Dragon Ball, Dragonball Z, Dragonball GT, Bulma, Vegeta e tutti gli altri personaggi sono proprietà di Akira Toriyama, Bird Studio e Toei Animation.

Questa fanfiction è stata creata senza fini di lucro, per il puro piacere di farlo e per quanti vorranno leggerla.

Nessuna violazione del copyright si ritiene, pertanto, intesa….

 

 

CUORE DI METALLO

By Aresian su traccia di Lady18

 

 

PREMESSA: Questa fanfiction è legata all’iniziativa “C’è posta per te…” ed è pertanto ispirata alla “Lettera” che Lady18 ha, ipoteticamente, indirizzato a C-18. Per questa ragione il collegamento che rimanda a questa fanfiction lo trovate sia tra le “Autoconclusive di Are” che nella sezione “C’è posta per te…”. Poiché non mi è possibile inserire il testo integrale nel contesto della fanfiction, lo ripropongo all’inzio e poi, nell’evolvere della trama, porterò C-18 a rispondere ai quesiti che l’autrice della lettera le ha posto.

Lady18, spero che la risposta di C-18… ti piaccia….eheheh!!!

 

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Ciao C-18,

 

Ti  ho vista combattere al Torneo Tenkaichi. Espressione di forza ed eleganza al contempo. Siamo molto simili sai? Due donne energiche e forti, dal carattere fiero che non si lasciano piegare. Eppure io sono un essere umano, mentre tu un cyborg. A volte mi chiedo, come deve essere vivere con la consapevolezza di avere al posto del cervello solo circuiti e cip.

 

Eppure, prima che il Dott. Gero ti trasformasse in quello che sei ora, era una ragazza come tante, un essere umano. Hai ricordi del tuo passato? Se sì, lo rimpiangi mai?

 

Sono felice che il Dott. Gero abbia fallito. Che tu non sia rimasta fredda lamiera, ma che il tuo cuore sia tornato a battere, per Krilin che ami e lo hai dimostrato con le lacrime che hai versato per lui, arrivando a combattere il tuo stesso sangue per proteggerlo.

 

Ma chi è la vera C-18? La donna tutta d’un pezzo che raramente sorride, capace di mettere in ginocchio il Principe dei Saiyan, o la madre affettuosa per un cucciolo biondo?

 

Ti ammiro, perché hai avuto il coraggio di cambiare… cosa che molti non sanno fare.

 

Tua,

Lady18

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Un oceano color del cobalto, calda e finissima sabbia bianca sotto i suoi piedi. Il vento gentile a scompigliarle i corti capelli biondi. Una sensazione di spensieratezza e libertà. L’innocenza infantile negli occhi d’acqua marina. Gioiosa e cristallina la risata mentre correva felice lungo la spiaggia, rincorrendo un meraviglioso aquilone dai colori sgargianti e luminescenti dell’iride.

“Aspettami… fratello non correre… aspettami”…

Chiome corvine al vento, spendenti occhi azzurri in un viso che era il riflesso del suo. La luce e la tenebra, il bianco e il nero, chiome bionde e corvine a intrecciarsi selvaggie sospinte dal vento, fondersi al punto da non essere più distinguibili, il simbolo del bene e del male, dello ying e dello yang, due gemelli il cui destino era intrecciato per sempre e indissolubilmente.

“Sei lenta sorellina. Non riuscirai mai a raggiugermi”. La sua risata divertita.

Poi la spiaggia scompare…. Il cielo è saturo di elettricità. Un oscuro deserto sotto i suoi piedi, nel volto di lui l’odio più profondo, il disprezzo, e lei, ferita nel profondo dell’anima a fissare quelle iridi glaciali e prive di ogni ombra di umanità. Lei a gridare il suo amore infranto, a gettare in pasto al demonio che era ora il suo stesso sangue, l’ultimo frammento di cuore che le era rimasto…

 

“17!!!!!!” un grido strozzato e ritrovarsi a fissare il soffitto della propria stanza, celato nella penombra della notte. Il cuore nel petto a battere impazzito.

