Versailles no Bara, Oscar, André e tutti i personaggi legati alla serie TV e al manga sono copyright © di Riyoko Ikeda,  Chuokoron – Shinsha Inc. e Tohan Corporation.
Questa fanfiction è stata creata senza fini di lucro, per il puro piacere di farlo e per quanti vorranno leggerla.

Nessuna violazione del copyright si ritiene, pertanto, intesa….

 

 

Gocce di memoria

By Juuachigo

 

 

Sono gocce di memoria

queste lacrime nuove

siamo anime in una storia

incancellabile

 

Un flusso di pensieri le salì alla testa in modo così naturale che se ne stupì, un getto semi-cosciente, ma più vero di qualunque scelta che lei avesse mai fatto fin dalla culla.
Pensò che, anche a quei tempi, più o meno, lui era già li, con quel proteggerla disarmante nella sua traslucida convinzione bianca come il Paradiso.
E la amava.
Si disse che, se non fosse mai riuscita a vedere il regno dei cieli, avrebbe avuto almeno il sollievo di vederne i più illibati riflessi nello sguardo di lui.
Nello sguardo di André.

Si sorprese di ciò che aveva esclamato nel silenzio liquido ed incostante dei suoi pensieri, perché aveva appena dato via libera alla stima che aveva ancora di lui, ancora incorrotto dalla sofferenza, nonostante tutto.
Nonostante quel bacio.
Nonostante quel pezzo di seta.
Nonostante l’unico sfogo che, violentemente, aveva esercitato su di lei, con disperazione. Somma e folle.
Purtroppo, tutto non poteva imbiancare di nuovo per essere riscritto senza errori, valeva viverlo fino in fondo, nonostante questa consapevolezza che, accumulata in petto, era come un qualcosa che tranciava il flusso di sangue e ragione, con un dolore immenso, irripetibile, sperava.

Tutto al diavolo!

 Il Destino avrebbe deciso in cosa quell’amicizia di vent’anni sarebbe riuscita a trasfigurarsi.
In odio? O solo in un deserto di silenzi assetato di chiarimenti?
Non gliene importava assolutamente NIENTE, formulò, con convinta rilassatezza… forse.

Sarebbe filata dritta, inflessibile, annegata nei ricordi di quello che era stato prima, perché l’unica soluzione possibile era quella, ‘impermearsi’ nel passato per proteggersi –da sola, stavolta- da ciò che, passato, invece, non era ancora.

E faceva dannatamente male, perché era il passato che lei voleva, che convergeva in quell’André silenzioso e devoto che le stava accanto e che invece tale non era più, in fondo.
Forse era quello l’André che -assurdamente- amava, quello con cui, per esprimere una mezza verità, non occorreva un confronto, ma uno sguardo azzurro, diretto e terso. Lui l’aveva sempre saputo…
Perché, in realtà, era un’espressione smeraldo che, presuntuosa, era convinta di aver interpretato in ogni sfumatura.
Illusa. Non ‘illuso’, ma ‘illusa’, perché anche l’educazione maschile paternamente impostale era di un’evanescenza che solo lei avrebbe avuto il fegato di dissolvere, con un colpo di spada.

Nemmeno suo padre avrebbe potuto decidere di una cosa del genere. Solo lei, Oscar François de Jarjayes.

Se solo avesse voluto…

 

Le infinite volte che

mi verrai a cercare

nelle mie stanze vuote

inestimabile
 e inafferrabile

la tua assenza che mi appartiene

 

C’era solo un freddo asettico e vertiginoso nei loro saluti e nelle sintetiche conversazioni di una tangibile banalità.
Era stato maledettamente bravo a mascherare tutte le sue emozioni per tutto quel tempo, André. Lei, invece no.
Si era scoperta innamorata, incapace di rinchiudere il tremore delle sue iridi ed il rossore poggiato sulle guance, di una femminilità che odiava, e poi, d’un tratto, fuggire, desistere, per constatare che poi amore non era e riconoscere quelle sensazioni come… istinto femmineo, nello sfogo del suo lato di donna che, inconsciamente, aveva.
Voleva essere un uomo, davvero.
E, se mai fosse stato possibile, un uomo come André, che aveva per lungo tempo preferito l’implodere al vomitare tutti i suoi tormenti, per non compromettere l’ingranare della sua esistenza apparentemente perfetta, con lei accanto.

Era solo questo che voleva.
Lei.
E lei non era riuscita a consegnarsi, capace solamente di fare susseguire un ‘perché’ ed un’incredulità dopo l’altra, senza contare la stizza.
Era così semplice ed abbacinante l’amore che André aveva nutrito nei suoi confronti che per un istante penso di morirne, così, tutt’a un tratto.
Avrebbe tanto voluto riuscire a capire ed assecondare quel sentimento fino in fondo per sentirsi candida luce e parte di esso, o, semplicemente, riuscire a provare qualcosa di simile, nei confronti di qualunque cosa, per riuscire a rinascere interiormente, per una buona volta.

