Il grande sogno
di Maya (Garasu no kamen), Maya, Masumi e tutti gli altri personaggi
sono proprietà di Suzue Miuchi, Hakusensha Inc. Tokyo, Tohan
Corporation, Orion e quanti aventi diritto alla divulgazione e
pubblicazione del Manga medesimo. Questa fanfiction è stata
creata senza fini di lucro, per il puro piacere di farlo e per quanti
vorranno leggerla.
Nessuna violazione del copyright si ritiene,
pertanto, intesa….
– Signorina Kitajima.
Maya si voltò.
– Buongiorno signor Hijiri.
– Oggi è il gran giorno e il suo ammiratore non
poteva certo farle mancare il suo appoggio.
Maya prese il mazzo di rose che l’uomo le porgeva.
– Lo ringrazi da parte mia signor Hijiri – disse
seria. Poi tornò a voltargli le spalle e riprese a salire la
scalinata che portava all’entrata dello Shuttle X. Spinse la
pesante porta a vetri e si avviò verso il corridoio che
portava ai camerini.
– Buongiorno ragazzina. Allora come si sente? Sono riuscite
le radici del susino a trasformarsi in un meraviglioso albero?
Maya si immobilizzò, senza però girarsi nella
direzione da cui proveniva la voce e da cui sentiva dei passi
avvicinarsi.
– Basta signor Hayami.
Masumi aggrottò le sopracciglia. Cosa stava succedendo? Maya
non gli aveva mai parlato in quel modo. Avrebbe voluto farla arrabbiare
e in quel modo farle dimenticare un po’ la paura che
certamente stava provando in quel momento, e stimolarla a dare il
meglio di sé. Se non altro per farmi dispetto,
pensò con un sospiro trattenuto.
– Che vuoi dire? – le chiese cercando di mantenere
un tono canzonatorio, ma riuscendo solo ad indurire la sua voce.
– E per favore guardami mentre ti parlo.
Voleva a tutti i costi vederla in viso. Vedere il suo sguardo. Provare
a capire perché fosse così seria. Le
appoggiò una mano sulla spalla nel tentativo di farla
girare, ma lei si allontanò dalla sua presa.
– Vuol dire che non è più necessario
che finga di essere sprezzante nei miei riguardi.
Masumi fu come folgorato da quelle parole. Cosa stava dicendo?
Possibile che lei sapesse? Cercò accanto a sé lo
sguardo di Mizuki ma lei scosse leggermente la testa a significare che
non ne sapeva niente.
Finalmente Maya si girò e lo guardò negli occhi.
– Ecco queste me le dia dopo la rappresentazione –
gli disse porgendogli il mazzo di rose scarlatte. – Qualunque
sia il risultato. È solo grazie a lei e al sostegno che mi
ha dato in tutti questi anni se oggi posso essere qui.
– Maya…
– Sì, signor Hayami, Maya. E anche Akoya. Maya
che, ancora grazie a lei, ha potuto finalmente capire il dolore causato
da un amore impossibile e diventare Akoya.
Chiuse un attimo gli occhi per evitare che una lacrima traditrice
rivelasse quanto fosse difficile per lei quel momento, poi
tornò a dargli le spalle e si diresse a passo veloce verso
la parte del teatro riservata agli attori.
Masumi non riusciva a muoversi.
Maya sapeva che era lui l’ammiratore delle rose scarlatte.
Come era possibile? E da quanto lo sapeva? E cosa significava che
grazie a lui aveva potuto capire il dolore di un amore impossibile? Si
era forse resa conto di quanto l’amasse e di quanto soffrisse
a non poterla avere? Di come ogni giorno che passava la sua vita si
avvicinasse sempre di più ad un inferno?
Sentì il tocco di una mano sul suo braccio.
Abbassò lo sguardo e si rese conto che stringeva ancora il
mazzo di rose che Maya gli aveva restituito? Maya…
– Vada da lei signor Hayami.
– Come? – Rivolse a Mizuki un’occhiata
implorante. La fidata segretaria scosse la testa incredula.
– Quando si renderà conto che le cose possono
cambiare? Che i sentimenti possono cambiare? Maya le ha appena detto di
amarla. Cosa aspetta a dirle che per lei è lo stesso?
– Maya… mi ama?
– Vada signor Hayami, prima che cominci lo spettacolo
– disse di nuovo Mizuki, spingendolo leggermente nella
direzione presa da Maya.
Ancora intontito e insicuro di quello che stava succedendo, con i
pensieri incoerenti e in subbuglio, Masumi si avviò verso il
camerino di Maya.
Lei seduta immobile, al buio, davanti allo specchio, cercava ancora di
trattenere le lacrime. Aspetta Maya. Lascia tutto questo dolore per
dopo. Fai in modo che tutto ciò che provi diventi la voce di
Akoya. Sentì un tocco leggero alla porta.
– Maya sono io. Posso entrare?
In un attimo fu presa dal panico. No! Se lo avesse lasciato entrare, se
avesse di nuovo sentito la sua voce, non sarebbe più stata
in grado di trattenersi. Senza fare rumore si alzò e
andò verso la porta. Appoggiò una mano alla
maniglia e l’altra sul legno, all’altezza del suo
stesso viso. All’altezza del cuore del signor Hayami.
– Maya sto per entrare.
La ragazza si appiattì contro la parete, dietro la porta che
lentamente si apriva. Stava tremando.
– Maya?
Masumi entrò e vide che la stanza era immersa
nell’oscurità. Maya non era lì. Fece
per andarsene ma ci ripensò. Cercò nella tasca
interna della giacca la penna e prese un fazzolettino da quelli
appoggiati sul tavolino da trucco. Alla luce fioca proveniente dal
corridoio scrisse alcune parole, poi prese una rosa dal mazzo che aveva
appoggiato per scrivere e la posò
sull’improvvisato messaggio. Riprese le rose e
andò verso la porta. Proprio mentre stava uscendo si
fermò un attimo pensieroso. Tornò indietro e
scrisse ancora qualcosa. Quindi uscì e si richiuse la porta
alle spalle.
Maya si accasciò a terra ancora scossa dal tremito e una
lacrima trovò il modo di scivolare lungo la sua guancia e
cadere a terra. Guardò la chiazza scura che si era formata
sulla moquette e strinse i denti. Non ora, Maya. Non adesso. Si
alzò e accese la luce. Tornando verso lo specchio per
iniziare a prepararsi vide subito la rosa e sotto di essa il foglio
scritto.
Ti amo
anch’io. Da sempre.
E più sotto, in una grafia incerta
Mi dispiace.
Non riuscì più a trattenersi. Un gemito le
uscì dalle labbra e finalmente si abbandonò ad un
pianto dirotto. Sentì un paio di braccia stringerla da
dietro in un abbraccio caldissimo e un bacio delicato sfiorarle la nuca.
– Ragazzina…