Crili, al suo fianco, non si era accorto di niente e continuava a dormire tranquillamente. Per fortuna, non avrebbe saputo spiegargli quale tormentoso incubo angosciasse le sue notti, da quando, un mese prima, aveva combattuto contro il suo stesso sangue, condannando all’oblio l’altra parte della sua stessa anima. Con un gesto stanco, getto da parte le lenzuola e, senza fare rumore, uscì dalla stanza e si avviò lentamente lungo la spiaggia. Il delicato tessuto della camicia da notte bianca a fluttuarle morbido intorno al suo corpo, intatto ed indistruttibile, di cyborg. Il mare si infrangeva, con gentili onde, sulla quieta e silenziosa spiaggia mentre le stelle si riflettevano sul nero manto dell’acqua. Era un paessaggio che invitava alla quiete, alla serenità, ma il suo cuore era in tumulto. Lo era da tempo ormai. Che il ricordo della morte di C-17 la sconvolgesse, tutto sommato, era normale. Ma quello che la inquietava maggiormente era che era sempre accompagnato dalle stesse immagini. Di una spiaggia come quella, delle loro risate gioiose, della loro corsa sulla sofficie sabbia bianca, ma non riusciva mai a mettere a fuoco il volto del fratello. Era come se si trattasse di un ricordo proveniente da un’altra vita. Con un gesto frustrato, si portò la mano al viso, a scostare una ribelle ciocca dorata. Sarebbe mai riuscita a trovare un po’ di pace?

 

“Mamma, che ne dici di quel vestito? Pensi che mi starebbe bene?” chiese Marron, osservando uno splendido vestito azzurro, esposto nella vetrina del Centro Commerciale.

C-18 si volse verso la figlia. Marron era tutta la sua vita, insieme a Crili. Era l’unica ragione per la quale riusciva a tollerare la sua condizione di cyborg. Loro non le avevano mai fatto pesare questa sua “diversità”. Anzi, Marron ne pareva orgogliosa.

“Si, tesoro. Credo che ti starebbe bene” le rispose con un lieve sorriso. Uno dei rari. Generalmente il suo bellissimo volto rimaneva freddo e impassibile, come se nessuna emozione mai la sfiorasse.

Mentre la figlia provava il vestito, si permise il lusso di ammirarsi nello specchio. Il suo fisico non tradiva minimamente lo scorrere del tempo. A dire il vero, lei e Marron venivano spesso scambiate per sorelle, più che per madre e figlia e i capelli grigi di Crili accentuavano la differenza d’età tra i due. In effetti, dopo quasi vent’anni, solo lui era invecchiato, il suo corpo invece, congelato ai suoi ventitrè anni, dalla mano perversa del Dr. Gero, non era invecchiato di un solo giorno. Quella consapevolezza la feriva, perché sapeva perfettamente che prima o poi, il suo Crili sarebbe morto, era inevitabile per gli esseri umani. Lo sarebbe stato anche per lei se non fosse divenuta un essere cibernetico, solo per metà umano e per l’altra metà indistruttibile e ad autonomia pressochè illimitata. Quanti umani avrebbero pagato oro per possedere il dono dell’immortalità, e lei, invece, avrebbe dato oro per poter invecchiare, ogni giorno, al fianco dell’uomo che amava. Un sorriso ironico si delineò sulle sue labbra. Già. Crili aveva sbagliato a chiedere al Drago Shen Long di privarla della bomba che languiva, sopita, nel suo petto, avrebbe dovuto chiedergli, invece, la “mortalità”. Ma con e i se e i ma, non si risolvevano i problemi. In quel momento Crili aveva creduto di agire per il meglio e lei gliene era infinitamente grata. Lei stessa non avrebbe saputo esprimere un desiderio diverso a Shen Long, all’epoca. Forse perché ancora non aveva scoperto di saper amare.

