Il grande sogno di Maya (Garasu no kamen), Maya, Masumi  e tutti gli altri personaggi sono proprietà di Suzue Miuchi, Hakusensha Inc. Tokyo, Tohan Corporation, Orion e quanti aventi diritto alla divulgazione e pubblicazione del Manga medesimo.
Questa fanfiction è stata creata senza fini di lucro, per il puro piacere di farlo e per quanti vorranno leggerla.
Nessuna violazione del copyright si ritiene, pertanto, intesa….

La Lettera

By Luna

Parte 2^

Maya accartocciò l’ennesimo foglio di carta e lo lanciò dietro di sé, che andò a far compagnia a quelli che lo avevano preceduto; alle spalle della ragazza. Il pavimento era ricoperto da diverse pallottole di carta, quanti erano stati i tentativi andati a vuoto. Maya appoggiò la fronte sul tavolo, le mani tra i capelli. Le parole scritte non corrispondevano a quello che sentiva; le sembravano tutte fredde, distanti dai moti del suo cuore; immaginava lo sguardo di Masumi, leggendole; le sembravano ridicole sicuramente non avrebbero toccato il suo animo. Lo amava tanto…perché non riusciva ad esprimerlo? Cosa avrebbe pensato lui leggendo quanto avrebbe scritto?
D’improvviso comprese. Doveva essere se stessa. E basta. Non pensare a come avrebbe reagito lui, ma solo essere se stessa. Cosa aveva detto Masumi nel tempio? Lei gli era sempre piaciuta perché aveva agito sempre come sentiva; lo aveva affascinato sul palcoscenico, no? Perché lì Maya riusciva ad essere se stessa.
“Io, solo io, posso aprire le porte del mio destino e posso farlo con le mie mani…solo con queste mani!” Quando aveva intrapreso qualcosa pensando a questo, tutto era andato per il meglio.
Alzò il mento e rimase un attimo assorta nei suoi pensieri; poi, cominciò a scrivere.

Masumi  si trovava ancora seduto nel suo ufficio. Negli ultimi tempi, aveva preso l’abitudine di attardarsi alla Daito Art Production fino a tarda notte. La rappresentazione della Dea Scarlatta era ormai alle porte  e niente doveva essere lasciato al caso: era questa la scusa che aveva adottato con Shiori e con suo padre, per sfuggire al dovere di uscire con lei e alle pressanti domande di lui. A se stesso, però, non poteva mentire. Lì dentro, quando ormai tutti i rumori si erano spenti, quando tutti gl’impiegati e perfino la fedele Mizuchi erano tornati alle loro case, quando i telefoni avevano cessato di squillare, poteva, infine, togliersi la maschera di Hayami-san e ritornare ad essere  Masumi e rimanere in compagnia dei suoi pensieri, della sua angoscia, del suo dolore.
Si slacciò la cravatta e la depose sulla scrivania, un gesto che era diventato ormai abituale; tolse una sigaretta dal pacchetto, l’accese e il fumo che ne uscì dalle labbra socchiuse, disegnò cerchi informi che aleggiarono dinanzi a lui. Distese le lunghe gambe e fece un mezzo giro sulla sedia, volgendo lo sguardo verso la grande finestra, osservando stancamente gli eleganti edifici di Tokyo e le raffinate luci colorate.
La sua mente ritornò, come spesso gli accadeva, a quella notte, nel tempio, quando l’aveva tenuta tra le braccia. Poteva ancora sentire il calore del suo abbraccio, l’odore dei suoi capelli, il sapore di quell’unico bacio rubato nell’innocenza del suo sonno. Chinò la testa, passandosi una mano tra i capelli. Da quella notte, avvertiva l’assenza di Maya anche in modo fisico, come se avesse perso un braccio o una gamba.  La voleva accanto a sé, ora!  Desiderava stringerla tra le braccia, come allora. Perso in quel sogno, incrociò le mani sul petto, stringendo il vuoto. Sospirò, ridestandosi. Spense le luci, indossò il soprabito e si diresse verso il garage  a prendere l’auto.
La macchina percorse senza fretta le strade principali e si diresse verso la stradina secondaria che conduceva all’appartamento di Maya e Rei.  Era un’abitudine, ormai; prima di tornare a casa, passava da lì, sperando di vederla, anche se solo di sfuggita, a volte, era stato fortunato e ne aveva intravisto la sagoma, alla finestra. Aveva potuto così sentirla più vicina.
Non sperava, però di vederla in quest’occasione, vista l’ora tarda. Si stupì, dunque, di vedere la luce ancora accesa e, poco dopo, aveva visto la figura esile di Maya camminare avanti e indietro  per la stanza e aveva pensato tra sé: “Neanche tu riesci a prendere sonno, ragazzina…cosa darei per essere io il motivo della tua insonnia…” Aveva sorriso amaramente a  quel desiderio che credeva irrealizzabile.
>Era roso dalla gelosia, ripensando a quella sera, al ristorante, quando Sakurakoggi lo aveva battuto sul tempo, gettandosi in acqua e l’aveva riportata a galla tra le sue braccia; aveva intravisto i due ciondoli, uguali, al collo dei due ragazzi. Serrò i denti e le nocche delle mani gli divennero bianche, mentre stringeva convulsamente il volante. Infine, ripartì e si diresse verso casa Hayami.

- continua -

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