Si scoprì ad affermare che sarebbe stato difficile provare un simile tumulto nel petto senza che questo fosse collegato ad André, perché lo conosceva abbastanza bene da permettersi di addentrarglisi così radicale nei sentimenti. D’altronde, non l’aveva già fatto, senza volerlo?

Adesso di lui le rimaneva solo la fredda non-presenza e quella scia di profumo indelebile che questa lasciava sempre nell’aria.
Pianse perché si accorse di conoscere quell’odore come se, nel mondo intero, fosse stata l’unica sua cultura.

 

 

Siamo indivisibili

siamo uguali e fragili

e siamo già così lontani

 

Del mondo conosceva solo lui, constatò amaramente, dacché era stato l’unico da cui aveva egoisticamente attinto energia, capendo troppo tardi che non aveva alcun diritto sul suo animo tranne quello di amarlo, per renderlo felice, sperando che quello potesse considerarsi amore.

Sperò che ‘amore’ potesse essere il dolore incolmabile in reazione al vuoto che André aveva lasciato in lei, costretta ad ingoiare quel nulla per ritrovarlo ovunque, in sé stessa, per annientarsi.

Senza di lui non riusciva ad essere propriamente qualcosa, si accorse.
 L’amore poteva essere la stilettata al petto nel prendere coscienza del suo sguardo mancato, quando lui abbassava l’espressione per non incontrare i suoi occhi, oppure… l’irrazionale voglia di piangere e maledire il mondo, quando era con lui. Sulla sua spalla. E lasciar cadere la maschera.

Ma erano supposizioni.
Il prezzo di essere un soldato e non una damigella era più alto di quello che aveva sempre pensato.

Ma se fosse stato così…

André, io penso di amarti e si sorprese della naturalezza di quel pensiero.
André, io ti amo  scattò subitanea, col fiato fermo in gola.
Non c’era suono più bello, e vero, e puro, e logico di quelle parole.
Le ripeté convinta, fino a perderne il senso, fino a carpirne ogni tonalità, fino ad assorbirne la luce.

 

Con il gelo nella mente

sto correndo verso te

siamo nella stessa sorte

che tagliente ci cambierà

aspettiamo solo un segno

un destino, un'eternità

e dimmi come posso fare

per raggiungerti adesso

per raggiungerti adesso

per raggiungere te.


Il vuoto la sollevò dalla realtà e l’avvolse in un’abnorme vertigine…
Amava André…
Una felicità leggera, liquida, impensabile, improponibile, riempì di getto quella voragine in un afflusso immediato, freddo, che le svegliò ogni anfratto della mente.
Amava Andrè…
Sì, e doveva ammetterlo immediatamente, adesso che ne era cosciente, prima che la logica di quelle elucubrazioni si perdessero nel vento come caligine.
Si alzò, ma subito s’irrigidì al pensiero di dover andare a sbattere contro l’indifferenza ostinata dell’uomo.

André era parte di lei… ma Oscar era ancora un pezzo di lui?

Quale prezzo avrebbe dovuto pagare per scoprirlo?
Placare un dolore per dare inizio ad una nuova sofferenza?
E stavolta… gli occhi verdi che materializzavano quella disperazione l’avrebbero abbracciata in ogni attimo che avrebbe trascorso in quella casa…
E stavolta… non avrebbe avuto la forza per fuggire.
Intanto era rimasta immobile, nel vuoto di quelle quattro pareti intarsiate.

 

Siamo gocce di un passato

che non può più tornare

questo tempo ci ha tradito

è inafferrabile

 

Un passo dopo l’altro si fece strada fra quei corridoi che non riconosceva più.
Bambina. Sciocca bambina che stava ancora cercava di risorgere dal grigio pulviscolo dell’infanzia lontana milioni di miliardi di secoli.
Milioni di miliardi di secoli fa un bambino dalle chiome d’ebano sgraffignava con lei i biscotti alle mandorle, che venivano sbocconcellati sul prato, appena in tempo, prima dell’arrivo della nonna che scaraventava, come da copione, il mestolo sulla zucca del quieto infante.

Stette per piangere… No, solo un po’ di polvere negli occhi, solo l’orgoglio di soldato che –deo gratias- riusciva ancora a tenersi in piedi, ma non stava piangendo, da bravo Comandante, no, non era così, non era il Comandante che piangeva, non era il soldato, non era il figlio del Generale Jarjayes, non era l’uomo.
Era l’umano, la donna, che piangeva, maledizione. E che aveva  sempre pianto. E che era sempre stato a galla, prima del ballo, prima delle rose bianche o rosse e che, indifferente, aveva calpestato dei lillà di cartapesta.