Quella notte, il solito incubo tornò a tormentarla. Sempre le stesse immagini. Sempre quella dannata spiaggia dalla sabbia bianca. Perché però non riusciva a ricordare altro? Le occorsero un paio di settimane per trovare il coraggio di affrontare di petto la situazione. C’era una sola persona in grado di aiutarla a far luce su quell’oscura “visione onirica”. Di per sé lei non sognava mai, com’era possibile che ora lo facesse in continuazione?

Approfittando dell’assenza di Crili e di Marron, che erano andati con Gohan e Videl a fare una gita sui monti Paos,  si recò alla Città dell’Ovest, alla Capsule Corporation.

 

“C-18. Che splendida sorpresa. Entra prego” l’accolse una Bulma raggiante e sorridente. Bhè, almeno a lei le cose parevano andare a meraviglia.

Bulma, fece accomodare la donna nel soggiorno, mascherando la perplessità per quella visita. Non era affatto frequente che C-18 facesse loro visita e lei sospettava che la cosa avesse a che fare, in parte, con la presenza di Vegeta. Non era mai corso buon sangue tra i due che, nonostante il passare degli anni, non erano mai riusciti ad andare oltre un freddo e civile riserbo. Bhè, del resto la splendida bionda gli aveva, poco simpaticamente, spezzato le braccia in combattimento. Ma Bulma sospettava che la freddezza tra i due fosse legata ad altro, anche se non aveva mai affrontato l’argomento con il marito. Tanto sarebbbe stato fiato sprecato. Se Vegeta decideva di non rispondere, non le sarebbe bastata una vita intera a fargli vuotare il sacco.

“A cosa debbo l’onore di questa visita inaspettata?” esordì sorniona, fissando il volto impassibile della sua ospite.

C-18 apparve, per un istante, in imbarazzo e questo la sorprese.

“Ho la tua parola che questa conversazione resterà confidenziale?” chiese la bionda.

Bulma innarcò un sopracciglio. Allora aveva visto giusto, C-18 non si era scomodata per niente.

“Ma certo” rispose prontamente, cercando di dominare la sua naturale curiosità.

“Da qualche tempo faccio frequenti e ricorrenti sogni” esordì la cyborg, alzandosi in piedi ed avvicinandosi alla porta finestra.

“E cosa c’è di strano?” chiese Bulma perplessa.

“Dato che il mio cervello è un groviglio di cip e circuiti, è pressochè impossibile che io possa “sognare” come fate voi umani” spiegò ironicamente la donna.

“Capisco. E sospetti che quanto accade sia dovuto ad un malfunzionamento dei circuiti? E’ questo che ti preoccupa?” chiese Bulma, diventando improvvisamente fredda e professionale.

A dire il vero, C-18 non aveva neanche pensato a quell’eventualità.

“Ti sarebbe possibile verificarne la corretta funzionalità?” chiese tuttavia.

“Ma certo. Da qualche parte debbo avere salvato i piani di costruzione del Dott. Gero. Se riesco a recuperare i file, verificare il funzionamento dei tuoi circuiti sarà uno scherzo. Debbo però sottoporti ad una serie di test” le spiegò, avviandosi verso il laboratorio, seguita dalla cyborg.

“Non c’è problema. Crili e Marron sono fuori per un paio di giorni”.

“Perfetto. Allora cominciamo subito”.

 

C-18 giaceva supina sul lettino. Quattro elettrodi erano collegati al suo cervello bionico e scaricavano, a velocità impressionante, una marea di dati sul computer. Dati che Bulma stava analizzando con attenzione.

“Non ci posso credere” sbottò dopo circa un’ora di test la nostra amica.

“Che succede?” chiese la cyborg, voltandosi dalla sua parte.

“Debbo fare una serie di test prima di esserne certa, ma credo che un cip che è rimasto inattivo sino ad ora, si sia improvvisamente attivato. Stando a quello che rilevo, sembrerebbe un cip della memoria” spiegò Bulma, continuando a smanettare alla console.

