvare la vita a Katsuo e a Karato; vani furono i tentativi di salvare la moglie e la figlioletta dell’amico; il monossido di carbonio le aveva uccise.
Katsuo e il figlio, in seguito a quella vicenda, dovettero sparire. Eusuke Hayami fece perdere le loro tracce. Pur  continuando a vivere in Giappone, cambiarono la loro vita e la loro identità e la loro famiglia assunse il nome di Hijiri. Eusuke  assunse Katsuo nel ruolo di uomo – ombra, persona fidata in grado di assumere diverse identità, pronta ad indagare e a scoprire i punti deboli degli avversari della potente Daito Art Production. Nessuno udì mai più il nome del padre o del figlio; vivevano la nuova vita che Hayami aveva costruito per loro.
Trascorsi gli anni, dopo la morte di Katsuo, fu la volta di Karato, ormai cresciuto e devotamente legato agli Hayami, di assumere il ruolo di uomo – ombra, ma non al servizio di Eusuke, ma del figliastro di questi, Masumi Hayami.
A quel tempo, la Daito Art Production subiva la concorrenza della casa di produzione di un ricco personaggio, Takeshi Hidara. Costui era anche un grande benefattore; organizzava di frequente riunioni e feste, cui partecipavano persone sensibili e facoltose, allo scopo di raccogliere fondi da destinare all’infanzia del Terzo Mondo.
Karato  partecipò ad uno di quest’incontri nel ruolo di segretario di un inesistente uomo d’affari americano di passaggio dal Giappone.
E fu in quest’occasione che Karato conobbe Shiori Takamiya.
Lei aveva preso parte a questo convegno quale esponente della nobile famiglia Takamiya, al posto del nonno che, per motivi di salute, non aveva potuto presenziare.
Shiori si distingueva tra i presenti per la sua bellezza ed eleganza, ma piuttosto schiva, sembrava essere a disagio tra tanta gente. Lui, Karato, si sentiva  come un pesce fuor d’acqua tra quelle persone del bel mondo. Si ritrovarono seduti vicini. Lui l’aveva notata subito, così bella e con quello smarrimento nei grandi occhi che la facevano apparire così indifesa.
Karato  si rivolse più volte verso di lei, tentando di avviare una discussione e ne otteneva soltanto timidi sorrisi, sguardi sfuggenti, subito fugati dalle lunghe ciglia e un lieve rossore che ne imporporava le gote di alabastro.
Il commento del giovane sull’ultimo contributo di un missionario che era rimasto per ben cinque anni in Africa, a fianco dei bambini strappati alla strada e all’abbandono, fu l’occasione per rompere il ghiaccio. Shiori , che conosceva il missionario, parlò a Karato delle difficili condizioni in cui si era trovato ad operare e dei piccoli e grandi miracoli ch’egli aveva saputo compiere in quella realtà. Trascinata dall’argomento a lei tanto caro, aveva dimenticato il suo naturale riserbo.
Alla fine della serata, chiacchieravano come due vecchi amici.
Si erano rivisti spesso dopo quella sera. Avevano scoperto di avere molto in comune: la passione per la lettura, l’amore per la natura e, soprattutto per l’affascinante mondo marino, gli stessi gusti musicali.
S’incontravano nei Giardini imperiali di Tokyo, sempre nel primo pomeriggio. Era, per entrambi, un appuntamento irrinunciabile e il ricordo di quegli’attimi riscaldava il loro cuore fino al prossimo incontro. Innamorarsi e confidarsi il reciproco sentimento era stato naturale, così come la rinascita di entrambi a nuova vita: per Karato, quel sentimento costituiva l’unica possibilità di essere se stesso e di essere amato per questo; per Shiori, rappresentava la prima possibilità di vivere in piena libertà quello che sentiva, lontana dalla protezione affettuosa ma anche condizionante del nonno. Erano ormai un ricordo i suoi periodi di malinconia, i suoi attacchi di anemia e di spossatezza. Sembrava essere rifiorita: gli occhi risplendevano di luce nuova, le sue gote avevano ripreso colore e sulle sue labbra aleggiava un sorriso costante.
La trasformazione della nipote non poteva sfuggire al vecchio nonno. Era stato molto semplice per lui scoprire chi era l’artefice di quel cambiamento e, ancora di più, avere informazioni su di lui. Il vecchio signore riuscì a contattarlo e a chiedergli un incontro.
Karato era un uomo – ombra con un’identità costruita: era il segretario di un uomo d’affari americano che nessuno aveva visto. Troppi punti oscuri sul suo passato.
Impensabile un suo qualsiasi rapporto con l’ereditiera Shiori. Lui non avrebbe mai potuto mantenerle il tenore di vita cui era abituata. Il nonno di lei espresse con crudezza questi dati di fatto. Lui, Hijiri doveva sparire se veramente l’amava, non era certamente in grado di farla felice. Il vecchio samurai era arrivato perfino a mettergli sotto il naso un ingente assegno per convincerlo.
Karato strappò l’assegno sotto gli occhi attoniti del vecchio e gli assicurò che sarebbe sparito dalla vita della nipote. Scrisse a Shiori poche righe, spiegandole che doveva partire, andare lontano e che era preferibile che lo dimenticasse. Era terminato ormai il suo compito presso il signor Hidara; Karato poteva tornare nell’ombra fino al suo prossimo incarico. Impossibile per Shiori rintracciarlo.
Innumerevoli volte Karato l’aveva osservata da lontano, nel parco di casa sua o nei suoi pellegrinaggi nel “loro” posto, il Giardino Orientale; ne aveva visto il volto spento, gli occhi colmi di lacrime, maledicendosi per avere permesso a lei e a se stesso quel sentimento che lui sapeva, irrealizzabile e, ancora di più per essere sparito come un vigliacco, senza avere avuto il coraggio di parlarle. Come spiegare alla donna che amava più di se stesso che lui non esisteva, che era solo un uomo – ombra?
Gli anni trascorsero. Karato venne poi a sapere che la promessa sposa dell’uomo cui si sentiva legato da una gratitudine senza pari, era proprio la sua Shiori; ma aveva taciuto, senza rivelare ad alcuno il grande amore che neanche il  tempo era riuscito ad affievolire.
Una volta, trovandosi nella villetta al mare di Masumi, a Nagano, aveva corso il rischio d’imbattersi in Shiori, ma era riuscito a sfuggirle, uscendo dalla porta-finestra della grande sala.
Ora, l’incontro con lei, tanto atteso e tanto temuto era infine avvenuto.
Dopo cinque anni, quei due giovani che si erano tanto amati e che si erano lasciati senza una parola, si trovavano ora una di fronte all’altro.

- continua -

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