Il grande sogno di Maya (Garasu no kamen), Maya, Masumi e tutti gli altri personaggi sono proprietà di Suzue Miuchi, Hakusensha Inc. Tokyo, Tohan Corporation, Orion e quanti aventi diritto alla divulgazione e pubblicazione del Manga medesimo. Questa fanfiction è stata creata senza fini di lucro, per il puro piacere di farlo e per quanti vorranno leggerla.
Nessuna violazione del copyright si ritiene, pertanto, intesa….

Blue

By Claudia

– Signorina Kitajima.
Maya si voltò.
– Buongiorno signor Hijiri.
– Oggi è il gran giorno e il suo ammiratore non poteva certo farle mancare il suo appoggio.
Maya prese il mazzo di rose che l’uomo le porgeva.
– Lo ringrazi da parte mia signor Hijiri – disse seria. Poi tornò a voltargli le spalle e riprese a salire la scalinata che portava all’entrata dello Shuttle X. Spinse la pesante porta a vetri e si avviò verso il corridoio che portava ai camerini.

– Buongiorno ragazzina. Allora come si sente? Sono riuscite le radici del susino a trasformarsi in un meraviglioso albero?
Maya si immobilizzò, senza però girarsi nella direzione da cui proveniva la voce e da cui sentiva dei passi avvicinarsi.
– Basta signor Hayami.
Masumi aggrottò le sopracciglia. Cosa stava succedendo? Maya non gli aveva mai parlato in quel modo. Avrebbe voluto farla arrabbiare e in quel modo farle dimenticare un po’ la paura che certamente stava provando in quel momento, e stimolarla a dare il meglio di sé. Se non altro per farmi dispetto, pensò con un sospiro trattenuto.
– Che vuoi dire? – le chiese cercando di mantenere un tono canzonatorio, ma riuscendo solo ad indurire la sua voce. – E per favore guardami mentre ti parlo.
Voleva a tutti i costi vederla in viso. Vedere il suo sguardo. Provare a capire perché fosse così seria. Le appoggiò una mano sulla spalla nel tentativo di farla girare, ma lei si allontanò dalla sua presa.
– Vuol dire che non è più necessario che finga di essere sprezzante nei miei riguardi.
Masumi fu come folgorato da quelle parole. Cosa stava dicendo? Possibile che lei sapesse? Cercò accanto a sé lo sguardo di Mizuki ma lei scosse leggermente la testa a significare che non ne sapeva niente.
Finalmente Maya si girò e lo guardò negli occhi.
– Ecco queste me le dia dopo la rappresentazione – gli disse porgendogli il mazzo di rose scarlatte. – Qualunque sia il risultato. È solo grazie a lei e al sostegno che mi ha dato in tutti questi anni se oggi posso essere qui.
– Maya…
– Sì, signor Hayami, Maya. E anche Akoya. Maya che, ancora grazie a lei, ha potuto finalmente capire il dolore causato da un amore impossibile e diventare Akoya.
Chiuse un attimo gli occhi per evitare che una lacrima traditrice rivelasse quanto fosse difficile per lei quel momento, poi tornò a dargli le spalle e si diresse a passo veloce verso la parte del teatro riservata agli attori.
Masumi non riusciva a muoversi.
Maya sapeva che era lui l’ammiratore delle rose scarlatte.
Come era possibile? E da quanto lo sapeva? E cosa significava che grazie a lui aveva potuto capire il dolore di un amore impossibile? Si era forse resa conto di quanto l’amasse e di quanto soffrisse a non poterla avere? Di come ogni giorno che passava la sua vita si avvicinasse sempre di più ad un inferno?
Sentì il tocco di una mano sul suo braccio. Abbassò lo sguardo e si rese conto che stringeva ancora il mazzo di rose che Maya gli aveva restituito? Maya…
– Vada da lei signor Hayami.
– Come? – Rivolse a Mizuki un’occhiata implorante. La fidata segretaria scosse la testa incredula.
– Quando si renderà conto che le cose possono cambiare? Che i sentimenti possono cambiare? Maya le ha appena detto di amarla. Cosa aspetta a dirle che per lei è lo stesso?
– Maya… mi ama?
– Vada signor Hayami, prima che cominci lo spettacolo – disse di nuovo Mizuki, spingendolo leggermente nella direzione presa da Maya.
Ancora intontito e insicuro di quello che stava succedendo, con i pensieri incoerenti e in subbuglio, Masumi si avviò verso il camerino di Maya.

Lei seduta immobile, al buio, davanti allo specchio, cercava ancora di trattenere le lacrime. Aspetta Maya. Lascia tutto questo dolore per dopo. Fai in modo che tutto ciò che provi diventi la voce di Akoya. Sentì un tocco leggero alla porta.
– Maya sono io. Posso entrare?
In un attimo fu presa dal panico. No! Se lo avesse lasciato entrare, se avesse di nuovo sentito la sua voce, non sarebbe più stata in grado di trattenersi. Senza fare rumore si alzò e andò verso la porta. Appoggiò una mano alla maniglia e l’altra sul legno, all’altezza del suo stesso viso. All’altezza del cuore del signor Hayami.
– Maya sto per entrare.
La ragazza si appiattì contro la parete, dietro la porta che lentamente si apriva. Stava tremando.
– Maya?

Masumi entrò e vide che la stanza era immersa nell’oscurità. Maya non era lì. Fece per andarsene ma ci ripensò. Cercò nella tasca interna della giacca la penna e prese un fazzolettino da quelli appoggiati sul tavolino da trucco. Alla luce fioca proveniente dal corridoio scrisse alcune parole, poi prese una rosa dal mazzo che aveva appoggiato per scrivere e la posò sull’improvvisato messaggio. Riprese le rose e andò verso la porta. Proprio mentre stava uscendo si fermò un attimo pensieroso. Tornò indietro e scrisse ancora qualcosa. Quindi uscì e si richiuse la porta alle spalle.

Maya si accasciò a terra ancora scossa dal tremito e una lacrima trovò il modo di scivolare lungo la sua guancia e cadere a terra. Guardò la chiazza scura che si era formata sulla moquette e strinse i denti. Non ora, Maya. Non adesso. Si alzò e accese la luce. Tornando verso lo specchio per iniziare a prepararsi vide subito la rosa e sotto di essa il foglio scritto.

Ti amo anch’io. Da sempre.

E più sotto, in una grafia incerta
Mi dispiace.

Non riuscì più a trattenersi. Un gemito le uscì dalle labbra e finalmente si abbandonò ad un pianto dirotto. Sentì un paio di braccia stringerla da dietro in un abbraccio caldissimo e un bacio delicato sfiorarle la nuca.
– Ragazzina…

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