“Un cip della memoria?” chiese dubbiosa C-18.

Bulma girò la sedia, in modo da poter guardare in volto l’amica.

“Sì. A quanto pare il Dott. Gero ha impiantato nei tuoi circuiti neuronici un cip che conserva le memorie della tua vita umana. Era stato programmato per non attivarsi mai, a meno che non subentrassero degli stimoli particolari. Evidentemente gli eventi di questo ultimo periodo, o forse la morte di tuo fratello, hanno attivato il cip e ora tu stai riacquistando la memoria della tua vita umana, prima che Gero ti trasformasse in cyborg”.

“Cosa?”. Sgomento puro negli occhi azzurri di C-18. Non era certa di voler ricordare. Anche se quache volta, in passato, aveva avuto il desiderio di scoprire le sue vere origini, di cui aveva perso ogni ricordo, adesso, la prospettiva di scoprire la sua vera identità la terrorizzava. E se quello che avrebbe scoperto non le fosse piaciuto? E se poi avesse acuito il rimpianto per quello che avrebbe potuto essere e invece non era stato?

“No. Non voglio ricordare. Blocca il cip. Distruggilo” urlò rabbiosa, spinta da un terrore cieco e folle.

Bulma si rece conto che la notizia l’aveva sconvolta.

“Ascolta, non precipitiamo le cose. Adesso la pensi così. E’ naturale, sei scioccata per la scoperta. Ma poi, potresti rimpiangere una scelta affrettata e se distruggo il cip non potremmo più tornare indietro” cercò di farla ragionare.

“Ho impiegato anni ad accettare quello che sono, non voglio ricominciare tutto da capo” obiettò la bionda, balzando giù dal lettino.

“C-18… forse dovresti parlarne prima con Crili” azzardò Bulma.

“NOO!!! Lui non deve saperlo, hai capito?” urlò la cyborg, prendendo Bulma per la collottola e inchiodandola spalle alla parete.

Bulma sapeva che era dotata di una forza straordinaria, seconda solo ai siayan sulla Terra, ma non ne era mai stata l’oggetto e doveva ammettere che non trovava affatto piacevole la sua reazione. Per un attimo pernsò che fosse il caso di chiedere l’aiuto di Vegeta. Certamente lui non si era accorto della presenza di C-18, visto che come le aveva ripetuto più volte, i cyborg non possiedono un’aura.

“Ti prego, calmati” sussurrò spaventata.

Davanti all’espressione impaurita dipinta sul volto della terrestre, C-18 riacquistò il controllo. Con un sospiro mesto la rimise delicatamente a terra.

“Mi spiace” bisbigliò poi contrita.

Bulma si rilassò. Fortunatamente riusciva ancora a ragionare in modo razionale.

“Se proprio insisti, tenterò di disattivare il cip, ma ti prego, prenditi qualche giorno per pensarci. Credo che tu lo debba a te stessa e a Crili, e poi, forse, anche a tuo fratello”.

Forse furono quelle parole a convincerla.

“Va bene. Ma tu non farne parola con anima viva. Intesi?” ribadì prima di andarsene.

“Certo”.

Dopo un minuto, C-18 si allontanava, in volo, dalla Capsule Corporation, ignorando che qualcun altro aveva assistito allo scambio di battute tra lei e la terrestre.

 

Per un paio di giorni, C-18 finse che tutto andasse bene. Ma in realtà, i “sogni” divenivano sempre più ricorrenti. Oramai, i ricordi, l’assalivano anche durante lo stato di veglia. Piccoli frammenti. Frasi, voci, volti a lei ingnoti, anche se il più ricorrente era sempre quello legato alla spiaggia.