Gli occhi di quell’antico bambino cresciuto se n’erano accorti prima di lei stessa, l’avevano agognata, sinceramente amata, difesa, protetta, cullata, rasa al suolo, ricostruita.

 

Non t’hanno osservata per primi, vigliacca, lo sai, bugiarda, l’hai sempre saputo… Sono stati solo il sincero messaggio della tua coscienza sepolta sotto spade, pistole e marziale incedere…

 

Racconterò di te

inventerò per te

quello che non abbiamo

 

Mi sto chiedendo quanto sia grande il mio amore per te.

Lo sento così forte che potrei fare qualunque cosa, André, così leggero e fragile che farei di tutto per difenderlo.
Intanto noi rimaniamo chiusi qui, nella sfera di falso cristallo dei nostri obsoleti pregiudizi, a studiare a tavolino il modo perfetto per non ferirci, mentre invece non facciamo altro che spedire il coltello in quelle che, a conti fatti, sono invece cicatrici.

Lo odio, questo. Ogni istante di vita in più di quest’astio è un secondo aggiunto in dono al nostro legame, grande, proprio perché detesta le convinzioni di oggi, forse addirittura più di me medesima.

E, dannazione, io sono ancora ferma qui a chiedermi se è questo che amerai di me, e ti giuro che inchioda pesantemente a terra, domandarsi se, col passare del tempo, Oscar diventerà così piccola davanti a tutto questo fino a ridurti ad amare… l’amore!

 

Le promesse sono infrante

come pioggia su di noi

le parole sono stanche

 ma so che tu mi ascolterai

aspettiamo un'altro viaggio

un destino, una verità

e dimmi come posso fare

per raggiungerti adesso

per raggiungerti adesso,

 

L’amore non è forse correre in linea retta con la certezza negli occhi, insieme, fino a raggiungere l’impatto violento con la felicità così velocemente che il respiro viene a mancare, e le iridi si specchiano fra loro?
E’camminare piano fra l’erba fredda e i sassi crudi con i dubbi e gli occhi lucidi fermi in faccia, fino a raggiungersi e toccarsi lentamente, mentre il tempo e le lacrime scorrono veloci, forse troppo?

Gli sguardi non bastavano più, come lacrime salate che per anni scendevano lungo una gola disidratata che, in mancanza d’altro, non poteva fare altro che ingoiare.

Vecchia era ormai la bianca intesa di infanti in silenzio, sempre più asciutta e velata nel bel mezzo della polvere del loro tempo.

L’insieme di tutto questo è un’arma a doppio taglio che la vita mi ha gettato fra le mani, quanto può tagliarci, André, mentre le nostre anime saranno l’una contro l’altra, e noi nella beatitudine dell’istante a chiederci se strideranno, con le orecchie annegate nel silenzio dopo secoli di cicaleccio infernale mai quieto?

Ammetto di non saperlo, Dio, ma ormai sono tante le cose che non so con te per te e addirittura di te… però mi muovo…

… verso di te… e cosa?

Capaci di vivere un’esistenza piena solamente di noi e delle nostre emozioni?

Finché una porta di mogano diventa il tramite e mi appari nella luce del pomeriggio abbacinante quasi come un dio e tu fermo, a guardarmi, quasi di pietra, mi chiedo intanto se riuscirò a resistere nell’essenza di ciò che sei nell’ebbrezza dell’attimo, questo e mille, mille, mille altri ancora, e il tuo nome mi sfugge dalle labbra, autonomo e vivo, caldo e quasi piano mentre si delinea la concretezza di non poter tornare in dietro, disarmati, la verità ti si piazza subitanea e dura in mezzo all’aria non respirabile per quella che forse è troppa purezza per noi piccoli dubbiosi.

Nella testa l’ultimo ‘ lo amo’ vomita vortici di affermazioni e negazioni che girano leggeri, vertiginosi… siamo così vuoti dentro? E tu fermo, no, non il mio nome pronunciato in questo momento così serio e ultraterreno, qualcosa di così freddo e ‘realistico’ nell’irrealtà nuova fra noi, lo dici, ancora visualmente allacciato a me, e io ferma, con cascate di frasi in arrivo.

<< No, niente, André>>.

Esco.

 

per raggiungere te.

 

Maledicendomi.

 

 

 

 

 

Ma mai quanto in seguito.

 

 

 

 

 

Con il sangue raggrumato in petto.

 

 

 

 

FINE

 

 

 

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