Crili si era accorto che qualcosa non andava. Sua moglie era distratta, nervosa, si irritava per un niente. Non era da lei quell’atteggiamento, ma quando aveva provato a parlarle, lei si era chiusa a riccio, escludendolo forzatamente dai suoi pensieri e da qualunque cosa la turbasse.

Alla fine della settimana, C-18 si presentò alla Capsule Corporation. Aveva preso la sua decisione. Non le interessava affatto ricordare. Avrebbe fatto distruggere il cip, non le importava. Con passo deciso, si diresse direttamente al laboratorio ma rimase del tutto spiazzata quando, invece di Bulma, vi trovò Vegeta.

Recuperando all’istante il suo solito sangue freddo la donna si affrettò a chiedere “Tua moglie non c’è?”.

Vegeta, appoggiato indolentemente al tavolo degli attrezzi, braccia conserte, squadrò da capo a piedi la donna, con il suo solito cipiglio fiero e distaccato.

“No. Perché?” chiese in tono calmo. Troppo per non insospettirla.

Fissandolo in volto, guardinga, la donna rispose “Avevamo una questione in sospeso. Tornerò più tardi” prima di voltare le spalle, pronta ad andarsene.

“Siamo codarde, a quanto vedo” fu la sardonica affermazione di Vegeta che la fece voltare di scatto.

“Che intendi dire?”.

“Paura di scoprire cosa il paparino Gero ti ha nascosto?” ritorse, per tutta risposta, il saiyan.

Gli occhi azzurri della donna mandarono un lampo pericoloso.

“Aveva promesso che non ne avrebbe fatto parola con nessuno” sibilò furente.

“Infatti. Peccato che io sia rimasto tutto il tempo dietro la porta, ad osservare come uno stupido ammasso di latta andasse in paranoia per un paio di ricordi” fu la sorprendente replica.

“Va al diavolo”. Repentina, ferina e agile come una gazzella, C-18 si scaglio contro il suo avversario. Quella era un’umiliazione che non poteva accettare. Perché proprio quel dannato saiyan doveva scoprire la sua vulnerabilità? Perché?

Schivando agilmente i suoi sconclusionati attacchi, Vegeta si affrettò ad abbandonare il laboratorio, non voleva rischiare che la furia della bionda demolisse parte della casa. Il loro scontro potevano consumarlo altrove.

“Dove scappi, codardo” urlò C-18 fiondandosi al suo inseguimento, accecata dal suo orgoglio ferito.

Notando che la donna lo stava seguendo, Vegeta fece in modo di condurla in un luogo deserto, lontano dalla città dove immediatamente ripresero lo scontro. Questa volta però i ruoli erano decisamente invertiti. Se molti anni prima, Vegeta era stato in netto svantaggio nei confronti della bionda guerriera, adesso le parti si erano, drasticamente, invertite. Nonostante la sua furia, C-18 non era in grado di competere con il saiyan e questo accrebbe la sua frustrazione.

Fino a quel momento, Vegeta si era limitato a parare i suoi colpi, adesso, con un pugno deciso e violento, la colpì in pieno petto facendola piegare in due per il dolore.

“Bastardo” fu tutto quello che le riuscì di dire, mentre il dolore la invadeva ad ondate.

“Ti sto solo restituendo quello che gentilmente mi hai offerto molti anni fa. Sai com’è. La mia memoria funziona perfettamente” ribattè sardonico Vegeta, colpendola di nuovo e scagliandola contro le rocce.

Tramortita per la violenza dell’impatto, C-18 impiegò qualche istante prima di riuscire a mettere a fuoco le immagini. Con sgomento si accorse di averlo dritto di fronte a lei, gli occhi d’ossidiana gelidi e ironici.

“Che diamine ti è preso, Vegeta?” si intromise improvvisamente una voce ben conosciuta.

Sgomenta, C-18 intravvide la sagoma di Crili atterrare a pochi metri da loro. Vergognosa nel farsi trovare in quelle condizioni, vinta, sconfitta, fece per fuggire, ma Vegeta le sbarrò il passo.

“Ce ne hai messo di tempo, nanerottolo. Stai invecchiando” ribattè poi divertito, rivolto al piccolo guerriero.

Crili fissò interdetto il saiyan. Poi lasciò che il suo sguardo scorresse tra lui e la moglie e improvvisamente comprese. Vegeta aveva voluto attirare la sua attenzione. Sapeva che avvertendo la sua aura incrementare, a pochi chilometri da casa sua, si sarebbe precipitato a vedere cosa stava accadendo.

“Mi vuoi spiegare che cosa sta succedendo?” chiese a quel punto, quanto mai confuso.

Avvertendo le aure di Trunks e Goten in avvicinamento, Vegeta si affrettò ad azzerare la propria. Non dovevano esserci altri invitati a quell’incontro.

“Glielo dici tu, o faccio io?” chiese Vegeta, rivolto a C-18.

“Sta zitto” urlò la donna, atterrita all’idea che Crili potesse scorprire tutto.

“Come vuoi. Crili, devi sapere che tua moglie….”

“Basta!” gli occhi di C-18 mandavano lampi d’odio impotente. “Hai vinto, adesso levati dai piedi saiyan” gridò la donna, rimettendosi in piedi. Con un ghigno soddisfatto, dipinto sul volto, Vegeta si allontanò rapidamente, lasciando finalmente soli i due.

“Che sta succedendo, amore? Cosa voleva dire Vegeta? Perché vi siete battuti?” chiese confuso Crili, avvicinandola e posandole, istintivamente, un fazzoletto sul braccio lievemente ferito.

“Io… Io sto riacquistanto i ricordi del mio passato. Non so come… Ma a quanto pare un cip di memoria, impiantato nel mio cervello, si è improvvisamente attivato ed ora inizio a ricordare chi ero… prima che il Dott. Gero mi trasformasse in quello che vedi” disse tutto d’un fiato la donna.

Crili fissò per un attimo il volto triste della compagna. Lui solo sapeva come in realtà la fiera e fredda C-18 nascondesse un cuore sensibile e generoso. Solo che il suo essere “diversa” l’aveva sempre indotta a nascondere questi sentimenti, perché visti come una debolezza che l’avrebbe resa vulnerabile allo scherno altrui.

Con un gesto gentile le accarezzo il viso, scostando delicatamente una ciocca di capelli.

“E questo ti spaventa?”.

Chiunque altro gli avesse chiesto una cosa simile, l’avrebbe messo al tappeto, ma non il suo Crili. A lui solo mostrava la “vera” C-18 con le sue certezze e le sue… debolezze.

“Non capisci? Tutti i miei ricordi partono dal laboratorio del Dott. Gero. Dallo scontro con voi sulle montagne. Da Cell e finiscono con la morte di mio fratello. Ho paura di scoprire chi ero. Chi era la mia famiglia. Dove vivevo. Cosa facevo. Ho paura di rimpiangere ciò che ho perduto. Se non lo conosco non ho niente da invidiare o rimpiangere, è tutto più facile” spiegò la donna, lasciandosi andare a terra. Gli occhi azzurri innondati di perlacee gemme salate. Già in passato, aveva dimostrato che anche un cyborg può piangere…

“Amore. Non sei felice con me e Marron?” le chiese gentilmente Crili.

C-18 alzò repentinamente la testa, o kami. Certo che era felice con loro. Erano la sua vita.

“Si, Crili. Siete tutto per me” disse convinta.

“Allora non c’è niente nel passato che tu possa rimpiangere, solo qualcosa da rivivere. Insieme a me e a Marron” disse risoluto il nostro amico, posando sulle morbide labbra della moglie un tenero bacio.

Rassicurata dalla sua presenza, dalla sua incrollabile fiducia in lei e dal suo amore, C-18 ritrovò fiducia in se stessa e in quello che stava vivendo.

“D’accordo. Dirò a Bulma che non voglio più che distrugga il cip, ma promettimi che mi starai accanto, qualunque cosa dovessi ricordare”.

“Certo amore” fu la pronta risposta di Crili.

 

La memoria tornò lentamente, a sprazzi. Dapprima come piccoli flash, poi con maggior chiarezza e nitidezza, prendendo forma nella sua mente. Preoccupato che l’attivazione del cip avesse potuto generare scompensi nell’equilibrio dei circuiti di sua moglie, Crili aveva insistito perché si sottoponesse ad un checkup completo, alla Capsule Corporation. Fu durante una di queste sedute che C-18 riacquistò il ricordo che più le premeva.

“La spiaggia” sussurrò colpita, mentre le immagini di quel giorno scorrevano, ora nitide, davanti ai suoi occhi.

“Quale spiaggia, amore?” chiese Crili, lasciando il suo posto vicino alla finestra, mentre Bulma si allontanava discretamente dala stanza.

 

Un oceano color del cobalto, calda e finissima sabbia bianca sotto i suoi piedi. Il vento gentile a scompigliarle i corti capelli biondi. Una sensazione di spensieratezza e libertà. L’innocenza infantile negli occhi d’acqua marina. Gioiosa e cristallina la risata mentre correva felice lungo la spiaggia, rincorrendo un meraviglioso aquilone dai colori sgargianti e luminescenti dell’iride.

“Aspettami… fratello non correre… aspettami”…

Chiome corvine al vento, splendenti occhi azzurri in un viso che era il riflesso del suo.

“Sei lenta sorellina. Non riuscirai mai a raggiugermi”. La sua risata divertita.

“Sei cattivo. Voglio guidare io l’acquilone, Daniel, ti prego”per poi incespicare e cadere rovinosamente a terra. Il ginocchio sbucciato a bruciare come il fuoco. Calde lacrime salate a rigarle le guance arrossate, mentre la vista si offuscava.

“Non piangere, Angie. Tieni, prendi l’acquilone. Ti insegno io a guidarlo”.

Gentili e amorevoli gli occhi azzurri del ragazzino. Delicate le sue braccia mentre, con dolcezza, la rimettevano in piedi. Amorevoli le sue dita mentre le medicava il piccolo graffio, affinchè le lacrime non sgorgassero più dai suoi occhi.

“Ti voglio bene, Daniel”.

“Anch’io, sorellina. Te ne vorrò sempre”.

 

Calde lacrime a sgorgare dai suoi occhi azzurri.

“Avevi ragione, Crili. Non c’è niente nel passato che io possa rimpiangere, solo qualcosa da rivivere. C-17 mi voleva bene. Eravamo come due parti di una sola anima. Ora lo so. Quel giorno, durante la battaglia. Quello di lui che era rimasto in quel cyborg maledetto, ha voluto proteggermi, come sempre ha fatto durante tutta la nostra vita. Lui mi amava. Ora lo so”.

Quel ricordo lontano, quei nomi sepolti nelle nebbie del passato, che ben poco ancora significavano per lei, avevano però ridato la speranza al suo cuore. C-17 non era mai stato un suo nemico. Era sempre e solo stato, l’altra metà di lei. E senza l’amore dell’uomo che le stava ora al fianco, e al suo incoraggiamento, non lo avrebbe mai saputo con certezza e il dubbio l’avrebbe sempre tormentata.

“Grazie” gli sussurrò commossa.

“E di cosa?” chiese Crili un po’ perplesso.

“Di amarmi”.

 

C-18 superò così il trauma per la scomparsa del gemello e Crili si domandò per lungo tempo se, quel giorno nel deserto, Vegeta avesse cercato semplicemente di rifarsi sull’antica avversaria, approfittando di un suo momento di debolezza, o se invece non fosse stato il suo modo per spingerla a confidarsi con lui. In cuor suo, il nostro piccolo amico, volle credere alla seconda possibilità, e voi???

 

- FINE -

 

 

 

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